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Ma certo che esiste il malessere economico

(Ti-Press)

L’Ufficio di statistica cantonale ha pubblicato recentemente i dati inerenti alle Prestazioni complementari Avs e Ai, il dispositivo sociale che permette alle persone beneficiarie di rendita che non hanno mezzi sufficienti di raggiungere il fabbisogno minimo vitale.

Due, sono gli elementi più eclatanti. In Ticino, come sempre, siamo più poveri: il 22,2% dei beneficiari di rendita Avs/Ai ticinesi devono richiedere le Pc contro il 16,7% svizzero. E ancora peggio se la passano i ticinesi con una rendita d’invalidità: se nel 2001 "solo" il 25,8% di loro vivevano grazie alle Pc, nel 2021 sono il 52,1% (!).

Una persona con disabilità su due quindi vive oggi solo con il Minimo vitale.

Le limitate disponibilità finanziarie condizionano la vita e soprattutto le possibilità di partecipazione sociale. Andare allo stadio è una spesa importante, come andare al cinema o fare una gita in famiglia. Tutto costa: i corsi di nuoto per i figli, il doposcuola, le colonie, il materiale di hockey, le ripetizioni scolastiche. I principi d’inclusione, di autodeterminazione e di garanzia della partecipazione sociale implicano il presupposto di beneficiare delle risorse necessarie per poter vivere come e assieme agli altri.

Vi è mai capitato di dover rinunciare a una cena con gli amici perché questo mese il ristorante proprio non rientra nel budget?

C’è chi vive fuori dalla realtà e forse (fortuna loro) nemmeno immagina nel concreto una situazione del genere. Essi si devono quindi aggrappare ad astrusi index casalinghi: un pot-pourri di presunti indicatori teorici (alcuni veramente discutibili) che servono solo a confondere le idee.

In una recente intervista su laRegione, il collega in Gran Consiglio Paolo Pamini afferma che "non vediamo nessun peggioramento sul fronte prettamente economico, non ci sono persone che finiscono sotto i ponti e non c’è necessità di aumentare gli aiuti finanziari".

Anche solo immaginare di attendere che delle persone debbano vivere sotto i ponti prima di adeguare le risorse delle prestazioni sociali è sintomatico di una visione cinica della società. Dietro le statistiche, ci sono storie di uomini e donne che lottano giornalmente per mantenere la loro dignità e quella dei propri figli. Si sprecano gli studi sociologici che dimostrano la correlazione (statistica e non assoluta) tra un malessere di tipo economico con un malessere di tipo psico-sociale. Se davvero il "crescente disagio giovanile" è una realtà su cui agire come ammesso dall’intervistato, garantire dei redditi dignitosi alle famiglie dovrebbe essere il primo passo indispensabile. Servono a poco bravi assistenti sociali e psicologi se poi alla sera, in casa, le tensioni esplodono fomentate dalla preoccupazione costante di non arrivare alla fine del mese, dai debiti che pesano, dai premi di cassa malati non pagati.

E il futuro prossimo è davvero preoccupante con un’inflazione che colpisce soprattutto i beni di prima necessità: energia e trasporti, alimentari, salute. Se a giugno l’inflazione su base annua è stata calcolata al 3,4%, in realtà l’aumento dei prezzi va a toccare maggiormente i redditi medi e le fasce più deboli, con un impatto reale percentualmente ben maggiore.

Senza un adeguamento dei contributi delle Prestazioni complementari e di tutte le prestazioni sociali, di fatto, il Minimo vitale calcolato dallo Stato stesso non sarà garantito. Con tutte le conseguenze del caso sulla vita delle persone coinvolte.