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Nicola Pini folgorato sulla via di Glarona

(Ti-Press)

Intervenendo alla Rsi sulla partecipazione dell’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio ticinese alla Landsgemeinde di Glarona, il presidente uscente del legislativo cantonale, Nicola Pini, ha espresso grande apprezzamento per questa forma di democrazia diretta. In particolare ha voluto segnalare l’attiva, massiccia e qualificata presenza dei giovani a questa assemblea legislativa, sottolineando come da loro siano venute alcune proposte significative, in particolare in ambito ambientale e come alcune di queste abbiano fatto breccia raccogliendo una maggioranza.

Secondo Pini a favorire questo importante ruolo dei giovani è sicuramente il fatto che il limite per il diritto alla partecipazione elettorale (a livello cantonale) sia fissato a 16 anni.

Non possiamo che condividere queste considerazioni dell’ex presidente del Gran Consiglio. E non possiamo che rammaricarci del fatto che una nostra iniziativa costituzionale tesa a concedere il diritto di voto a partire da 16 anni – del 24 giugno 2020 – giaccia ormai da due anni nei cassetti del Gran Consiglio senza essere nemmeno arrivata a livello di una prima discussione commissionale.

Nemmeno la presidenza di Pini, colpito favorevolmente dalla partecipazione dei giovani glaronesi, ha permesso di evitare che gli atti parlamentari con le proposte dell’Mps (nemmeno quelli apparentemente in sintonia anche con chi dirige i lavori parlamentari) siano oggetto di un sistematico lavoro di emarginazione e oblio.

Per carità, non siamo ingenui e comprendiamo che il Parlamento e i suoi organismi – emanazione dei partiti maggiori – dimostrino poca sensibilità per le proposte che vengono dal nostro movimento. Comprendiamo meno che lo stesso trattamento venga riservato anche a iniziative popolari che, sebbene proposte dall’Mps, hanno goduto del sostegno di migliaia di cittadini e cittadine che le hanno appoggiate. E che meriterebbero sicuramente maggiore considerazione e rispetto dei loro diritti.

La cosa diventa ancora più grave quando in discussione vi sono questioni di grande attualità e di grande importanza economica e sociale.

Pensiamo, ad esempio, alla nostra iniziativa popolare "Rispetto per i diritti di chi lavora! Combattiamo il dumping salariale e sociale!" che chiede, tra le altre cose, di intensificare in modo radicale i controlli delle condizioni di lavoro e del mercato del lavoro: un tema sul quale non passa praticamente settimana senza avvenimenti che ne sottolineino la drammatica necessità. Basti pensare, citiamo a caso, ai controlli avviati dall’ispettorato del lavoro presso l’impresa Riri di Mendrisio o a quelli di cui è oggetto il settore della consegna di pasti (la vicenda Divoora).

L’iniziativa è stata consegnata nel gennaio del 2020. Il Parlamento ne ha decretato la ricevibilità nel settembre 2021; da allora sono passati più di 6 mesi e il Parlamento non ha ancora discusso un progetto di testo conforme all’iniziativa a partire dal quale poi si dovrà andare in votazione popolare. Una votazione popolare sulla quale la Legge sull’esercizio dei diritti politici (Ledp) è abbastanza precisa. Infatti al suo articolo 106 cpv. 5 prevede che "In ogni caso, il Gran Consiglio dovrà elaborare un progetto nel senso della domanda di iniziativa, dichiarare di accogliere o di respingere la domanda o di opporvi un suo controprogetto entro diciotto mesi dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale del risultato della domanda di iniziativa" (sottolineatura nostra). L’iniziativa è stata pubblicata sul Fu il 31 gennaio 2020: avremmo dovuto votare entro fine giugno 2021. E non ci si venga a dire che vi è stata la pandemia: altre iniziative (meno pesanti dal punto di vista costituzionale poiché frutto di semplici atti parlamentari hanno addirittura avuto diritto a procedure urgenti: pensiamo al decreto Morisoli – trasformato in iniziativa in quattro e quattr’otto – sul quale si voterà tra pochi giorni).

Ci dispiace quindi constatare come in un anno di presidenza del Gran Consiglio, che pur ha diretto con competenza, Nicola Pini, tanto sensibile alle istituzioni glaronesi e ai loro aspetti partecipativi, non sia riuscito a dare un contributo significativo a fare in modo che si potesse discutere la proposta (vecchia di due anni) di concedere il diritto di voto ai sedicenni anche nel nostro Cantone; e che non sia intervenuto con la dovuta e necessaria forza affinché i diritti popolari e i loro tempi venissero rispettati anche in Ticino. E non solo a Glarona!