Perché il Governo e il Parlamento sono entrati in materia di un aumento della sovvenzione alla stampa? Il motivo è duplice: si è riscontrata una difficoltà e, contemporaneamente, si è convinti del fatto che l’informazione di qualità sia un elemento chiave della democrazia.
Approfondiamo il primo elemento: c’è una difficoltà della carta stampata? Certamente sì, come testimonia la chiusura di numerose testate a livello nazionale. In Ticino stiamo assistendo a questo fenomeno e abbiamo perso alcune voci importanti negli ultimi anni, non dimentichiamocelo. Conservo l’ultimo numero del Giornale del Popolo nel mio ufficio. È un problema irrilevante? No, perché le giornaliste e i giornalisti portano contenuto, diffondono informazioni, analisi, giudizi che, aggiunte all’esperienza personale di ciascuno, aiutano a formarsi delle opinioni su quel che accade. Quindi vari giornali liberi e non legati a poteri economici forti sono importanti per la democrazia. Non è un fatto irrilevante, perché la chiusura dei giornali ha importanti risvolti a livello occupazionale ed economico. Infatti i giornali, oltre a essere scritti, vengono impaginati graficamente e stampati; tante persone dunque, tutte con competenze di alto livello.
Perché i giornali sono in difficoltà: è in calo il numero di lettori? Non c’è più interesse per questo tipo di strumento? Se fosse così, probabilmente non varrebbe la pena sostenerli. In realtà ciò che incide è il calo drastico delle entrate pubblicitarie, che negli ultimi dieci anni si sono ridotte di due terzi, e l’aumento dei costi. Proprio in questo anno in cui si discute di aumento delle sovvenzioni, i giornali spediti in abbonamento hanno affrontato un importante aumento dei costi postali e un forte aumento dei costi della materia prima, in particolare la carta. Il costo della carta, secondo gli esperti, non tornerà più ai livelli precedenti alla recente crisi degli approvvigionamenti.
Non si tratta poi di una proposta retrograda o poco lungimirante, perché accanto a questi aiuti sono previsti finanziamenti di sostegno ai progetti di transizione al digitale, oltre che alle testate che questa transizione l’hanno già imboccata.
Decidere di respingere questa proposta in attesa di allestirne una diversa, che verosimilmente arriverebbe fra alcuni anni, significherebbe, probabilmente, condannare a morte quelle testate che non riusciranno a fronteggiare questo importante aumento dei costi oltre alla costante diminuzione delle entrate.
Ciò che accade quindi è che, senza un ulteriore aiuto, le piccole testate hanno di fronte due possibili destini: la chiusura, con una perdita di valore per la comunità, o l’adesione a un grande gruppo editoriale che, magari, guadagna grazie al fatto che oltre ai giornali si occupa anche di altro. Il favore ai grandi editori, che con la nuova legge riceverebbero importi ridotti rispetto ai piccoli, glielo facciamo decidendo di non sostenere le realtà regionali con la conseguenza di alimentare colossi sempre più imponenti e ingestibili. Fino a quando ci troveremo ad affrontare un’altra volta il dilemma del “too big to fail”.
A voi dunque giudicare se le sovvenzioni alla stampa siano “sovvenzioni a pioggia” o se invece, questo importo contenuto valga la pena di essere speso.