“Chi paga i suonatori, sceglie la musica. La nostra libertà d’opinione non può essere venduta!”. È questo uno dei ritornelli preferiti del comitato che ha lanciato con successo il referendum sul pacchetto media che prevede un aumento del finanziamento pubblico dei media privati dagli attuali 136 milioni di franchi a un massimo di 287 milioni di franchi all’anno, di cui 150 milioni di franchi assicurati dalle finanze federali e 137 milioni di franchi assicurati dai proventi del canone radiotelevisivo. Il primo finanziamento è limitato a sette anni, mentre il secondo finanziamento è illimitato.
Su questo importante tema il popolo svizzero è chiamato a esprimersi il 13 febbraio. L’esito della votazione è molto incerto. Il dibattito assume forti tratti ideologici con il rischio di perdere di vista la posta in gioco: la varietà e la qualità del panorama mediatico. Già oggi i media privati ricevono un sostegno pubblico finanziato dal canone radiotelevisivo e dalle finanze federali. 81 milioni di franchi sono prelevati dal canone radiotelevisivo per finanziare le radio e televisioni locali, 50 milioni di franchi permettono di ridurre i costi della distribuzione di giornali in abbonamento e della stampa associativa e 5 milioni di franchi sono destinati a tutti i media. Il nuovo pacchetto media prevede un aumento di 28 milioni di franchi a favore di radio e televisioni locali, un aumento di 30 milioni di franchi per la distribuzione dei giornali in abbonamento e della stampa associativa, un aumento di 23 milioni di franchi per le misure a favore di tutti i media, un contributo di 40 milioni di franchi per la distribuzione mattutina di giornali in abbonamento e 30 milioni di franchi per i media online.
Il mondo dei media è cambiato in modo radicale negli ultimi anni. Negli anni d’oro della stampa scritta il canton Ticino poteva contare su ben sette giornali: il Dovere; l’Eco di Locarno; il Giornale del Popolo; il Corriere del Ticino; Popolo e Libertà; Libera Stampa; Gazzetta Ticinese. Sono scomparsi i giornali di partito trasformati in settimanali o mensili. Sono apparsi i giornali gratuiti. La trasformazione digitale ha permesso la creazione di nuovi portali online, ma ha creato una voragine sul fronte delle entrate pubblicitarie. Ci sono state fusioni e acquisizioni con forti riduzioni di posti di lavoro. I tre grandi gruppi Tamedia, Ringier e CH-Media raggiungono in Svizzera una quota di mercato dell’80 per cento. In Ticino la SSR-SRG, il gruppo Corriere del Ticino, Tamedia raggiungono l’84 per cento del potere sull’opinione pubblica secondo i dati pubblicati dal monitoraggio dei media svizzeri.
Chi sceglie la musica delle redazioni? Non è lo Stato a scegliere la musica da suonare, ma sono le redazioni a scegliere gli spartiti in base alle esigenze del pubblico e alla linea editoriale. Ma non mancano le reciproche influenze e le forti pressioni: le pressioni del pubblico, le pressioni del mercato, le pressioni della politica alla ricerca di attenzione e visibilità e le pressioni dell’editore che deve far quadrare i conti. L’editore privato deve render conto ai suoi investitori e ai suoi donatori. Il servizio pubblico deve soddisfare il mandato costituzionale che mette l’accento su istruzione e sviluppo culturale, libera formazione delle opinioni e intrattenimento. Il finanziamento pubblico permette di rafforzare il sostegno ai media, in particolare le radio, le televisioni e la stampa locale, i media online, la formazione dei giornalisti e le agenzie di stampa. I grandi gruppi editoriali potranno beneficiare di un aumento del sostegno indiretto alla stampa, ma in futuro la maggior parte di questi aiuti continuerà ad affluire alle piccole e medie case editrici. È una soluzione di compromesso che contribuisce a mantenere viva un’offerta mediatica diversificata in un paese plurilingue e federalista.