Un sistema mediatico sano, capace di distinguere il vero dal falso o i fatti dalle opinioni, è l’ossigeno del confronto democratico. A maggior ragione in democrazia diretta, dove i cittadini sono chiamati periodicamente in prima persona a esprimersi su proposte costituzionali o legislative dovendosi necessariamente basare sulle informazioni offerte da giornali, radio, TV, portali.
È soprattutto per questa ragione di manifesto interesse pubblico che l’aiuto pubblico ai media svizzeri, così come vogliono le modifiche legislative e il nuovo testo sui progetti editoriali online su cui andremo presto a votare, rappresenta oggi più di ieri una necessità alla quale il popolo svizzero non può più permettersi di rinunciare.
Il sostegno finanziario federale, così come approvato dalle Camere, è particolarmente importante, anche perché sancisce un principio non secondario: il ruolo dell’informazione locale. Le sovvenzioni in questione saranno infatti concesse unicamente agli editori e ai media che si rivolgono soprattutto a un pubblico svizzero e che trattano argomenti d’interesse pubblico estesi ai principali ambiti, ovvero la politica, l’economia, la cultura. Una sottolineatura precisa e preziosa quest’ultima, tesa alla valorizzazione del territorio e alla sua conoscenza in un’epoca d’informazione globale e immediata, dove gli interessi regionali spesso rischiano di venir oscurati da eventi effimeri ma di notevole impatto mediatico. La democrazia partecipativa ha bisogno di conoscenza il più possibile approfondita, di tempo e di prossimità. E sostenere l’informazione locale va proprio in questa direzione.
Il sostegno finanziario pubblico permette anche di compensare parzialmente la riduzione ormai cronica delle entrate pubblicitarie dei media. In Svizzera, come in tutto il mondo occidentale, queste risorse, che hanno sempre avuto un ruolo determinante nel contribuire a rafforzare le loro finanze, da ormai un decennio si sono sempre più trasferite su altri vettori, in particolare sui social network, capaci di personalizzare il messaggio e di anticipare tendenze e mode. Le nuove tecnologie hanno parecchio affinato la capacità di persuasione e individuazione del consumatore, così da offrire al cliente un piano ad hoc, particolarmente dedicato; non si “pesca” più con la rete, ma con la mosca. Ma se i principali social network si stanno mangiando, anche da noi, la fetta principale della pubblicità destinata ai media risulta allora inevitabile constatare che la sopravvivenza di quest’ultimi è messa in pericolo e con essa anche la pluralità di voci professionali che una democrazia sana ha tutto l’interesse a non veder sparire. Non far nulla significa correre il rischio di vedere gran parte della comunicazione trasferita a un monopolio privato globale con sede all’estero e talmente forte da contrastare ogni legislazione nazionale. Cosa che del resto capita in parte già oggi.
Sostenere i media svizzeri significa anche permetter la pluralità delle voci tramite professionisti formati, adeguatamente retribuiti e capaci di separare i fatti dai commenti, dalle idee. L’imparzialità dell’informazione ha fatto un lungo percorso, non sempre lineare, e da sempre c’è chi cerca di modificare la realtà oggettiva mediante un’interpretazione “colorata” dalle proprie visioni. La pandemia che ci sta affliggendo ci sta insegnando a questo proposito molte cose. Sostenere chi lavora ogni giorno tendendo all’oggettività, nel rispetto delle regole deontologiche e del confronto democratico, significa rafforzare la nostra democrazia in un tempo decisamente incerto, confuso e percorso da grandi trasformazioni.