Nella notte di carnevale fra l’1 e il 2 febbraio 2008, Damiano Tamagni è stato percosso selvaggiamente da tre giovani d’origine croata e abbandonato, privo di sensi, su Via Borghese a Locarno. Morì dopo pochi minuti per un’emorragia interna provocata dai calci subiti sulla testa quando lui era già a terra. Nei giorni immediatamente successivi all’omicidio, di particolare sensibilità e pregio sono stati due interventi: uno pubblico dell’allora sindaco della città Carla Speziali che “perentoriamente” ha invitato la cittadinanza a non strumentalizzare la morte di Damiano e l’altro dell’allora vescovo Mino Grampa che scrisse: “Anche se la giustizia non ci potrà ridare Damiano si prendano i provvedimenti dovuti, consapevoli comunque che solo l’amore può risolvere alla radice i problemi di una vera convivenza sociale”. Il leghismo, con il risveglio delle sue connotazioni fasciste in quel tempo si espandeva nel Cantone in modo virulento. Il fascismo è una caratteristica che troppi liberali del Ticino si portano pietrificata nell’inconscio, anche se dormiente da 62 anni (dalla data della riunificazione dei democratici coi liberali avvenuta nel 1946). L’appello accorato del vescovo Grampa e del sindaco di Locarno caddero nel vuoto di una città e di un Cantone contaminati da un pensiero che sta degradando tutto quanto il cristianesimo ha diffuso e il periodo dei lumi ha esteso nelle coscienze. Pubblicata sul Foglio Ufficiale n. 38 del 14 maggio 2010 i Giovani liberali, anch’essi trascinati nel vortice del populismo imperante, lanciano un’Iniziativa popolare per la revisione parziale della Costituzione in forma elaborata. Già dal titolo, triviale e rozzo, dell’atto politico (le pacche sulle spalle non bastano) si può facilmente dedurre che la detenzione preventiva, le pene di privazione della libertà e le misure protettive stazionarie per minori non possono essere garantite da una struttura pubblica con tutti i caratteri di un carcere minorile istituita in violazione di tutti gli studi e le riflessioni del XX secolo dedicati alla remissione della devianza giovanile. Per il minore che delinque, soprattutto se è straniero, la soluzione suggerita da giovani, sedicenti liberali, può essere trovata solo nella vendetta. La sentenza, emessa il 28 gennaio 2009, condannava i tre croati maggiorenni. Tuttavia, ancora una volta, sul banco degli imputati mancavano i genitori, colpevoli di gravissime omissioni e responsabili del tragico evento. Il vescovo Grampa in una lucida riflessione scritta definiva i giovani pregiudicati: “… persone con evidente carenza di senso morale e una insufficiente educazione delle coscienze. I comportamenti terribili che sono emersi dal processo di Locarno sono dunque anche il segno delle inefficienze di una società che non è più capace di formare coscienze adulte, mature, responsabili. I fatti rilevati nel procedimento penale denunciano le insufficienze di un sistema educativo, tanto nelle famiglie, quanto nelle Chiese, come nella scuola e nella società…”. Sono del parere, suggeritomi da 33 anni di attività in una struttura pubblica confrontata direttamente con la devianza giovanile, che non è affidando la gestione di un carcere minorile a un’associazione di tendenza religiosa come è Comunione e Liberazione e con ciò privatizzare il sistema carcerario che si colmano le manchevolezze del sistema educativo delle famiglie e si ristabilisce la mancanza di senso morale indispensabile per la formazione di coscienze adulte e responsabili. Rinchiudendo giovani adolescenti in istituti e isolandoli si puniscono due volte; la prima: infliggendo castighi a minori che già hanno sofferto nella famiglia perché privi di assistenza e sostegno adeguati e la seconda nel farli penare in istituti con celle d’isolamento in cui si rinchiudono in violazione delle convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese per la protezione dei minori. È quindi imperativo e urgente ricostituire la famiglia come soggetto giuridico affinché il magistrato abbia la possibilità, nei casi di violazioni di norme penali in cui sono coinvolti minorenni, di decretare per essi gli arresti domiciliari. Una misura questa che richiama i genitori alle loro responsabilità e li coinvolge direttamente nella cura e nell’educazione dei figli che sbagliano. Il giudice, nella sentenza, stabilirà e prescriverà gli strumenti di mediazione e di assistenza indispensabili alla famiglia per gestire situazioni di disadattamento minorile. Ciò può costituire un primo tentativo di sostituire un inutile e dannoso carcere e ricreare quel clima in cui la solitudine del bambino è sostituita dalla solidarietà familiare e dall’appoggio della comunità in cui è inserito.