I dibattiti

Aria grama a Lugano

A Lugano non c’è un bel clima. Si respira un’aria resa acre dai fumogeni lanciati da ipotetiche curve da stadio. Si sono stilate liste di proscrizione in cui compaiono nomi di consiglieri comunali, rei di aver fatto il loro dovere esprimendo un voto in Cc. Si leggono insulti, addirittura minacce fisiche su Facebook. No, a Lugano non c’è un bel clima. La votazione sul Polo sportivo e degli eventi (Pse) sta spaccando in due la città, alcuni partiti e persino famiglie.

«La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro» (Manzoni). Questo per dire che entrambi i fronti – quello del sì e quello del no – hanno le loro ragioni e pure i loro torti; che in ambedue le parti ci sono delle criticità messe in evidenza dal profluvio delle opinioni (pro e contro) apparse sui mass media ticinesi. C’è però un punto comune che unisce le “maledette parti”: tutti sono per lo sport, tutti sono convinti della necessità di avere un nuovo stadio e un palazzetto dello sport. Ciò che le divide è l’uso del suolo pubblico, la riqualifica di un quartiere, l’accordo tra pubblico e privato e i costi per Lugano. Non sono questioni da poco, non sono temi facili.

Il collega Alessio Petralli (CdT 8.11.2021) scrisse di progetti luganesi che si sono incagliati o che sono svaniti, come il Polo Medtech, l’aeroporto, il campus della Supsi alla stazione di Lugano, la piastra dell’Ospedale Civico ridimensionata (e il Polo congressuale, aggiungo io) per concludere che «la politica luganese troppo spesso non è stata all’altezza». Con questa teoria di (quasi) fallimenti alle spalle è possibile sperare che il nostro Municipio abbia concluso con gli scaltri finanzieri Credit Suisse e Hrs un accordo favorevole per la Città? E che i molti milioni che la Città dovrà spendere saranno ben spesi?

Non mi è ancora chiaro un punto importante (anche perché i due ex tenori della politica nazionale Pelli e Lombardi sostengono a questo proposito tesi diametralmente opposte con una sicurezza che non ha pari): in caso di bocciatura del Pse davvero non si potrà «cambiare nulla, pena il ritardo di 7 o più anni», oppure «la variante del piano di quartiere, la definizione del nuovo finanziamento, la riconferma di Hrs per il coordinamento del cantiere o la scelta di un altro operatore non richiedono più di un anno compreso il passaggio in Consiglio comunale. A meno che il Municipio si converta in sabotatore?». (M. Rossi, CdT 16 novembre).

Questo è il vero interrogativo al quale dovrebbe dare una risposta un esperto di diritto amministrativo realmente super partes. Riusciremo ad averla prima del 28 novembre?

Confesso: sono in difficoltà, come non mai; e lo sono in molti.

La potente bocca di fuoco favorevole al Pse e la drammatizzazione del confronto non aiutano, anzi indispettiscono.

Continuerò a riflettere dicendomi, come Manzoni, «che forse il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune».