I dibattiti

L’Orchestra e il futuro del terreno ex Officine a Bellinzona

Le componenti culturali e scientifiche siano partner essenziali nel definire e costruire il nuovo quartiere

Dalmazio Ambrosioni
(Ti-Press)

Sabato 30 ottobre l’Orchestra della Svizzera italiana (Osi) tiene un concerto alle Officine Ffs di Bellinzona. Tutto fuorché normale tutto fuorché banale. Non è abituale che le orchestre vadano a suonare nei luoghi di lavoro, tra operai, macchinari e impiegati, anche se l’Osi ci ha abituati a un intelligente nomadismo. Si dice che un’azienda funziona al top se è organizzata come un’orchestra, e almeno in tempi normali è vero. Questo non è però un tempo normale per la società in genere e nemmeno per le Officine. A causa della pandemia, certo, ma anche e soprattutto per i radicali e veloci mutamenti in atto nel mondo del lavoro e, realtà inattesa, delle rappresentanze dei lavoratori.

In termini musicali possiamo chiamarle disarmonie, ma in verità sono confronti anche accesi, a muso duro. Il momento è delicato anche per le Officine di Bellinzona con la loro incredibile storia, per il semplice fatto che si trovano in mezzo al guado. Come impresa e come territorio. Si sa che tra pochi anni trasmigreranno verso Castione e il dibattito ancora langue su tempi e modi, ma in particolare sui contenuti. Se ne sa poco: qualche spiffero, qualche dibattito ma nulla più. Affaire à suivre con molta attenzione. Poi c’è il luogo, l’ampio, storico terreno-territorio a due passi dalla stazione e dal centro città, che verrà lasciato libero dalle Officine. Uno spazio assolutamente privilegiato sul quale si diffonderà il suono dell’orchestra da quella che ancora in molti chiamano ‘Cattedrale’, a sottolinearne l’arditezza delle forme ma ancor più la sacralità del lavoro e implicitamente del luogo.

Al di là del fascino dell’evento musicale, penso non sfuggano a nessuno gli aspetti simbolici. Si parte dall’Osi giustamente considerata la miglior ambasciatrice culturale e identitaria del Ticino, anzi della Svizzera Italiana, e si arriva alle Officine cantiere aperto. L’Osi ha superato ostacoli che rischiavano di farla sparire, ha trovato in sé e sul territorio energie insospettabili. Oggi è un fior d’orchestra per il livello musicale oltre che per la struttura che ha saputo darsi. Vive un grande presente, ha ottime prospettive per il futuro. Un esempio, vien da dire un modello per le Officine intese come luogo: grande passato, futuro incerto. Cosa succederà quando l’orchestra riporrà gli strumenti, quando l’ultima squadra, l’ultimo operaio se ne saranno andati? Che configurazione e funzione assumerà quello spazio privilegiato, di cui si sottolineano come un mantra le grandi potenzialità e quindi l’appetibilità? Chi ci metterà le mani sopra, come e perché? È ragionevole concedere un credito di fiducia alle Ffs e alla Città (organizzatrici anche del concerto), ma è anche giusto attenderci indicazioni precise sul futuro del terreno ex Officine, su chi e come se ne occuperà, cosa diventerà.

Torniamo all’Osi. La sua presenza richiama implicitamente l’importanza, la centralità del fattore culturale nel decidere la funzione di quel luogo nel cuore della Bellinzona che guarda al futuro. Bellinzona capitale, Bellinzona dell’Istituto di ricerca in biomedicina con le sue crescenti collaborazioni internazionali, Bellinzona dell’Istituto oncologico di ricerca. Il tutto ben dentro il Ticino dell’Università della Svizzera Italiana e dell’Accademia di architettura. L’Orchestra nella Cattedrale delle Officine ci indica che le componenti culturali e scientifiche, insomma la struttura che si va radicando in città e quella ormai collaudata nel Cantone, devono essere partner essenziali nella definizione e costruzione del futuro del terreno ex Officine. Queste realtà hanno un nome, una struttura, dei dirigenti: li si coinvolga, si crei una piattaforma di collaborazione. Affinché cultura, politica e socialità siano preminenti nel preparare le decisioni e poi accompagnare il futuro di questa importantissima parte di Città. Le scelte effettuate, le decisioni prese concorreranno in misura decisiva a delineare il destino futuro della ‘grande Bellinzona’. Quindi: auguri all’orchestra, buon concerto a tutti, tacchi bassi e pensiero al dopo-Officine che è dietro l’angolo.