I dibattiti

Marchesi: ‘Al politicamente corretto preferisco la sincerità’

Dopo aver paragonato il miliardo di coesione al pizzo pagato dai commercianti a Cosa Nostra, il consigliere nazionale Udc replica alla Regione

(Ti-Press)

Sabato sono stato preso di mira dalla rubrica La formica rossa, nella quale mi si accusa di aver “superato il vallo della decenza”. Questo perché nel recente dibattito parlamentare sul contributo di 1,3 miliardi di coesione da versare all’Ue, mi sono permesso di equipararlo al pizzo pagato dai poveri commercianti siciliani alla mafia locale. Essi lo fanno infatti per assicurarsi di poter continuare ad esercitare la propria attività senza vedersi incendiare il negozio, il contributo di 1,3 miliardi che la Svizzera pagherà all’Ue, non avrà invece alcuna contropartita. Con un’insolita violenza verbale mi si accusa di “ignoranza politica e diplomatica”. Informo il giornalista che con questa rozza accusa non mi ha minimamente toccato. Primo perché quando si attacca personalmente una persona, soprattutto se eletta democraticamente, bisognerebbe avere il coraggio di metterci la faccia. Secondariamente perché laRegione conferma ai suoi lettori che il rispetto delle opinioni e della persona, che tanto decanta a ogni piè sospinto, lo applica a geometria variabile. Ma si sa, quando si spara a destra tutto è giustificato.

Così come il mio partito, l’Udc, non mi allineo al pensiero buonista, invece ben interpretato dagli altri partiti, che cercano di farci credere che sia giusto versare 1,3 miliardi a Bruxelles quale “gesto distensivo”, senza alcuna contropartita. Non abbiamo nessuna garanzia che l’Ue non ci incendierà nuovamente il negozio. D’altronde, se i media avessero un minimo di onestà intellettuale illustrerebbero criticamente gli episodi che hanno contraddistinto la discussione sul contributo di coesione. Come per esempio il fatto che ben 13 paesi hanno recentemente chiesto all’Ue di permettere alla Svizzera di rimanere nel programma Horizon, richiesta nemmeno presa in considerazione da Bruxelles. O ad esempio la ritorsione applicata dall’Ue nel non riconoscerci l’equivalenza borsistica. O ancora, la chiara contrarietà di Bruxelles al fatto che il nostro paese permetta aiuti di Stato alle imprese, questione fondamentale per le varie banche cantonali. La reazione del nuovo interlocutore dell’Unione europea Sefcovic, purtroppo conferma che l’Ue non è disposta a nessuna concessione nei nostri confronti.

Il nostro paese ha però importanti carte da giocare sul piano della contrattazione, ma la politica federale ha purtroppo deciso di rinunciare a metterle sul tavolo. La Svizzera da lavoro a quasi 400’000 lavoratori frontalieri, ha una bilancia commerciale negativa – significa che acquista più di quanto vende nel mercato Ue – e contribuisce con svariati milioni dei contribuenti a finanziare i vari programmi europei. E malgrado questo importante impegno e generosità, con l’ulteriore pagamento del contributo di 1,3 miliardi all’Ue, non avremo nessuna garanzia di poter riottenere l’equivalenza borsistica, di tornare a gestire l’immigrazione come deciso dal popolo svizzero, di poter fornire i servizi finanziari all’Italia e di non vederci ulteriormente minacciati – perché di questo si è trattato negli ultimi anni – nell’essere obbligati a pagare altri contributi senza nulla ricevere in cambio.

È piuttosto evidente che gran parte dei media sia accecata dall’odio verso chi, nel legittimo mandato popolare, dica le cose come stanno. Senza fronzoli, preferendo la sostanza al politicamente corretto e alla diplomazia, che in questi anni hanno già dimostrato di non portare a nulla di concreto, se non all’inasprimento del livello delle richieste e delle minacce di Bruxelles. Nel dibattito parlamentare l’Udc ha inoltre chiesto di sottomettere il credito di 1,3 miliardi di franchi all’Ue a referendum popolare. Come prevedibile gli altri partiti hanno preferito scavalcare il popolo per non correre il rischio di incassare una sicura bocciatura da parte del popolo. Ecco dunque la differenza. Da una parte chi opera affinché la Svizzera sia sempre più assoggettata all’Ue e dall’altra, magari anche utilizzando esempi e parole non sempre politicamente corrette, chi dice le cose come stanno. Alla fine se avrò o meno fatto un buon lavoro a Berna lo decideranno gli elettori e non i media, come sembrerebbe voler fare laRegione.

Caro Marchesi,

la Formica Rossa è un corsivo con intento ironico-polemico che veicola pensieri, idee, critiche e dubbi condivisi dalla direzione. Per questo, in linea con una diffusa usanza giornalistica, non ha bisogno di firma: basta che appaia sotto il nome della testata.

Ma veniamo al dunque. Nella sua replica lei ribadisce la posizione contraria al versamento del miliardo di coesione all’Unione europea. Bene, ma non era l’opinione Udc in materia che la ‘formichina’ contestava. La nostra critica era dovuta alla scelta di strumentalizzare le vittime di mafia pur di spingere la propria agenda politica, travalicando il perimetro del dibattito parlamentare e dipingendo come un ricatto criminale un normale negoziato diplomatico, sia pure dagli esiti a lei sgraditi.

Infine, giustifica l’inquietante paragone dicendosi ostile al ‘buonismo’ e al ‘politicamente corretto’. Lo siamo anche noi, ma sappiamo che queste etichette diventano troppo spesso pretesti per soverchiare il prossimo. Col risultato che viene tirato in mezzo anche chi, come i commercianti siciliani, vive sulla sua pelle l’enorme differenza tra Bruxelles e Cosa Nostra.

La direzione de laRegione

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