I dibattiti

Riaprono i cinema. O forse no

Michele Dell’Ambrogio del Circolo del cinema Bellinzona sulla presunta mancanza di film che renderebbe difficile la riapertura delle sale

Ti-Press
2 maggio 2021
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Dallo scorso 19 aprile, per decisione del Consiglio federale, cinema e teatri hanno potuto riaprire, con un limite massimo di 50 persone e nel rispetto delle norme sanitarie. Nella Svizzera d’oltralpe la notizia à stata accolta con grande soddisfazione e in questi giorni le sale cinematografiche hanno ripreso o stanno per riprendere la loro attività. Non così in Ticino, dove solo poche sale indipendenti hanno annunciato la riapertura: l’Otello di Ascona, l’Iride di Lugano, il Cinema-teatro Blenio di Acquarossa, il Leventina di Airolo (il Lux di Massagno l’avrebbe certo fatto, ma sono in corso lavori di ristrutturazione). Le grosse sale, invece, tentennano, rimandano; riprenderanno, forse, solo più in là e con una programmazione a singhiozzo, magari limitata ai fine settimana. Le ragioni ce le hanno spiegate i responsabili fino alla noia e si riassumono in una sola: mancano i film! Che io sappia, nessuno dei giornalisti che hanno fedelmente riportato questo ritornello ha saputo avanzare qualche obiezione o porre qualche domanda. Eppure sarebbe stato abbastanza evidente, per esempio, chiedere: ma come, come mai i film non mancano a Zurigo e Ginevra, mentre mancano a Lugano e Locarno, tra l’altro la “città del cinema”? Oppure: come mai i film non mancano per l’Otello, mentre mancano per il Cinestar e il Palacinema? C’è da supporre che questo atteggiamento passivo dei nostri media sia stato in parte condizionato dall’altra giustificazione ricorrente addotta dai gestori delle nostre sale: noi dipendiamo dal mercato italiano e, fin che questo non si mette in moto, rimaniamo bloccati anche noi.

Ora, questa situazione di riaperture mancate o differite, riportate con sconcertante neutralità dai nostri organi di informazione, necessiterebbe invece di qualche approfondimento, almeno per chiarire all’opinione pubblica qual è lo stato della programmazione cinematografica nella Svizzera italiana.

Tutti coloro che si occupano un po’ da vicino di cinema dovrebbero infatti sapere (ma pochi lo dicono) che l’offerta dei film nelle sale che dominano il mercato (Cinestar Lugano, Palacinema Locarno, Forum Bellinzona, Multisala Mendrisio) è sostanzialmente monocorde e limitata ai prodotti mainstream, immancabilmente nella versione doppiata in italiano. Da questo non è difficile dedurre che ormai i film non vengono più scelti dai responsabili delle sale, bensì imposti dalla grossa distribuzione nazionale, con l’aggravante per il Ticino che occorre procurarsi la versione doppiata dall’Italia. Sono ormai passati i tempi in cui chi gestiva una sala poteva decidere quali film mostrare e magari proporre anche pellicole in versione originale con sottotitoli. Insomma, si è inculcato da decenni nel pubblico l’idea che il cinema è soprattutto evasione e divertimento, da consumare sgranocchiando popcorn e sorseggiando bibite gasate, non certo quella “settima arte” che dovrebbe dare un altro tipo di appagamento e provocare qualche riflessione su se stessi e sul mondo. Aleksandr Sokurov, sbarcato nella nostra “città del cinema” qualche anno fa, si rifiuta di considerare la maggior parte dei film in circolazione come appartenenti al mondo del cinema, ma li definisce “merce audiovisiva”. È quindi chiaro che, mancando o scarseggiando questa merce, le sale ticinesi sono restie all’apertura, considerando anche il fatto che stiamo andando verso la fine della stagione più propizia a frequentare luoghi chiusi. Ma questo è comunque un segnale preoccupante, che dovrebbe far riflettere sulla miseria dell’offerta cinematografica nel nostro Cantone.

Tuttavia quel che ancor più preoccupa è il servilismo dei media che (con rare eccezioni) si limitano a trasmettere al pubblico la voce del mercato cinematografico. Certo, si sono emancipati anche i nostri giornalisti, dal momento che riferiscono come mai in passato di festival di vero cinema come “Visions du réel” o commentano criticamente la notte degli Oscar, ma poi non si accorgono di quel che avviene a due passi da casa loro quando non ci sia l’etichetta dell’ “evento” irrinunciabile.

È per me assai deprimente constatare come quasi tutti gli organi di informazione, solerti nel diffondere acriticamente il mantra “non ci sono i film” e nello stesso tempo alacremente impegnati nell’informare su quel che succede a Hollywood o a Nyon, non si siano accorti che i film ci sono e si possono vedere anche in Ticino, grazie a quelle sale periferiche che per fortuna non sono ancora assoggettate al monopolio di Arena e anche ai cineclub cantonali, che nella loro rassegna “Cinema dal mondo” ne propongono ben quattordici, provenienti dall’Asia, dall’Africa e dall’America latina, in buona parte inediti e insigniti di importanti riconoscimenti nei maggiori festival internazionali. Sarà che queste occasioni sono prive delle qualifiche per essere considerati “eventi” degni di attenzione mediatica?