Ci devono essere, forse nascosti nel cuore delle Alpi, dei grandi depositi di patatrac, una merce preziosa di grande utilità politica da usare nei momenti più delicati. Per esempio: mettiamo che il capo dell’esercito svizzero rilasci una dichiarazione imbarazzante circa il possibile impiego di qualche centinaio di militi in Ucraina; che due giorni dopo si scopra che lo stesso capo dell’esercito non era già più capo dell’esercito quando diceva quelle belle cose, avendo dimissionato insieme al capo dei servizi segreti circa un mese prima. Cosa dovrà pensare la Consigliera federale responsabile della difesa, Viola Amherd, pure lei dimissionaria? Che è un problema politico, anche piuttosto inquietante (e intanto l’esercito riceve 1.7 miliardi di finanziamenti pubblici)? Ma quando mai! Si tratta di un normalissimo patatrac, su cui non è davvero necessario riflettere. Il problema è un altro: la fuga di notizie, e vai con una denuncia penale contro ignoti. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da preoccuparsi.
E in Ticino? Ah, in Ticino il carnevale impazza, e i patatrac fanno festa come tutti. Solo che questa volta non c’è proprio niente da ridere. Ecco i fatti: un anno fa, il Dfa di Locarno (l’Istituto che si occupa della formazione dei futuri insegnanti), bandiva un concorso per l’abilitazione all’insegnamento dell’italiano nel settore Medio superiore. Come si poteva immaginare, visto che da anni i corsi di formazione non si aprivano, molti i candidati. Dopo un percorso a ostacoli (esame scritto prima, orale poi) ne vengono selezionati 13, che dallo scorso settembre frequentano appunto il Dfa. Sono entusiasti; alcuni di loro hanno rinunciato per questo a posti di lavoro, di studio e di ricerca; ma sono felici di poter presto diventare insegnanti liceali. Poi, mentre il carnevale comincia a far rullare i suoi tamburelli, arriva una riunione con il direttore del Dfa e i due direttori dell’Ufficio insegnamento medio superiore (di lì a poco destituiti del Tribunale amministrativo che ha giudicato irregolare la loro assunzione: altro piccolo patatrac). Motivo della riunione: è successo un patatrac (parole del direttore del Dfa, prof. Alberto Piatti), e purtroppo non ci sarà posto nelle scuole superiori per nessuno dei tredici studenti in formazione: né l’anno prossimo né nei successivi. Un altro patatrac? Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto Totò: in Ticino esistono sette scuole medie superiori (sei licei e la Commercio di Bellinzona); bastano un paio d’ore di lavoro al computer per sapere quanti sono gli insegnanti in carica, e quanti i prossimi pensionamenti; un altro paio d’ore, e si può ragionevolmente immaginare quanti saranno gli studenti di quarta media che si iscriveranno in queste scuole, stabilendo così con buona approssimazione i posti disponibili. Nessun patatrac, dunque, ma un errore di calcolo (commesso da chi? Sarebbe bello saperlo) o una leggerezza. I casi sono due: o il corso di formazione è stato aperto senza prevedere i posti realmente disponibili; oppure è stato aperto perché bisognava comunque aprirlo, anche per dare qualcosa da fare ai professori/formatori del Dfa. In un modo o nell’altro, i tredici giovani aspiranti sono stati turlupinati; e di fronte alla comoda spiegazione del patatrac devono sentirsi cornuti e mazziati, come si dice a Napoli.
E adesso? Adesso si dovrà tentare di risarcire in qualche modo (ma quale?) i tredici malcapitati, che stanno perdendo inutilmente un anno. E poi si potrà forse partire da questa bruttissima storia per avviare finalmente una riflessione sul Dfa, sul suo modo di funzionare (o in questo caso di non funzionare), sulle modalità con cui vengono aperti i concorsi di formazione e ammessi i candidati, e sullo stesso modello formativo proposto. È questa una riflessione che il mondo della scuola auspica da molto tempo, ma che fino ad ora non è mai davvero avvenuta per ragioni misteriose, come se il Dfa godesse di uno statuto privilegiato e potesse sempre sottrarsi alle critiche e al confronto. La formazione degli insegnanti esiste da circa trent’anni, sotto vari nomi; ebbene, in questo lungo periodo non mi è mai capitato di incontrare un giovane collega che si dicesse contento e soddisfatto della sua esperienza formativa; al contrario, le lamentele e i mugugni sono ricorrenti, anche se purtroppo solo raramente si sono trasformati in presa di posizione pubblica. Adesso forse la misura è davvero colma, ed è giunto il momento di discutere seriamente. A meno di non pensare a un ultimo patratrac risolutivo e cinico: bocciamoli tutti e tredici, tra qualche mese. Nessun abilitato, nessun disoccupato, tout va bien, madame La Marquise. Ma speriamo di no.
(Postilla: dopo la stesura di questo articolo, il direttore del Dfa ha dato qualche risposta ai microfoni della Rsi, dicendo che una cosa del genere non era mai capitata, che il Dfa non garantisce comunque mai un posto di lavoro, e cose del genere. Restano però aperte le due questioni fondamentali: poiché il Dfa ha sempre aperto corsi di abilitazione all’insegnamento in relazione al fabbisogno di insegnanti nelle scuole cantonali, questa volta le previsioni sono state errate, e qualcuno se ne dovrebbe assumere la colpa. In secondo luogo, non dubitiamo del fatto che Dfa e Decs siano “dispiaciuti”. Ma il dispiacere non basta senza una chiara assunzione di responsabilità e la ricerca di soluzioni dignitose).