Limiti di età nelle sale cinematografiche, il parere (critico) di Luca Morandini, gerente di sale e importatore di film
Il cinema, così come la musica, non ha confini. Ma i limiti di età sì. E la differenza di trattamento tra una parte e l’altra della ‘ramina’ non passa ovviamente inosservata. Specie in una regione di frontiera come il Ticino, direttamente a contatto con un Paese, l’Italia, di norma più tollerante in questo ambito.
«Alcune decisioni prese dalla commissione lasciano un po’ perplessi – sottolinea Luca Morandini, che la realtà cinematografica la vive da due prospettive: quella del gerente di cinema e quella del distributore –. A volte capita che qualcuno si presenti in cassa per reclamare per questo o quel limite d’età; ci dicono: "A casa, alla televisione si possono vedere senza problemi film come questo e invece al cinema è necessaria un’età minima? È incomprensibile...". Allora spieghiamo loro che non è una decisione dipendente da noi, e li invitiamo a rivolgere le loro rimostranze altrove... Capisco e posso anche condividere l’operato della commissione, ma a mio modo di vedere sarebbe auspicabile una certa tolleranza nell’applicazione pratica del limite d’età, di almeno due anni».
Basta spostarsi di qualche chilometro, varcando il confine, per trovare tutta un’altra realtà... «Sì, ed è appunto una via che scelgono in molti per aggirare i nostri vincoli, che a mio modo di vedere sono un po’ troppo restrittivi. È giusto che ci sia un’indicazione sull’età, in modo da farsi un’idea di massima del tenore di quanto verrà proiettato, ma l’ideale sarebbe ‘convertire’ il responso della commissione da giudizio vincolante a raccomandazione. Questo avrebbe anche il pregio di evitare le infinite discussioni con i genitori. E, aspetto pure non trascurabile, l’indicazione dell’età andrebbe accompagnata anche da una motivazione, rendendola dunque più comprensibile a tutti. Queste disposizioni non aiutano certo a portare il pubblico nelle sale ticinesi, anzi... È vero che anche in Italia qualcosa è cambiato con l’introduzione della nuova legge, ma il sistema che hanno scelto per definire i criteri di ammissione alle sale cinematografiche è decisamente più realistico e concreto. In ogni caso, alla cassa non è che si vende il biglietto e basta; anche lì un certo lavoro di presa di coscienza sui contenuti del film viene fatta: se si presenta un genitore con un bambino per vedere una pellicola poco indicata per lui, chi vende il biglietto ha il dovere, almeno morale, di esternare le sue perplessità. Ecco, a mio modo di vedere si potrebbe lavorare maggiormente in questa direzione».
E capita spesso che qualcuno provi a fare il ‘furbo’ per entrare in sala malgrado non abbia l’età sufficiente per poter vedere il film che viene proiettato? «In generale no: il pubblico bene o male è sostanzialmente allineato con quelli che sono i limiti di età. Capita, semmai, con i film per bambini, dove malgrado la presenza di uno o entrambi i genitori, ci vediamo costretti a negare l’accesso alla sala al piccolo magari anche per pochi mesi. E questo non è mai facile da spiegare loro. Altri invece si informano prima, magari telefonandoci, e non mancano di nascondere le loro perplessità quando li rendiamo edotti del limite di età che è stato deciso per quella pellicola. Succede spesso quando esce il seguito di qualche film, magari con un limite di età diverso (spesse volte più alto) rispetto ai capitoli precedenti: in questi casi il ‘mantra’ che ci si sente dire è: "Allora andiamo in Italia". Ovviamente questo genere di risposta, per noi che viviamo di questa attività, è dura da incassare... Anche perché, poi, quel genere di clientela è difficile ritrovarla: trovata la ‘scorciatoia’ è facile che poi la prenda come un’abitudine. A volerla guardare da questa prospettiva, mettendo un limite d’età vincolante e più alto rispetto a una realtà a noi vicina come l’Italia, non si risolve alcunché, perché alla fin fine chi vuole, quel film lo può vedere comunque: gli è sufficiente spostarsi di qualche chilometro e il gioco è fatto».
Sulla particolarità ticinese rispetto al resto della Svizzera, Morandini, stavolta nei panni del distributore, ha pure qualche riserva: «Capita, quando porto sul mercato svizzero un film, specie se di produzione italiana, che tra una parte e l’altra del Gottardo allo stesso vengano applicati differenti limiti di età: manca una certa uniformità e la cosa è spiazzante, considerando che siamo pur sempre nel medesimo contesto».