Non possiamo dare per scontata la nostra democrazia. Bisogna rimescolare le carte e definire le priorità
Il 2021 è iniziato. L’anno in cui tutti noi abbiamo riposto le più grandi aspettative, forse come mai prima. Il 2021 l’anno della rivincita, l’anno della rinascita. Mi verrebbe da dire anche l’anno dei buoni propositi, ma sarebbe già il preludio di sconfitta. Per non disattendere le nostre aspettative, quali obiettivi davvero varrebbe la pena di porci? Con quest’aria di rivolta, tra insurrezione e colpi di stato, forse per quest’anno la dieta detox che ti fa perdere 5 kg in due ore possiamo rimandarla.
Il dibattito della difficile situazione politica internazionale sta delineando un unico vero capro espiatorio: Donald Trump. Ha senso, certamente, eppure mi sembra che da questo punto di vista non si veda l’intero quadro. Trump e il trumpismo (ma anche Salvini, Bolsonaro, Johnson, Blocher e Gobbi) non sono che la punta dell’iceberg. In qualche modo questo personaggio del tutto inappropriato, e i suoi simili sparsi per il mondo, in quella posizione ci sono arrivati. Sì, il problema, il gravissimo problema, che sta mettendo in pericolo le democrazie di tutto il mondo (ergo anche la nostra) risiede proprio in questo punto. Tali personaggi, populisti ed egocentrici, sono solo il sintomo, la malattia è altra.
Gli slogan trita busecche hanno trovato terreno fertile in una (sub)cultura della dottrina dell’ignoranza creata in anni di lassismo, di superficialità, di svuotamento di contenuti, dell’ingenuo sdoganamento di pensieri più o meno velatamente razzisti e antisemiti. Un susseguirsi di leggerezze da parte di tanti attori in gioco (locali e non), che hanno portato all’indebolimento della coscienza della nostra civiltà. Viviamo il risultato di anni di mollezza culturale dove lo Stato e i suoi rappresentanti hanno deciso che coltivare valori è solo un passatempo. Il lavoro vero è monetizzare e alimentare le ambizioni capitalistiche di sostituire definitivamente l’obiettivo primario della nostra esistenza dal vivere in armonia con gli altri, al guadagnare (o far guadagnare) al massimo delle nostre possibilità.
In questo contesto, dove anche le campagne elettorali sono diventate più il festival del personalismo che l’esposizione di idee, come si può non essere critici verso un servizio pubblico che invece di difendere la diffusione culturale e proporre di aumentarne la presenza in chiave appetibile su altri canali, giustifica la sua dismissione proteggendo la dignità dell’intrattenimento? Non fraintendetemi non sono una di quelle che legge Marx e ascolta Mozart tutto il giorno, anzi. Ma ritengo che, come sarebbe importante facilitare l’accesso alle alternative sostenibili di consumo per far fronte all’emergenza climatica, sarebbe altrettanto fondamentale per il bene della democrazia lavorare instancabilmente per rendere parte della naturale quotidianità la fruizione di contenuti che stimolino l’approfondimento e la discussione.
Visto che non possiamo permetterci di dare la nostra democrazia per scontata, è necessario cominciare a rimescolare le carte e definire nuove priorità. Dobbiamo pretendere di vivere una società che esige che conoscenza e informazione siano considerati come beni di prima necessità e non l’acquisto di oggettistica. È necessario per continuare a nutrire l’anima ed evitare il degrado. Dobbiamo alimentare il nostro essere, quella parte di noi ancora sconosciuta alla scienza ma che ci fa decidere se amare o odiare il bar sotto casa perché tiene la musica due decibel oltre la soglia consentita dalla legge, se davvero l’accumulazione di ricchezza e di oggetti è la sola forza che deve muovere il nostro mondo, oppure se valori come rispetto reciproco, verità e dibattito informato sono principi per cui vale ancora la pena lottare.