Una Svizzera aperta, attenzione all'ambiente. Tra le priorità formazione e posti di lavoro. I tre candidati alla successione di Caprara a confronto
La «carica dei mille», come l'ha chiamata il presidente Bixio Caprara, ha parlato. E il rilancio del Partito liberale radicale passerà anche - se non soprattutto - da loro. Deciso al Comitato cantonale tenutosi a Locarno ormai undici mesi fa e affidato all'istituto di ricerca gfs.bern, il sondaggio sullo stato del partito ha visto la luce. I 1'006 simpatizzanti e aderenti al Plr parlano di Svizzera aperta (69%) piuttosto che chiusa (28%). Parlano, a sorpresa ma fino a un certo punto considerando le ultime federali e le recenti posizioni prese a livello nazionale dai liberali radicali, di una protezione dell'ambiente che viene preferita al benessere economico e alla prosperità (53% contro il 46%). E parla anche del recente passato, quello che andrà conosciuto e analizzato se si vorrà scrivere un futuro cosciente. Cioè di quella congiunzione con il Ppd alle elezioni per il Consiglio nazionale dell'anno scorso, giudicata molto negativamente dal 33% e abbastanza negativamente dal 32% degli interpellati. E che viene vista a maggioranza, dal 42%, come motivo della sconfitta di Giovanni Merlini al Consiglio degli Stati. Lasciando un ricordo per forza di cose indelebile: no ad altre congiunzioni future dal 62% degli oltre mille che hanno partecipato all'indagine.
Detto del passato, c'è un futuro da scrivere. Un futuro che passa da una struttura organizzativa meno gerarchica e più snella e dinamica, con un maggior coinvolgimento della base. Nel rapporto di gfs.bern si legge che “la critica espressa circa la mancanza di contatto con la base si riflette nella messa in discussione concreta del coinvolgimento ai vari livelli dell'organizzazione. Il coinvolgimento dei membri a livello comunale funziona molto bene nella maggior parte dei casi, ma già a livello distrettuale i membri non si sentono sufficientemente coinvolti nelle decisioni del partito”. Insomma: “Più alto è il livello organizzativo, meno forte è l'influenza della base”. Ma c'è parecchio ‘da salvare’ stando all'inchiesta. A partire dalla soddisfazione per il lavoro politico a livello cantonale e comunale e la credibilità sui problemi principali. Problemi che hanno un trait d'union, considerando come formazione, istruzione e ricerca, disoccupazione e rilancio economico figurano ai primi posti nelle preoccupazioni, nei temi che il partito a detta degli intervistati dovrà dirimere nel futuro immediato.
«Il partito ha avuto conferma che c'è una base che vuole partecipare» afferma Caprara commentando i dati. Partendo da un assunto importante: «I liberali si chiedono cosa possono fare per lo Stato, non quanto lo Stato possa fare per loro. Questo approccio fondamentale ha sempre contraddistinto la mia attività, e credo che la nuova impostazione del partito non debba far altro che facilitare questo approccio incamerando l'energia positiva della base». Che ha parlato, chiaramente. «Mi preme constatare la voglia di politica e la motivazione di molti cittadini che si riconoscono nei nostri valori», dice il presidente liberale radicale. Per aggiungere che «il tema dell'autocritica del partito deve essere impostato in maniera non autoreferenziale, la riflessione deve essere più collettiva. È importante che il partito e gli organi dirigenti possano seguire questo discorso in funzione dell'obiettivo rappresentato dal rilancio». Il tema sicuramente centrale del sondaggio, annota Caprara, «è quello della formazione in relazione alla difesa e alla creazione di posti di lavoro con il rilancio economico, temi chiave per prossima fase del paese vista la crisi socio economica cui andiamo incontro». Sarà fondamentale «capire che chi pensa al Plr condivide la convinzione che il lavoro si ottiene grazie alla formazione e che le opportunità vanno colte grazie alla responsabilità di ogni cittadino di formarsi, senza attendersi coccole di uno Stato presunto onnipotente». Insomma, «c’è ancora molta voglia di politica, partecipazione, condivisione, innovazione nel rispetto dei valori liberali radicali che hanno fatto grande il nostro paese. Per nuove sfide, senza scorciatoie ma con tanto lavoro».
«La formazione è nel nostro Dna» risponde alla ‘Regione’ Natalia Ferrara. «Un esempio su tutti: Stefano Franscini. Quel figlio di un’umile famiglia di contadini leventinese, padre del moderno sistema educativo del Canton Ticino, ma anche del Politecnico di Zurigo, e della statistica. Come non essere d’accordo dunque con la base liberale radicale: la formazione è centrale per il Plr perché il liberalismo stesso è nato attorno all’idea che senza scuola, istruzione, apprendimento non è possibile essere liberi. La libertà è la gemella della conoscenza. Vale oggi più che mai, nell’economia e anche nella società, non solo della comunicazione, ma anche dei contenuti, per fortuna». E vale per ogni formazione secondo Ferrara: «Dall’apprendistato all’università, e per ogni persona, indipendentemente dal ceto. Quello che il Plr di domani deve affermare con forza è, però, una formazione permanente, più che una formazione per la vita. Questo è uno dei modi per rendere solide le persone in un mercato del lavoro sempre più fragile, per far sì che non ci siano solo licenziamenti ma anche cambiamenti: di carriera, di indirizzo, di luogo di lavoro. Bisogna capire (e investire) affinché tutti ricevano strumenti adeguati alla loro età. La scuola non è più ormai un tema solo per bambini e giovani. Sempre più adulti studiano, si formano e si riqualificano a ogni età. Ogni persona conta, ogni percorso conta, investire sulla formazione rende ed è compito soprattutto del Plr ricordarlo oggi non solo in memoria della sua storia del passato, ma di quella che saprà scrivere in futuro».
E sui rapporti con la base per la deputata è «bene che i liberali radicali vogliano dire la loro. In questi 15 anni nel Plr ho imparato che quella che viene definita in maniera un po’ asettica “la base”, ossia le donne e gli uomini che credono nei valori liberali, ha esperienze pratiche, progetti, capacità da condividere. Proprio questo pretendono, e a giusta ragione: essere ascoltati, consultati, coinvolti». Il Plr, prosegue, «deve essere il tavolo di lavoro, dove si discute, ci si confronta, ci si scontra anche se serve, più che un salotto per bene, dove pochi parlano, qualcuno ascolta, molti rischiano di annoiarsi. Un partito è vivo solo se sa ascoltare, mettere in contatto, avvicinare. Il miglior regalo che un liberale radicale può fare al suo partito è un’idea, una proposta, all’occorrenza anche una critica. Solo una settimana fa, al Comitato cantonale sostenevo che “occorre un partito intero che rifletta su se stesso, disposto anche a cambiare. A essere più agile e al contempo più partecipativo. Che impari a parlare sempre anche dei temi delicati, senza paura di profilarsi, e non solo a ridosso delle votazioni federali”. Quello che dico, faccio. Conto sui liberali radicali che vogliono mettermi alla prova».
Per Emilio Martinenghi il rapporto tra la priorità data alla formazione e alla scuola in ottica d rilancio economico è «sicuramente un fattore importante nel lungo-medio periodo. Oggi, a mio avviso, è da riposizionare tenuto conto della difficile prospettiva economica e pandemica». Riguardo al rapporto con la base liberale radicale, il già sindaco di Cureglia considera «imprescindibile il contatto con le sezioni, i distretti e con chi si trova al fronte: un lavoro di coinvolgimento da affrontare con urgenza. È importante favorire al più presto un clima di consenso all'interno delle sezioni, sui candidati, sui progetti in atto e futuri».
Sull’importanza del legame tra formazione e mondo del lavoro Alessandro Speziali non ci gira attorno: «È da tempo una mia priorità. In un periodo di nuova rivoluzione industriale come questo che stiamo vivendo, in un mondo complicato da algoritmi e sempre più veloce, la formazione serve a creare cittadini consapevoli. Oggi, con un mercato del lavoro che non fa sconti a nessuno, occorre investire sulla scuola sia perché aiuta a crescere, sia perché permette di aiutare a sopravvivere e affermarsi nel mondo del lavoro». Anche perché il contesto ticinese è particolare, riprende Speziali. Nel senso che «dobbiamo distinguerci da un bacino estero, lombardo e piemontese soprattutto, che è immenso. Dobbiamo fare del Ticino una terra di formazione, a tutti i livelli. Vale a dire, «accettare l’idea che bisogna abbattere con forza quella barriera culturale per cui bisogna per forza fare un percorso accademico. La formazione professionale ha un grande potenziale nel creare un futuro lavorativo di spessore; dobbiamo smetterla di giudicare alcune scelte di serie A e altre di serie B». Formazione che, rileva il vicecapogruppo in Gran Consiglio, «deve far parte di un continuum con il mondo del lavoro. La mia preoccupazione come genitore è che la scuola pubblica sia solida, e deve essere sempre più un gioiello. Sul posto di lavoro aver fatto una buona scuola dà l’armatura necessaria per avere successo se il Ticino diventa anche un cantone dove le aziende sono attratte dal punto di vista fiscale, dove si ferma finalmente l’onda burocratica, dove si trova manodopera capace e dove si favoriscono le aziende che si rinnovano. Dalla falegnameria alle startup».
Per quanto riguarda la comunicazione e il coinvolgimento della base per Speziali «il partito deve diventare una corrente civica. Quando si discute delle votazioni, dei temi, delle priorità spesso ci confiniamo in compartimenti stagni come la direttiva o il comitato cantonale». Quello che ha in mente «è creare occasioni, incontri dove si propone un tema e chiunque può partecipare, discutere, creando un bel dibattito aperto a tutti coloro che si sentono liberali nello spirito, non solo a livello di tessera». E sul frutto di questi dibattiti, sulle indicazioni e sugli stimoli, «identificare l’identità e la posizione del partito, che spesso sono ancora molto novecenteschi. Ma il secolo scorso dobbiamo lasciarcelo alle spalle e diventare un partito agile, fluido, capace di parlare delle sfide dei prossimi vent'anni e convincere l’artigiano, il libero professionista, lo studente e l’impiegato. L’interclassismo è questo: infondere fiducia in un mondo complicato».