I dibattiti

Sostituire Rete Due con gli algoritmi? Che tristezza!

È la terza pagina che i giornali e la televisione possono offrire solo col contagocce, è il servizio pubblico nel più bel senso della parola.

Altre voci (Ti-Press)
27 dicembre 2020
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Danno il concerto di Keith Jarret a Budapest. È una cascata di note commoventi, anche perché questo grande pianista non è più in grado di suonare. Me lo dice la Rete due, che ho appena ho acceso. Me lo dice una voce che conosco, una voce che la musica la conosce a fondo. Dopo mezzanotte la radio trasmette una poesia in una lingua che capisco solo in parte, poi la stessa poesia la sento musicata. Mi incuriosisce. L’autore è un certo Toni Bruna, così dice l’elenco dei titoli sulla pagina web della trasmissione “Tenera è la notte”. Un nome che non avrei mai scoperto da sola.

“DARE, TRASMETTERE. Un’azione che presuppone un passaggio da te a me, tu che mi parli, io che ti ascolto. La radio lineare trasmette sull’ arco di 24 ore e tu prendi, ti fai prendere, anche da quello che non sai. L’offerta via web la completa, ed è sempre più utilizzata, ma non la sostituisce. Accendere la radio, pigiare un bottone, trovare stimoli e informazioni scelti e sviluppati da persone con una competenza specifica: in storia, in musicologia. Una giornalista mi parla di danza, uno di scienza, e un’altra di un libro di filosofia. Io non leggo saggi di filosofia, lei lo fa per me e mi trasmette un sapere che da sola non andrei a cercare.

Questa è la Rete Due, dove ho avuto la fortuna di lavorare per quasi vent’anni, la radio che ancora ascolto ogni giorno (anche se faccio brevi fughe sulla BBC3 o sul terzo canale RAI). Offre occasioni di conoscenza che nella solitudine dei nostri tablet e cellulari non coglieremmo. La Rete due è “casa” non solo per me, lo è per chi attraverso la cultura lavora. Scrittori, attori, registi, coreografi, artisti trovano a Rete due uno spazio di risonanza, come non ve ne sono altri nella Svizzera italiana. Rete due è la terza pagina che i giornali e la televisione possono offrire solo col contagocce, è il servizio pubblico nel più bel senso della parola. Dobbiamo superare momenti duri e i libri, i film, la musica in questi momenti sono fondamentali. Eppure la cultura rimane la più bistrattata fra le attività produttive.

Il presidente Ueli Maurer non l’ha nemmeno nominata quando, pochi giorni fa, ha annunciato altri due miliardi per l’economia: ristorazione e turismo, punto. E dire che secondo l’Ufficio federale di statistica, nel settore culturale lavora il triplo degli impiegati di banca di tutta la confederazione! L’ordine di risparmiare viene dai vertici della SSR, che ha già costretto a drastiche cure dimagranti le due reti culturali radiofoniche tedesca e romanda. In proporzione la Rete Due ha più pubblico delle consorelle, e negli ultimi anni si è aperta a luogo di dibattito grazie a trasmissioni come Moby Dick o Diderot. Come accaduto per il secondo canale televisivo, ora la si considera un lusso di cui si può fare a meno.

Eppure la radio è un medium ad alta produzione e a basso costo. Tutto vien fatto in casa: servizi, approfondimenti, radiodrammi, documentari. Con la spesa per rifare (sempre in peggio) gli studi del TG, alla radio si campa a lungo. È un mezzo che ha nella sua leggerezza la sua più grande virtù. E allora perché sacrificare un’emittente con un’identità forte proprio in un momento tanto delicato, in un panorama dove la perdita di carattere è generale e l‘autorevolezza viene sostituita con la frivolezza? Con tutto il rispetto per il lavoro dei colleghi delle altre reti, io non credo che si riuscirà a far “migrare” la cultura su Rete uno, se non in piccola parte. È questione di spazi, la giornata ha un determinato numero di ore e sulla Uno ci sono fasce consolidate di grande ascolto che non si possono toccare.

Ridistribuire l’offerta sulle tre reti, come ha spiegato il direttore Maurizio Canetta, rischia di provocare proprio la perdita di quelle identità per cui il pubblico può riconoscersi in uno dei tre canali. Per non parlare della perdita di personale, giornalisti e tecnici che difficilmente potranno venire ricollocati. Sarà interessante vedere se il nuovo direttore della RSI, Mario Timbal, uomo che viene dal mondo dell’arte e della cultura, vorrà applicare senza discutere le direttive dei vertici aziendali o si batterà per un settore tematico in cui ha lavorato fino a oggi.

Lucio Caracciolo, giornalista e politologo scriveva pochi giorni fa che è dal cinema, dai libri e dall’arte, più che dai saggi di sociologia, che si capisce lo spirito del tempo. Su Rete Due si parla di cultura in italiano, fatto non trascurabile in una realtà linguistica sempre più minacciata. A Rete Due si ascolta musica che è stata scelta da chi la conosce a fondo e ci accompagna nell’ascolto. Sostituire tutto ciò con gli algoritmi? Che tristezza!