Nessuna persona desidera perdere il proprio benessere. È comprensibile. Se però questo benessere è acquisito a scapito di altri paesi e delle future generazioni, oltre a essere un problema etico/morale, dobbiamo prevedere delle forti tensioni sociali, economiche e politiche che possono sfociare in veri e propri conflitti con chi si sente danneggiato. Certamente noi possiamo pensare di essere “i buoni”, mentre gli altri paesi che aspirano al nostro stesso benessere debbano essere “i cattivi”, perché premono alle nostre frontiere attraverso i flussi migratori oppure attraverso una politica economica aggressiva. Mettendosi nei panni di queste altre persone o popoli, si può però facilmente comprendere cosa significhi percepire che le nazioni benestanti pratichino una politica escludente ed esclusiva, come quella proposta da Udc/Lega.
Perché mai noi dovremmo poter espatriare liberamente in altri paesi o sottrarre a basso costo risorse per stare meglio e lo stesso non debbano poterlo fare persone che stanno decisamente peggio di noi? Perché mai le persone di questi paesi, cosiddetti in via di sviluppo, non debbano poter aspirare a un grado di benessere come il nostro? Queste domande se le stanno ponendo anche i paesi riuniti del Brics Plus (5 miliardi di persone), che giustamente e logicamente si stanno organizzando per far valere i loro diritti. La domanda è se potremo e vorremo accordarci su come soddisfare i rispettivi desideri di benessere, decisamente ancora disuguali, senza far uso della forza e della prevaricazione (come in Ucraina) e rispettando i limiti di risorse e climatici del nostro pianeta.
La Svizzera, che si vuole modello di democrazia, giustizia e pace, può e deve giocare il suo ruolo in questa dialettica geopolitica. Ma non è certamente chiudendoci nella meschina posizione di chi grida “la barca è piena” utilizzando per di più i concetti della sostenibilità e dell’ecologia per giustificare tale posizione, che contribuiremo a una giustizia e pace sociale, ambientale ed economica dentro e fuori i nostri confini. La Svizzera, che vive anch’essa delle disuguaglianze sempre più marcate al suo interno, può e deve proporsi come modello di convivenza pacifica, ritrovando quel senso di giustizia e solidarietà che proclama di voler incarnare. Giustizia e solidarietà – con una migliore ridistribuzione della ricchezza prodotta e un utilizzo sostenibile delle risorse naturali – non solo interna ma anche verso gli altri paesi, affinché questi siano partner di arricchenti scambi reciproci e non fonte di competizioni, scontri e conflitti che nuocciono al benessere di tutte e tutti.
Scegliendo le persone che comporranno il nostro Parlamento, noi scegliamo anche la mentalità e i principi di funzionamento che vogliamo darci nelle relazioni fra di noi e con gli altri paesi. Invece di chiusura, esclusione e sfrenata competizione che incita alla conflittualità, scegliamo solidarietà, ecologia e fiduciosa collaborazione.