Sono 916 le/i candidate/i che si presentano per la corsa ai 90 seggi del Parlamento cantonale. Un primato per il nostro Cantone. Si potrebbe pensare a un successo per la democrazia, a un segnale incoraggiante di vicinanza dell’elettore verso lo Stato, ciò che smentisce quel sentimento latente di apparente disinteressamento della popolazione verso la politica.
Un numero elevato di candidati significa però pure un importante numero di liste, che in ragione del sistema proporzionale porterà, con grandi probabilità (o rischi, a dipendenza dei punti di vista), a un’ulteriore frammentazione della composizione del Legislativo.
La storia ha dimostrato che un Gran Consiglio fatto da molte realtà politiche rende più macchinoso ogni suo processo decisionale. Per assicurarsi il sostegno dei cosiddetti "partitini", i "partitoni" tendono a snaturarsi, tanto da assumere inspiegabili posizioni che confondono persino il proprio elettorato.
Non c’è da sorprendersi. Visto che in Parlamento sono solo i numeri a contare, ogni partito dovrà convincere, non una, ma ben più compagini per raggiungere quella maggioranza necessaria per concretizzare un progetto legislativo. Per guadagnarsi il sostegno di più forze politiche, quella che intenderà portare avanti un proprio progetto dovrà trasformarlo in modo tale da renderlo attrattivo per quei deputati che dovranno essere persuasi per formare la maggioranza indispensabile. Non dovesse succedere il Gran Consiglio non potrà fare altro che decidere di non decidere, ciò che costituisce l’esatto contrario di quello che ci aspetta dal Parlamento.
La governabilità del Cantone è quindi nelle mani dell’elettore, che deve fare una scelta: scegliere una lista, evitando quella senza intestazione. È una questione di numeri, non di schieramento politico.