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Soldi alla 'ndrangheta, una banca in amministrazione giudiziaria

L'istituto finanziario avrebbe fornito finanziamenti per oltre 10 milioni di euro a società vicine alla ‘locale’ di Legnano/Lonate Pozzolo, nel Varesotto

Immagine di archivio
(Ti-Press)
24 ottobre 2024
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La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria per una banca d'affari milanese, Banca Progetto, per aver concesso finanziamenti, come accertato dalle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e del pm Paolo Storari, a società legate alla ‘ndrangheta per oltre 10 milioni di euro. Finanziamenti garantiti dal fondo per le piccole e medie imprese, quindi "aiuti di stato a sostegno dell'economia nell'emergenza del Covid" o "a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina".

La banca, secondo i giudici, "spesso eludendo i principi della normativa antiriciclaggio, ha erogato finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all'interno di dinamiche criminali", a cui viene contestato il reato di trasferimento fraudolento di valori, in alcuni casi commesso con l'aggravante del metodo mafioso, a favore della ’locale‘ di ’ndrangheta di Legnano/Lonate Pozzolo, nel Varesotto.

Le indagini, condotte dal Gico (Gruppo Intervento contro la Criminalità Organizzata) del Nucleo Polizia economico-finanziaria della Gdf milanese e coordinate dalla Divisione distrettuale antimafia (Dda), guidata da Marcello Viola e Alessandra Dolci, hanno evidenziato "diverse criticità sull'operatività dell'istituto di credito, con riguardo ai pericoli di permeabilità dello stesso in relazione ai rapporti con soggetti indagati per gravi delitti o destinatari di misure di prevenzione personali/patrimoniali". Il provvedimento di amministrazione giudiziaria, disposto in base al "Codice Antimafia", è stato eseguito oggi dalla Gdf. E "costituisce il risultato di più ampie indagini" volte "all'approfondimento dei rapporti tra l'istituto finanziario e soggetti legati a consorterie di ’ndrangheta".

Secondo quanto rivelato da uno degli indagati legato a un clan della ‘ndrangheta, il denaro erogato dalla banca è stato fatto confluire in una serie di società riconducibili a uomini dei clan e intestate a prestanome, tramite un giro di fatture false. In tal modo, gli esponenti delle cosche hanno avuto "liberamente accesso al credito", scrivono i giudici. Le dichiarazioni dell'uomo, scrive la Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese, "forniscono una emblematica rappresentazione della condotta omissiva dell'istituto bancario".

Sono situazioni "tossiche" quelle che si sono create e che, per i giudici, necessitano della nomina di un amministratore giudiziario per un anno, nello specifico Maria Pezzuto, la quale affiancherà il management dell'istituto soprattutto per rafforzare i "presidi di controllo interno". Un'udienza per verificare il lavoro che verrà svolto con l'amministrazione giudiziaria è stata fissata per il 25 febbraio prossimo

’Non siamo commissariati'

Banca Progetto, dal canto suo, "anche con riferimento ad alcune erronee notizie di stampa diffuse in data odierna, ritiene doveroso precisare che l'istituto non è commissariato e che né la Banca, né i suoi esponenti e dipendenti, sono oggetto di indagine".

Lo si legge in un comunicato dell'istituto di credito, nel quale si aggiunge che Banca Progetto "intende, quindi, rassicurare i propri clienti e stakeholders che continuerà ad operare in modo del tutto ordinario attraverso i propri organi e strutture interne". "Nell'ambito di un procedimento penale che non riguarda la Banca, il provvedimento è stato emesso in relazione ad asserite carenze istruttorie di 10 finanziamenti su circa 40’000 in essere – aggiunge la nota – ed ha l'obiettivo di verificare, attraverso la nomina del dr. Donato Maria Pezzuto che si affiancherà alle strutture della Banca, l'adeguatezza dei presidi organizzativi e di controllo interni". Banca Progetto "si riserva di assumere ogni più opportuna iniziativa, in relazione alla diffusione di notizie false e diffamatorie per i danni che potrebbero arrecare all'Istituto", conclude il comunicato.

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