I dipendenti dell’Azienda territoriale sanitaria insubria chiedono la sospensione dei provvedimenti contro chi non si immunizza dal Covid
Continua la guerra di carte bollate contro l’obbligo vaccinale previsto dal governo Draghi. Nei giorni scorsi un centinaio di operatori sanitari delle province di Como e Varese, tutti dipendenti dell’Azienda territoriale sanitaria Insubria (Ats Insubria), in quanto spostati ad altre mansioni o sospesi, come prevede la legge, perché rifiutatisi di fare il vaccino contro il Covid, hanno presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia.
Il ricorso è stato depositato nella cancelleria milanese del Tar lombardo lo scorso 9 agosto dall’avvocato Daniele Granara, lo stesso legale che già aveva rappresentato i 300 sanitari del primo ricorso e di altri presentati anche in altre regioni, sul quale i giudici dovrebbero esprimersi entro la fine anno dopo la decisione di non accogliere comunque la richiesta di sospensiva dei provvedimenti. Una decisione che sembra sottintendere l’orientamento dei giudici amministrativi. Una chiave di lettura che sta spingendo le autorità sanitarie delle Ats a passare dal trasferimento ad altre mansioni, anche perché i posti a disposizioni non sono così numerosi, alla sospensione dal lavoro, senza stipendio.
Anche in questo caso, Granara chiede a nome dei ricorrenti di annullare tutti i procedimenti avviati da Ats Insubria “in quanto direttamente contrastanti con il diritto dell’Unione europea e, comunque, viziati da illegittimità propria” e, in via subordinata, di sospendere il giudizio e “rimettere alla Corte di giustizia dell’Unione europea le questioni di rinvio pregiudiziale individuate nella narrativa del presente ricorso”, condannando i vertici di Ats Insubria a risarcire i “danni patiti e patiendi dagli odierni ricorrenti”. Un ricorso cui Ats Insubria ha deciso di opporsi nominando un proprio legale. Cosa a cui d’altronde già a luglio, quando iniziarono i controlli su chi non era ancora in regola con l’obbligo vaccinale, Ats era pronta come spiegava il direttore sanitario Giuseppe Catanoso: ‘La legge è chiara e, piaccia o meno, va rispettata e noi la faremo rispettare”.