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L’Uomo-Fiamma è la favola di un eroe che si spegne

È andata in scena al Teatro Foce la nuova opera di Tommaso Giacopini, ambiziosa, un po' caotica, ma rivelatoria

Visto al Teatro Foce
18 novembre 2024
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Dimenticate i supereroi da copertina. Al Teatro Foce di Lugano, questo weekend, è andato in scena ‘L’Uomo-Fiamma’, la nuova opera di Tommaso Giacopini. Nessun mantello svolazzante, niente addominali da poster in palestra. Con una pancetta rassicurante e quella voglia di vivere del lunedì mattina, questo eroe assomiglia più al collega che si lamenta durante la pausa caffè che al Superman che ci hanno venduto. Interpretato da Massimiliano Zampetti, affiancato da Moira Albertalli e Simone Ganser, ‘L’Uomo-Fiamma’ ci trascina in un mondo dove la vera fatica non è combattere i cattivi, ma sopravvivere al proprio mito (e famiglia).

Su un palco che sembra riprodurre il caos latente di una scena kafkiana, la pièce rompe il ghiaccio con una sigla volutamente kitsch: una parodia dei notiziari Marvel che sembra uscita da un’allucinazione febbrile. Ma è solo un’esca. Quel pandemonio iniziale è il trampolino per una realtà più difficile: l’Uomo-Fiamma non è l’eroe granitico che decantano. È un uomo esausto, e non nel senso poetico del termine: è svuotato, prosciugato da anni trascorsi al servizio del bene comune, mentre la sua vita bruciava fino a ridursi in cenere.

Un eroe in pensione

L’Uomo-Fiamma non è mai stato un eroe mascherato. La sua identità è pubblica, i suoi occhi sputano fiamme, ma nessuno ha mai davvero visto chi è dietro quelle scintille. Non la moglie, ex giornalista investigativa e un tempo sua sostenitrice, che ora lo usa come punching ball emotivo. Non il figlio, che tra un sermone sui cetacei e l’altro si perde in un egocentrismo generazionale stereotipato. E nemmeno lui stesso, che si sente spremuto fino all’osso da un mondo che lo ha elevato a icona, ma mai davvero compreso.

Così decide di mollare. Di dire basta. L’annuncio del ritiro è il detonatore che fa esplodere la sua famiglia in una serie di psicodrammi narcisisti. Come farà la moglie, a mantenere lo status di moglie di un eroe? E Mattia, il figlio trentenne per cui vivere all’ombra del padre famoso è ormai diventato il tratto distintivo della sua personalità?

La star dello spettacolo

Nonostante il titolo, la stella dello spettacolo non è l’eroe, ma Debora, sua moglie. È lei a riempire la scena, divorando gli altri due personaggi con una presenza tanto petulante quanto magnetica. A confronto, il povero protagonista sembra relegato al ruolo di comparsa della sua stessa vita: lui si consuma, lei risplende. In scena è asfissiante, una presenza e tono di voce quasi insopportabili. Ma poi, nei momenti di pausa, quando la narrazione si congela e i personaggi danno voce ai propri pensieri, emerge la sua profondità e rabbia. È una donna ferita, reclusa nel ruolo di moglie e madre, che ha sacrificato ogni ambizione per una famiglia che ormai sembra un campo di battaglia e quel figlio ossessionato dai delfini che a trent’anni non riesce ancora a vestirsi da solo.

Una partita a ping-pong

Lo spettacolo si muove come una partita a ping-pong: battute rapide e dialoghi serrati che rimbalzano da un lato all’altro del tavolo da pranzo. La scena è statica, tutta racchiusa in una stanza: un momento specifico, quello prima che l’eroe riceva un premio alla carriera. In questa arena si combatte, si grida, si sussurra (forse un po’ troppo, Debora, perché a tratti delle ultime file si faticava a seguire la scena) in un gioco narrativo che ricorda ‘Chi ha paura di Virginia Woolf?’ di Edward Albee. Tuttavia, questa scelta narrativa, per quanto brillante, comporta un rischio: verso la fine, quando la corsa adrenalinica rallenta per farci scendere dalla giostra, il cambio di ritmo può lasciare spiazzati. Il fatidico discorso del premio alla carriera dell’Uomo-Fiamma, che dovrebbe rappresentare il culmine emotivo, arriva con una calma che colpisce, sì, ma non brucia. Dopo tanta tensione e tiri mancini, il finale sembra perdere un po’ il fuoco che avevano acceso le montagne russe delle scene precedenti, lasciandoci con l’impressione di uno spettacolo che, nella sua ultima curva, fatichi a mantenere lo slancio iniziale.

Bruciare lentamente, consumarsi insieme

L’Uomo-Fiamma è uno spettacolo ambizioso, riflessivo e un po’ caotico, che smaschera un mondo pronto a declamare altruismo, ma abilissimo a prosperare sull’egoismo. È anche il ritratto di una famiglia che si è persa nei sacrifici invisibili, nelle lotte di potere silenziose e nei troppi non detti. E davanti a tutto questo, nemmeno i superpoteri possono fare miracoli: L’Uomo-Fiamma è un eroe che arde piano, consumandosi in una luce che, nel bene e nel male, finisce per illuminare anche noi.