La chiusura di questa edizione salvata dalle acque è stata affidata a Pascal Marsault, titolare dell’organo Cavaillé-Coll del Saint-Ignace di Parigi
Sono riuscito a seguire solo due dei cinque concerti salvati dopo l’alluvione, ma ho avuto fortuna di ascoltare due grandi organisti. Dopo la catalana Loreto Aramendi, ha chiuso il Festival di quest’anno Pascal Marsault, titolare dell’organo Cavaillé-Coll del Saint-Ignace di Parigi, con un programma esteso su compositori di tre secoli. Dai cugini nati a sei mesi di distanza Johann Gottfried Walther (1684-1748) e Johann Sebastian Bach (1685-1750), al francese vivente Julian Bret (*1974).
Elenco le otto opere del programma. Johann Gottfried Walther, Concerto in h-Moll LV 40; Claude Debussy (1862-1918), Sarabande (da pour le piano – 1901); Johann Sebastian Bach. “Wachet auf, ruft uns die Stimme” BWV 645, “Nun komm der Heiden Heiland” BWV 659, BWV 660 e BWV 661; Gaston Bellier (1863-1938), Toccata en re mineur; Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) Variations sérieuses op. 54; Théodore Dubois (1837-1924), Toccata (da Douze pièce pour orgue); Jehan Alain (1911-1940) “Variation sur un thème de Clement Janequin”; Julien Bret, “La Valse des anges”.
Ho riservato ai dieci titoli del programma un intero capoverso, che il lettore può saltare, perché mi è sembrato che l’eccellente interpretazione di Pascal Marsault avrebbe potuto suggerire un percorso catartico non solo dalla musica di Bach a quella di Alain, ma dal pensiero di Baruch Spinoza a quello di Albert Einstein o dalla pittura di Jan Vermeer a quella di Pablo Picasso.