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Messaggio per voi dalla razza robotica: sono tornati i Rockets

Aspettando date ticinesi, il tour teatrale per ‘The Final Frontier’, che si annuncia ‘degno del Galaxy Tour del 1980’. Parla Fabrice Quagliotti

Tra gennaio e febbraio
(Yamile Barcelo)
23 dicembre 2024
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Che si tratti di creature aliene, viaggi interplanetari, guerre stellari e dimensioni parallele, lo spazio non passa mai di moda. Nemmeno lo space rock, che dalla fine degli anni Sessanta in poi combina la musica con la fantascienza (i testi, ma anche i ‘suonini’ sci-fi). Pink Floyd a parte, ai quali il genere si fa risalire, nessuno che sia sulla cinquantina ha mai dimenticato quel manipolo di francesi avanti anni luce a partire dall’outfit, la cui ‘spazialità’ ha ispirato non pochi. Si guardi al look dei Daft Punk e poi si spulci negli archivi dei Rockets, band di space rock dal grande successo soprattutto in Italia, che prima di dipingersi le teste d’argento indossavano un casco da motociclista. E ci si metta pure che il babbo di uno dei Daft Punk presenziava alle session dei loro primi dischi.

Talebani e nuovi fan

Sono corsi e ricorsi storici raccontatici tempo fa da Fabrice Quagliotti, che nel 2025 festeggerà 47 anni nei Rockets. Lui c’è dai tempi di ‘On The Road Again’ (1978), ‘Plasteroid’ (1979) e ‘Galaxy’ (1980, l’album dello space-tormentone Galactica e dalla copertina ‘iconica’, come si dice oggi), punti fermi di una discografia che dopo ‘Atomic’ (1982) vide le teste diventare color pelato naturale e la band scemare di popolarità, senza mai essere abbandonata dal suo pubblico, fino al ritorno discografico importante dagli anni dieci dei Duemila.

«Sì, abbiamo lo zoccolo duro – dice Quagliotti – e solo un 5% di talebani pressoché irrecuperabili, ma soprattutto abbiamo tanti nuovi giovani fan che hanno scoperto la nostra musica tramite lo zio, il padre o la madre». I talebani irrecuperabili sono «quelli che ti dicono ‘no, no, i Rockets devono fare quello che facevano prima’, o che l’unico che deve cantare è Gérard (‘Little’ Gérard L’Her, basso tastiere e voce dal 1974 al 1984, ndr), altri che rispondono ‘ma Gérard è irrecuperabile!’ e altri ancora che chiedono che torni a cantare Christian (Le Bartz, ndr), che non ha mai cantato. I talebani comunque sono pochi, meno male».

Il tardo 2024 ha visto arrivare ‘The Final Frontier’, il dichiarato ritorno dei Rockets alla silver age, all’età dell’argento. Un album che con le sue 10 tracce su vinile e 4 bonus su cd rinverdisce i fasti di inizio carriera, un album che ha rischiato di non esistere. «È vero, avrei voluto chiudere con ‘Wonderland’, poi è arrivato ‘Alienation’, perché era tanto che non facevamo dischi e il momento era giusto per pubblicare il ghost album (il seguito di ‘Galaxy’, le registrazioni del tempo, che fino al 2021 non avevano mai visto la luce, ndr). Poi è uscito ‘Time Machine’, perché il discografico sosteneva che tutti prima o poi fanno un disco di cover».

Quando John (Biancale, frontman dal 2005 al 2023, ndr) se n’è andato, nei Rockets è arrivato Fabri Kiarelli, che ha cantato tutti brani di ‘Time Machine’. «Mi sono innamorato della sua voce. Mi sono detto che con questo cantante a disposizione non avremmo potuto chiudere la carriera in quel punto». E dunque tutti in studio da fine settembre 2023 per ‘The Final Frontier’. Per chi avesse vissuto le teste argentate come elemento di distrazione, o non amasse il glam rock, anche ‘The Final Frontier’ è space rock colto, immediato come ‘All 4 One’ o nordico come ‘Ride The Sky’, con dentro splendidi sintetizzatori, una suite strumentale e l’immancabile vocoder (‘Cyber Love’) a rendere il tutto assai familiare. «Fabri è un vero rockettaro – dice ancora Fabrice – e a me il rock piace, ma per un tastierista le cose sono molto diverse che per i chitarristi, anche se alla fine ho scritto ‘All 4 One’, che è molto rock. Ci siamo divertiti, credo sia un album forte e un ritorno voluto alle origini, all’album, del 1976 e al suono di ‘Plasteroid’. C’è del prog come in ‘Astrolights’, dell’hard rock come ‘Fils Du Ciel’».

Forse nemmeno i talebani irrecuperabili avranno rimostranze sulla presenza nel disco di Alain Maratrat, chitarra tastiere e voce dal 1974 al 1992, che in ‘Cosmic Castaway’ completa il viaggio a ritroso nel tempo. «Con Alain ci sentiamo spesso. Da tre anni è malato, ha grosse difficoltà. Avrei voluto fare un paio di brani con lui sul mio disco solista, ‘Undo’, ma non ce la faceva. Gli ho detto di curarsi per bene e che ci saremmo sentiti più avanti. Quando ho composto ‘Cosmic Castaway’ mi è subito sembrato un brano su misura per lui: mi ha detto ‘le chitarre te le faccio con piacere’. Erano due anni che non suonava, chemio e radioterapia ti bruciano le mani, è un delirio, ma per essere stato fermo tutto questo tempo ha fatto una magia». L’album è dedicato a lui.

Con o senza le cupole

E adesso “message to you from the robotic race” (da ‘Galactica’): a parte la data del 31 dicembre, in diretta su Radio Due e Rai Play da Foligno, e aspettando che i nostri atterrino anche in Svizzera, il 2025 dei Rockets inizia con 11 concerti in un mese nei teatri, tra fine gennaio e fine febbraio: Bologna, Schio (Vicenza), Udine, Firenze, Ancona, Pescara, Milano, Torino, Roma, Trento e Genova. La prevendita è aperta su www.ticketone.it/artist/rockets. «Porteremo il nostro stage multilivello sul palco del teatro, con laser, dimensione 3D e altre belle cose. Per la nuova immagine ci siamo affidati a Katia Creative, una ragazza che va molto forte tra i cosplay. Mi ha chiesto di inviarle alcuni brani e in base alla musica ha creato i nostri outfit». Quanto al resto, le note promozionali parlano di concerti “all’altezza del Galaxy Tour degli anni Ottanta”. «Sono molto stressato, è una rinascita, tengo molto a quel che sta per accadere».

Un ultimo messaggio della razza robotica ai bambini del 1980, che nei giorni del tour di ‘Galactica’ videro i Rockets uscire, in un tripudio di laser e fumi, da strutture sferiche primordiali che non hanno mai dimenticato: «Stavolta – chiude Fabrice – non ci saranno le cupole, ma sarà comunque un grande spettacolo».