Tocca anche la Spagna, a Bellinzona per una delle molte sinergie di un festival/fiera che torna dal 5 al 9 giugno. A colloquio con Gianfranco Helbling
«Nel Centro festival, poco fuori dal Teatro Sociale, creiamo un forte punto di attrazione e d’incontro che ci immaginiamo possa diventare un luogo di convivialità prima e dopo gli spettacoli; ci saranno diversi momenti gratuiti, e sedie a sdraio, un modo molto piacevole di entrare nell’estate. Miglioriamo ulteriormente l’Officina Nephos, che lo scorso anno fu la scoperta. Quest’anno la doteremo di una tribuna». Abbiamo chiesto a Gianfranco Helbling, direttore del Teatro Sociale, un buon motivo per seguire il Territori 2024, il festival bellinzonese dedicato alle arti sceniche e performative in programma dal 5 al 9 giugno, e di buoni motivi ne sono usciti molti di più. Già ne erano usciti lo scorso anno, quando la collaborazione tra il Sociale e la piattaforma artistica ticinese Zona’B aveva riportato in vita l’evento dopo una pausa di cinque anni, accogliendo a Bellinzona oltre 1’700 spettatori.
Nulla cambia nei suoi intenti: Territori vuole valorizzare la nuova scena artistica della Svizzera italiana, aprendo verso altri territori, appunto, artistici e geografici. Un primo territorio, non lontano da qui, è quello rappresentato dall’Accademia Dimitri, presente con ‘Spring Fever’, lavoro collettivo di fine formazione da poco transitato per il Lac, e dalle numerose date anche fuori Ticino. Allo spettacolo diretto da Philipp Egli si uniscono la ‘Notte dei corti’ (quattro dei più interessanti lavori individuali) e un incontro con i giovani artisti. Territori presenta anche le ultime produzioni di Manuela Bernasconi, Léna Sophia Bagutti, Tommaso Giacopini, Camilla Parini, Igor Mamlenkov, Alessia Della Casa e Jess Gardolin con Marzio Picchetti. Due i bellinzonesi in questo contesto: Luna Scolari, nella suddetta ‘Notte dei corti’, e Rocco Schira, pronto a inaugurare lo spazio Underground nei sotterranei del Sociale con il work in progress di ‘Mofo’.
Una novità salta all’occhio nel Territori 2024 ed è il ponte verso la Spagna nato dalla collaborazione di Zona’B con FiraB!, sorta di omologo spagnolo tramite il quale arrivano a Bellinzona due degli spettacoli andati in scena lo scorso anno al festival maiorchino: la commistione di canto e danza intitolata ‘A beginning #1616D’ della compagnia di Aurora Bauzà e Pere Jou, al Teatro Sociale, e ‘La fine delle cose’, performance di Inés Sarmiento Huerta sulla maternità e le sue radici antropologiche, all’Officina Nephos. Ma entriamo più nei dettagli…
Gianfranco Helbling: come arriva la Spagna a Territori?
PhilaB! è un contatto di Zona’B, piattaforma che ha tra i suoi scopi quello di promuovere la diffusione degli spettacoli ticinesi fuori cantone. Quella spagnola è una sorta di fiera del teatro delle Isole Baleari. Da colleghi, da persone attive sugli stessi fronti, è nato un rapporto tra i maiorchini e Territori, evento che è di suo, almeno in parte, una vetrina della scena della Svizzera italiana. Si è provato a tessere una relazione che potesse andare al di là dell’assistere ai rispettivi spettacoli, da qui l’invito ai due titoli in cartellone, con l’obiettivo che anche spettacoli dalla Svizzera italiana possano essere mostrati in futuro a PhilaB!, sostanzialmente un evento per tutti ma particolarmente indirizzato agli operatori, un festival che assorbe entrambe le funzioni proprio come Territori. Fermo restando che le proporzioni sono assai impari: il Ticino e le Baleari hanno in comune in fatto di essere entrambe delle isole, dopodiché le dimensioni delle Baleari sono molto maggiori e l’investimento delle autorità locali per uscire dall’isola altrettanto…
L’apertura alla Spagna rappresenta la volontà di dare a Territori una dimensione più internazionale?
Avevamo in programma di aprire una finestra simile con Extratime Plus, progetto di sostegno alle giovani compagnie che unisce il far°Nyon, Südpol Lucerna e il Fit Lugano, ma per ragioni di date non è stato possibile invitare gli spettacoli promossi lo scorso anno in quest’ambito. Abbiamo comunque ‘Je Suisse (or not)’ di Camilla Parini, che era stato sostenuto in quell’occasione. L’intenzione, più che quella dell’internazionalità, era quindi di estendere Territori a una collaborazione all’interno della Svizzera. Non vogliamo essere esclusivi sulla Spagna e non necessariamente la collaborazione dovrà accadere ogni anno o per sempre, ma è un tipo di sinergia che trovo interessante per i professionisti, perché regala opportunità concrete.
Territori è tornato nel 2023 dopo lunga pausa. Com’è tornare senza il vuoto alle spalle?
È un bel ritorno. Dovremo verificarlo, ma abbiamo trovato una collocazione temporale ideale. Territori era nato come festival estivo, poi ci siamo accorti che a metà luglio facevamo molta fatica a trovare il pubblico, che in quel periodo dell’anno ha altri ritmi e poca voglia di chiudersi in un teatro. Del resto sono pochi i festival, in tutta la Svizzera, che si svolgono al di fuori del periodo scolastico, di norma programmati tutti o poco prima della chiusura delle scuole o subito dopo la riapertura. Abbiamo così deciso di anticipare: lo scorso anno avevamo ripreso a marzo per ragioni contingenti e l’esperienza era stata ottima anche come verifica di potenziale della piattaforma professionale, ora cade in giugno, un modo per chiudere la nostra stagione e dare al pubblico un arrivederci all’autunno in modo festoso.
Qualche settimana fa su queste pagine, Julie Paucker, direttrice artistica delle Giornate del Teatro svizzero, identificava il 2024 come il vero ritorno post-Covid del pubblico…
Noi ce ne siamo accorti da un anno. Una delle cartine di tornasole di questo ritorno è stato proprio il Territori 2023. Non ci aspettavamo una tale risposta di fronte a una proposta che era totalmente ticinese e temevamo poco appetitosa, e invece ci siamo accorti che esiste l’interesse di constatare cosa sia in grado di fare la giovane scena locale. Da questo punto di vista siamo sereni. Bella è stata anche la risposta dei programmatori venuti dalla Svizzera tedesca e dall’Italia, in tutto una ventina, a Bellinzona per vedere cosa stanno creando le compagnie in Ticino.
A questo proposito: come sta la scena ticinese?
Dalle Giornate del Teatro svizzero a Lugano è uscita un’immagine più severa di quel che merita la scena ticinese, che credo stia vivendo un momento di forte rinascita fatto di creatività e collaborazioni. Invito tutti a pensare dove eravamo solo dieci anni fa, con la scena teatrale depressa, dispersa. E non è stato soltanto l’avvento del Lac a far ripartire il lavoro su questo territorio. Si può sempre migliorare, ma credo che una parte importante della fioritura della scena indipendente locale si debba anche al dialogo con due istituzioni, quella più grande del Lac e quella più piccola del Teatro Sociale.