È nelle sale l’ultimo film di Yorgos Lanthimos, un viaggio psichedelico e divertente attraverso l’ipocrisia della natura umana
Afflitti da uno stato di delusione nostalgica, nell’arte come in tutte le cose, si tende a svalorizzare le opere del presente in favore di quelle del passato, reputate più vere, genuine e provenienti da un’inventiva più creativa, forse oggi calante. Difficile dare ragione a quest’assunto, visto che giovani provenienti da diversi Paesi stanno raccogliendo le rispettive eredità artistiche con una visione moderna e talvolta davvero sorprendente, senza dimenticarsi poi il ritorno di grandi autori come Scorsese, Bellocchio, Fincher, Miyazaki e, da poco, Yorgos Lanthimos. A distanza di cinque anni, il regista greco torna nelle sale e nei festival cinematografici con grande forza e con la sua peculiare e riconoscibile impronta visiva e sonora, forse addirittura superando sé stesso con questo nuovo ‘Povere creature!’, un film denso, interessante quanto delirante e che riconsolida, inoltre, lo straordinario talento poliedrico di Emma Stone, sempre inarrestabile quando recita sotto la direzione di registi europei, cosa che non accade sovente. Quella forma di distopia dal retrogusto thriller-horror che è un tratto stilistico unico, accostabile a quello di Terry Gilliam dei Monthy Python ma meno kafkiano, è un elemento di Lanthimos divenuto ormai tradizionale; tuttavia, sembrava aver cominciato a dirigersi verso una realtà più tangibile: la componente dell’assurdo di ‘The Lobster’, che lo aveva consacrato, poi sempre più repressa nei successivi ‘Il sacrificio del cervo sacro’ e ‘La Favorita’, qui esplode totalmente in un epico gioco della percezione, andando di pari grado con i primi passi alla scoperta della sua protagonista, Bella Baxter.
Bella è una bambina intrappolata nel corpo di un’adulta. Originariamente, era una suicida, è rinata grazie a un intervento di trapianto cerebrale e deve quindi crescere, ripartendo da zero. Vive con il visionario scienziato nonché suo salvatore Godwin Baxter, deformato dagli esperimenti chirurgici del padre. Bella affronta l’infanzia nel gioco e nella più totale spensieratezza, accompagnata dalla presenza di Max McCandles, giovane assistente di Godwin e incaricato di monitorarla.
La loro interazione la porta a fare grandi passi velocemente e – dopo esserle stata promessa in sposa, a patto che i due vivano per sempre alla villa di Godwin – la ragazza decide di partire con il depravato Duncan Wedderburn, autenticatore del suo contratto prematrimoniale, persuasa dal fascino della scoperta. Così comincia un viaggio che la porterà a fare esperienze assurde, a scoprire soprattutto i piaceri e alcuni dolori del mondo, costantemente alla ricerca di sé stessa, in bilico tra la propria verità delle cose e la propria naïveté.
‘Povere creature!’ è sicuramente un film ingegnoso, con una colonna sonora piacevolmente disturbante e nel quale la regia assume un ruolo libero, anche nel suo essere molto focalizzata: all’interno del quadro avviene tutto e viene osservato in maniera distorta, come attraverso il buco di uno spioncino, con un utilizzo quasi morboso del grandangolo fisheye che qui trova un forte senso di connessione con la narrazione e con la condizione speciale della protagonista, imprevedibile quanto svampita. Da un inizio in bianco e nero, perché anche al colore ci si accosta per gradi, ci si muove in un mondo steampunk sempre più aperto e sgargiante, un folle e favoloso mondo di Amélie che si apre davanti a Bella, protagonista magnetica che riesce a far sospendere del tutto il giudizio dello spettatore, anche quando la sua condotta è moralmente deprecabile.
La sua esplorazione genera situazioni contraddittorie, talvolta esilaranti, soprattutto nel suo rapporto con gli altri: insegna e impara da ogni personaggio che incontra, alimentando la propria sete di sapere, quindi da una fase iniziale puramente emotiva comincia a relazionarsi con la logica, senza tuttavia mai abbandonare la propria impulsività, la propria pazzia, proprio perché riconosciuta come una parte integrante di sé. Un istinto che è qualcosa di primordiale, condiviso da tutti noi, in quanto individui, l’incontro paradossale tra la bestialità della natura e l’essere umano nel suo anelare a essere migliore, tra goffi tentativi.