laR+ La recensione

Tu chiamalo se vuoi ‘Un colpo di fortuna’

Presentato e applaudito a Venezia 80, è nelle sale il bel thriller romantico di un parigino Woody Allen

Da sinistra, Niels Schneider (Alain) e Lou de Laâge (Fanny)
7 dicembre 2023
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Se è carattere di stampa ‘Windsor Light Condensed’, bianco su fondo nero, se è lo swing nei titoli di testa (stavolta col piano elettrico), se è la fotografia di Vittorio Storaro, allora è un film di Woody Allen prima che sullo schermo si legga ‘Regia di’. Font e musica sono i punti fermi di una filmografia che va più o meno da ‘Io e Annie’ a ‘Un colpo di fortuna’ (Coup de Chance), nelle sale da oggi, primo film del regista newyorkese girato interamente in lingua francese.

Amore e trenini

La storia. L’incantevole Fanny (Lou de Laâge), spirito ribelle ai tempi del liceo, ha sposato l’irritante, laccato e un tantino viscido Jean (Melvil Poupaud), uomo d’affari non limpidissimi, sintetizzabili con il concetto “aiuta i ricchi a diventare ancora più ricchi”. A minare quel che solo all’apparenza è il perfetto equilibrio di coppia, compare – per caso, per strada – l’ex compagno di scuola Alain (Niels Schneider), che apre in Fanny ricordi parigini di vita bohemiènne. Alain ha sempre avuto una cotta per lei, è uno scrittore e al jet set e ai trenini elettrici di Jean, che al suo plastico d’epoca ha dedicato un’intera ala della casa, preferisce le bancarelle sulla Senna e le librerie del centro storico.

In Fanny, il fuoco non ancora spento per tutto ciò che nella vita ha un senso la avvicina ad Alain più del dovuto: un pranzo frugale apre a un altro pranzo frugale, una passeggiata nel parco apre a un’altra passeggiata nel parco, una chiacchierata sulla panchina – sempre dopo una passeggiata nel parco – apre all’amore non più platonico, da consumarsi in una di quelle mansarde di Parigi col bagno piccolo piccolo e la finestrella che dà sui tetti della città.

Una volta che la passione è sbucata da tutti i pori, Jean si accorge che Fanny è cambiata: gli orari che non collimano, il telefonino rivelatore e gli “scusa, ho mal di testa” bastano a un marito già affetto da manie di controllo per rivolgersi a un investigatore privato che gli dica quel che non vorrebbe mai sentirsi dire. La verità potrebbe fare ancor più male a un uomo che, si dice, avrebbe fatto eliminare il socio in affari in modalità poco ortodosse. Eppure, nessuno ha mai dubitato di lui: nemmeno la madre di Fanny, Camille (Valérie Lemercier), ospite della coppia nei giorni di crisi coniugale, ne ha mai messa in discussione la moralità. O almeno, non ancora.

Gioco, partita, incontro

Come in un gioco dell’oca, chiunque cercasse l’Allen dalle battute al fulmicotone dovrà tornare alla casella precedente e a quella precedente ancora, al ‘Rifkin’s Festival’ boicottato dal Covid e, ancor prima, a ‘Un giorno di pioggia a New York’ boicottato dal #MeToo. Presentato e applaudito fuori concorso a Venezia 80, puntellato dall’incalzante ‘Cantaloupe Island’ di Herbie Hancock, ‘Un colpo di fortuna’ ha un piede nelle migliori storie d’amore del regista (che sia Parigi o Manhattan poco importa, tutto inizia sempre per strada) e l’altro tra le bassezze umane di ‘Crimini e misfatti’ e ‘Match Point’.

Il regista torna così al thriller, l’unica forma di cinema che, dietro la macchina da presa, l’abbia mai intrigato (parole sue); torna all’Europa, dalle cui cinevisioni i cineasti statunitensi hanno copiato tutto (“solo il dixieland è un prodotto americano”, altre parole sue) e torna a celebrare il caso come momento imprescindibile delle nostre esistenze, qui unito alla scarsa propensione di molti a essere quel che potrebbero essere, vuoi per paura, vuoi per comodità, vuoi per convenzioni sociali, noia, mancanza di autostima, varie ed eventuali. E proprio come in ‘Match Point’, anche in questo grazioso ritratto delle fragilità umane c’è una pallina da tennis che, alla fine, cadrà da una parte o dall’altra del nastro (gioco, partita, incontro).