Occasione per affacciarsi al cinema locale e osservarne le potenzialità presenti e future, il film tutto ticinese è nelle sale
‘Papaya 69’, una produzione Picfilm e Rsi in collaborazione, tra gli altri, con la Ticino Film Commission, fa il suo debutto nelle nostre sale cinematografiche. Prodotto tutto ticinese, scritto e diretto da Riccardo Bernasconi e Francesca Reverdito, alla loro opera prima, interpretato da Rosanna Sparapano, Valentina Violo, Leart Dokle e il grande Teco Celio. Una storia d’amicizia inconsueta, di tinta tragicomica, che è un buon punto di partenza per cercare di accrescere il cinema locale e i nostri giovani cineasti.
È notte e una giovane donna sudamericana, Eva, è in fuga dall’ex marito André, che la cerca a bordo della sua vettura. Rifugiatasi in una zona di deposito di treni, quindi in un bus di cattolici che invocano canti a Padre Pio, Eva si nasconde poi nel bagagliaio di un’auto. La donna alla guida si presenta come Rainbow, una giovane alternativa che, anche se inizialmente spaventata, decide di darle rifugio in casa propria. Rainbow è in realtà Concetta Di Girolamo, conosciuta come Papaya 69, in passato per un omonimo telefilm di successo, nel presente come cam-girl su siti per adulti. Lasciata in cucina durante uno di questi show, Eva è costretta a urinare in un vaso ma è inconsapevole che le telecamere registrano in tutta la casa. La sera stessa scappa dall’abitazione ma non sa che, grazie a quella fortunata coincidenza, il canale di Papaya esplode di iscritti e visualizzazioni.
Ruby, l’ilare produttore del canale e residente in un campo caravan di balcanici, vuole sfruttare la situazione, quindi decide di narcotizzare e rapire Eva, per poi proporle un lavoro come partner di Rainbow, offerta che la donna accetta ma richiedendo in cambio un pagamento. Parallelamente, Eva cerca di riavvicinarsi a sua figlia Blanca, lasciata anni prima ai due coniugi anziani Massimo e Valeria, ma viene ostacolata da quest’ultima. Rainbow tenta senza successo di scrollarsi di dosso il personaggio di Papaya 69, molto simile a Sailor Moon, ma i provini come attrice non vanno bene e, in più, rincontra la madre e soprattutto i traumi che essa le ha generato in passato. Mentre Rainbow si decide a raggiungere un rifugio per cani in Costa Rica, che aveva sovvenzionato anni prima, Eva scopre che sua figlia è una grandissima fan di Papaya 69 ed è quindi determinata a regalarle un incontro con lei, per il suo compleanno. Questi rocamboleschi tentativi di convincere Rainbow a posticipare la sua partenza, con l’aiuto di Ruby, non funzionano, tuttavia la ragazza cambia comunque idea e decide di apparire da Blanca per renderla felice, accettando anche quella parte di sé che era abituata a respingere e odiare.
Una buona prova per il direttore della fotografia Giacomo Frittelli, che riesce a dare un tono visivo funzionale alla drammaticità della scena, ricordando il genere noir e i suoi duri tagli della luce. Una scrittura generale traballante ed è difficile percepire un’urgenza del film, tuttavia riescono a emergere alcune singole situazioni o scene, sia per quanto riguarda il lato comico e di divertimento, sia per la loro credibilità. Un’ottima prova d’interpretazione per Rosanna Sparapano (Eva) e soprattutto Valentina Violo (Rainbow), mentre colpisce con la sua forza e genuinità Leart Dokle (Ruby), che è anche forse il miglior personaggio da un punto di vista di scrittura e coerenza, una simpatica versione ticinese del memorabile Mickey interpretato da Brad Pitt in ‘The Snatch’. Teco Celio convince come spesso accaduto nella sua ottima carriera, nonostante un parlato particolare che però riesce a rendere caratteristico e intrigante allo spettatore, anche in un personaggio secondario.
Nonostante il cinema ticinese abbia una misteriosa mancanza per poter fare confronti con il livello dei film che molti o tutti siamo abituati a vedere, soprattutto per quanto riguarda il cinema d’autore che è probabilmente più alla nostra portata del grande blockbuster, ‘Papaya 69’ è sicuramente un buon inizio su cui investire le nostre risorse, per cercare di dare alla luce prodotti che si inseriscano nell’arte in modo concorrenziale con i nostri vicini europei, da un territorio che sappiamo essere piccolo ma che non nasconde un grande potenziale da sfruttare.