Peter come il nome comune, Kernel nel senso di colonnello. Il 13 ottobre esce ‘Drum to Death’, nuovo album della coppia ticinese. Lo abbiamo ascoltato
‘Drum to Death’ è il settimo album dei ticinesi Peter Kernel (Barbara Lehnoff e Aris Bassetti i membri). Per questo disco hanno sperimentato con un batterista differente per ogni brano. Di questo e di molto altro abbiamo parlato con Aris Bassetti, chitarrista e voce della band.
Aris Bassetti: quando uscirà il disco nuovo?
Il 13 ottobre uscirà l’album digitale, mentre i dischi arriveranno l’8 dicembre. Nel 2020 iniziammo a lavorare su ritmi richiesti a vari batteristi, visto che ci eravamo resi conto di quanto questa parte sonora fosse fondamentale per noi. Prima con Cosmic Neman, poi con Kevin Shea, via via con gli altri. Tra una sortita di Camilla Sparksss e una di Mortorì, Peter Kernel si è trovato a comporre su quanto ricevuto dai musicisti. Lo promuoveremo una volta uscito, suonandolo in parte già a partire da questo fine settimana.
Chi è Peter Kernel?
Forse, più di cosa sia… di sicuro è un brutto nome che abbiamo scelto 18 anni fa, per dare sfogo ai nostri interessi culturali. Poi gente si è aggiunta, se n’è andata ma tutti sono stati parte di Peter Kernel. Potrebbe essere qualcosa che ci manca o qualcosa di troppo. Uno dei nostri obiettivi potrebbe essere quello di fare un film dove spieghiamo finalmente chi sia Peter Kernel. Peter è un nome comune e Kernel sta per il grado di colonnello. Funziona, è semplice da trovare subito online, una specie di collettivo attorno a noi.
Che tipo di lavorazione avete dovuto impostare con i batteristi? Siete riusciti a incontrarli?
Abbiamo incontrato soltanto Ema Matis, con tutti ci siamo limitati a chieder loro dei ritmi, per poi lavorarci in un secondo momento. Alcuni si sono sfogati, con delle soluzioni piuttosto astruse, altri invece sono stati più ortodossi. Una lavorazione hip-hop, partendo dalle loro proposte, riprendendo le nostre strade e andando anche per vie traverse, in territori che ancora non avevamo esplorato in diciotto anni di musica.
Tornate con materiale nuovo dopo cinque anni. Decidete di farlo in maniera collaborativa con una congrega di batteristi. Dopo 18 anni di carriera pensate di avere ancora strade da percorrere e brani da scoprire come tali?
Siamo stati rallentati da alcune cose, i progetti singolari e la situazione da poco passata, ma per noi la cosa più naturale al mondo, musicalmente parlando, è Peter Kernel. Abbiamo già tutte le idee per il prossimo disco, l’idea di diventare una Guggen e fare concerti senza elettricità sullo stile delle marching band… sembriamo molto lenti perché stiamo facendo molte cose ma le idee per Peter Kernel sono ancora moltissime.
Ho percepito in più brani una certa influenza andalusa o nordafricana. Cosa avete ascoltato durante la composizione?
In realtà già da sei, sette anni ascoltiamo molta musica sudamericana, Louis Sabo Martinez, Dengue Dengue Dengue, Meridian Brothers, Ibrahim Ferrer. Cose anche più percussive, molto diverse dal nostro suono. I batteristi poi probabilmente ci hanno stimolato ad andare in questa direzione, quindi ci siamo decisi di abbattere qualche frontiera e di fotografare il momento.
Ho avuto il piacere di vedere la vostra esibizione alla Straordinaria a Lugano circa sette mesi fa, con ben tre batteristi ad accompagnarvi. Che tipo di occasione avete pensato per presentare il disco ai vostri pubblici?
Inizialmente volevamo fare una residenza con tutti i batteristi ma fatti due calcoli ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile da sostenere. Poi abbiamo pensato di prenderne tre e facendogli fare tutto il disco in tour con noi, poi abbiamo ragionato sul fatto che non ci capita molto spesso di lavorare con un batterista soltanto. Quindi abbiamo chiesto ai coinvolti di darci le loro disponibilità e la scelta è cascata sul prescelto Hugo Panzer, che ha imparato parte dei pezzi. Ne proporremo circa la metà di quelli presenti sul disco e suoneremo quindici date fra Francia, Belgio, Lussemburgo e Italia. In una seconda porzione di tour, nel 2024, raggiungeremo Danimarca e Germania.
‘Drum to Death’. Il battito, la pulsazione, la botta. Sono la prima cosa che i nostri genitori sentono della nostra vita e l’ultima che ci manterrà a questo mondo. Se dovessi scegliere un brano ciascuno per coronare benvenuti e addii che tipo di scelte faresti?
Uuh, domanda difficile, nostri o di qualsiasi artista? Per l’entrata un pezzo nostro dal disco nuovo: ‘Shhh’, con Simone Aubert degli Hyperculte, che inizia quasi come una retromarcia. Poi ripescherei da Thrill Addict Ectasy come uscita dal mondo.
Avete in programma date in Ticino per i prossimi mesi? Cosa sta succedendo di buono nel nostro cantone musicalmente parlando al momento?
Magari l’anno prossimo! In Ticino ci sono diversi progetti interessanti: Scopamare, Monte Mai, Tatum Rush, Julie Meletta. Cose diverse che si muovono in maniera seria e determinata.
Inizia Tam Bor il viaggio attraverso i batteristi: ‘Eeoo’ unisce Andalusia, Maghreb, lingue, mani e sciamani. Poi pescano Simone Aubert e con ‘Shhh’ confermano scelte acidule, a foraggiare una danza che segua il percuotere delle pelli. Kevin Shea in Bravo, singolo già apparso mesi fa, scardina letteralmente il banco. ‘Amen’ è più scura, come se questo viaggio fosse frenato da un bisogno di raccoglimento, forzato da Bernard Trontin, e gli accenti utilizzati da Aris in questo caso spingono verso un, almeno, a ribaltare le carte in tavola. In ‘Ciao’ iniziano come una cibernetica coppia hip-hop per poi ritrovarsi in una notte gitana, Barbara a guidare le fila ed Ema Matis alle pelli, cori che fanno salire la tensione in un crescendo spiritato che muore in ecclesiastica bellezza.
‘Sdeng’ è pane per Julian Sartorius, notturna ed elegante, voci a mischiarsi fra alto e basso. ‘Boo’ è la canzone più classicamente Peter Kernel del lotto: convulsa, drammatica, sudata e pronta per essere mandata a memoria. Sembra quasi che Peter Kernel sia partito per poi ritornare nel proprio alveo con le cose più care. L’intimità in ‘Mhh’, per poi volare con Wow, grazie agli acuti di Aris e al gran lavoro di Cosmic Neman. In ‘Bzzz’, Beatrice Graf e lo scompiglio sotto la voce di Barbara portano a una partenza bizzarra e confusa, prima che la voce di Aris provi a raddrizzarla, ma la sensazione di vitale e sbilenca mobilità lo rivela come uno dei brani più emozionanti del disco. ‘Pouf Pouf’ chiude il disco con una circolarità che lo ricollega a ‘Eeoo’: un album di ritmo, più suonato che pensato, più da ballare che da descrivere.