Musica

Addio a Wayne Shorter, il leggendario

Fu uno dei più grandi sassofonisti e compositori di jazz della storia. È morto a Los Angeles a 89 anni. I giorni di Estival nel ricordo di Jacky Marti.

1933-2023
(Keystone)
2 marzo 2023
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Si è speso tra bop, fusion, world music, cantautorato purissimo e alcuni episodi di pop d’autore. Wayne Shorter, tra i più grandi sassofonisti e compositori del jazz, è morto a Los Angeles all’età di 89 anni dopo averne trascorsi quasi sessanta ai vertici della musica mondiale, rifinendola con il suo stile e ridefinendola con l’apporto creativo, sempre rigoroso. "È un compositore vero, scrive le note, le partiture per tutti, e le scrive esattamente come vuole che siano suonate. Ha portato un approccio di curiosità verso le regole: se non funziona, le rompe, ma con senso musicale". Questo diceva di lui Miles Davis, del cui quintetto (il secondo Great Quintet) Shorter fu – tra il 1964 e il 1970 – presenza più fissa di altri.

Music mai così world

Nato a Newark, New Jersey, il 25 agosto del 1933, nei suoi teenage years Wayne Shorter è introdotto al clarinetto dal padre, mentre il sassofonista di casa è il fratello Alan. In giovane età viene chiamato ‘Mr. Gone’, nickname che nel 1978 sarebbe diventato il titolo di un album degli Weather Report, da lui fondati insieme al tastierista Joe Zawinul e al bassista Miroslav Vitous. Insieme a questa formazione, e a quella del Miles Davis che andava verso l’elettrico, Shorter è stato anche parte dei Jazz Messengers, voluto dal fondatore Art Blakey. Proprio in questo ensemble, sviluppa il suo talento di compositore, firmando episodi come ‘Footprints’ o ‘Nefertiti’.

L’esplosione di world music generata dall’esperienza Weather Report, durata dal 1971 (intrecciandosi con Miles e con le registrazioni per la Blue Note Records) al 1986, rende Shorter assai richiesto da molti artisti non necessariamente gravitanti nell’orbita del jazz, con i quali, negli anni a venire, collabora: Milton Nascimento, Salif Keita, gli Stones, Joni Mitchell, Carlos Santana, Norah Jones. È suo il solo di sax in ‘The End of the Innocence’, scritta da Bruce Hornsby per Don Henley. Nel 2001, finalmente leader, fonda il proprio quartetto: con lui, Danilo Perez al pianoforte, John Patitucci al basso e Brian Blade alla batteria. Dei 12 Grammy Award vinti, l’ultimo risale al 2014 ed è ‘alla carriera’. Nel 2017, Shorter ritira il Polar Music Prize, con la seguente motivazione: "Senza la sua esplorazione musicale, la musica moderna non sarebbe andata così in profondità". Nel 2018, nell’anno del ritiro, riceve il Kennedy Center Honors Award del John F. Kennedy Center for the Performing Arts, per il suo contributo alle arti.

I giorni di Estival

"Se penso a lui rivedo la sua signorilità, la sua compostezza, la sua correttezza, con le quali ha saputo affrontare il dolore immenso di una doppia grave perdita". Ricordata la portata del musicista, il cui nome "è scritto a caratteri cubitali nella storia del jazz nel capitolo dedicato al sax alto", nel suo libro ‘Il colore degli incontri’ Jacky Marti pubblica uno scatto da uno dei tanti Estival di Shorter, quello del 1997. Il dolore di cui sopra è quello per la perdita della moglie, Ana Maria Shorter, morta poco più di un anno prima insieme alla 18enne nipote Delilah in un incidente aereo. Su ‘Native Dancer’, album del 1975, il sassofonista aveva inciso il brano che porta il suo nome, ‘Ana Maria’. "Lui reagisce da grande signore – scrive Jacky – con la lucida dignità dedicando loro un pezzo straordinario, ‘In a silent way’, un brano col quale vuole dire a tutti che la vita continua, nonostante il dolore".

Da noi strappato al derby Lugano-Ambrì, e una volta appresa la notizia, Mister Estival ricorda «una persona di estrema pacatezza. Sembra facile dirlo in questo momento, ma era di rara gentilezza, capace di ascoltare». In sintesi, «uno che non se la tirava». Shorter è stato a Lugano anche con il quintetto che ricordava Miles Davis, o per ritirare il premio alla carriera, «il minimo per uno che, non voglio esagerare, è stato uno dei più grandi jazzisti della sua epoca». Un ricordo italiano: «Lo presentai a Verona, per un evento Rai. Girammo tutto il giorno sulle tracce di Romeo e Giulietta». E uno luganese: «La quiete del suo camerino, con i musicisti che pendevano dalle sue labbra e lui mai autoritario, ma ‘papà’ di tutti. Dava l’impressione che nessuno ci avesse mai litigato, perché era impossibile».

Per finire, un motivo di piccolo, misurato orgoglio e, insieme, una constatazione: «C’è anche Wayne Shorter, in un duetto meraviglioso con Zawinul, in ‘75’, il disco registrato a Estival Jazz che nel 2010 vinse il Grammy. È un altro pezzo di storia che se ne va».

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