Doppio sold out al Lac per l’ottimo ‘Pretty Woman - Il musical’, due ore di buon umore con musiche di Bryan Adams (ti piace vincere facile)
Per chi a diciannove anni ha pensato di scrivere una lettera a Julia Roberts per dirle quant’era bella ma poi non l’ha spedita; per chi ha sognato di rinascere Bryan Adams – bello, asciutto, con la chitarra fallica e i singoli di successo –; per chi ha sognato il principe azzurro, ma anche per chi ha sognato di essere il principe azzurro: ‘Pretty Woman - Il musical’ è lo spettacolo che fa per voi (fine dello spot promozionale, senza alcun ritorno personale perché è già andato in scena al Lac sabato 26 e domenica 27 novembre, doppio sold out).
Per chi invece seguisse una dieta culturale priva di zuccheri, ‘Pretty Woman’ è la storia di Vivian Ward, giovane prostituta che calca l’Hollywood Boulevard, e del businessman senza scrupoli Edward Lewis, che la paga tremila dollari per una settimana di compagnia. Sintetizzato: poi s’innamorano. Vicenda sempre capace di farci riconciliare con il mondo e con le sue ingiustizie, il finale dello script originale di J.F. Lawton non era esattamente un "e vissero tutti felici e contenti", il lieto fine lo pretese il film di Garry Marshall (la genesi della pellicola è rocambolesca; si veda a questo proposito, su Netflix, ‘I film della nostra infanzia’, stagione 2 episodio 2).
Dall’agosto del 2018, con la prima di Chicago, ‘Pretty Woman’ è diventato anche un musical con le canzoni e i testi della coppia Bryan Adams/Jim Vallance, quelli di ‘Summer Of ’69’ e altro pop rock della miglior fattura. Ed è bella la versione italiana arrivata a Lugano. A differenza di altri musical italiani, qui non parlano tutti a raffica; Beatrice Baldaccini, a tratti, ha la stessa inflessione di Vivian (meglio sarebbe, "di Cristina Boraschi", doppiatrice); le frasi iconiche del film sono qua e là personalizzate e la cosa diverte, le istruzioni di galateo di Barney Thompson (direttore del Beverly Wilshire Hotel) alla giovane hooker sono sostituite da lezioni di ballo, più funzionali al tutto; il resto del cast, a partire da Thomas ‘Edward’ Santu, è impeccabile. Lo è anche Cristian Ruiz in più panni (compresi quelli di Barney) e impeccabile è pure l’amica di Vivian, Kit De Luca, ovvero Giulia Fabbri. Il nostro Tony Award, l’Oscar di Broadway traslato a Lugano, va però a Giulio il facchino, e cioè Pietro Mattarelli, figura boteriana e strepitosa.
L’accostamento ‘Pretty Woman’/Bryan Adams è vincente, per quanto anche la descrizione di un’ablazione del tartaro potrebbe essere vincente una volta appoggiata sulla scrittura del canadese e del fido coautore, che citano la loro ‘Heaven’ su ‘Tu con me/You And I’ e la fondono con ‘Amami Alfredo’, quando da Los Angeles Edward porta Vivian alla San Francisco Opera per La Traviata, e il rock si fonde con Verdi. Unica nota dolente: tradurre in italiano le canzoni di Adams e Vallance è impresa difficile come ogni adattamento italiano del rock anglofono ad litteram. Ammesso che ve ne fosse la possibilità data dagli autori, un minimo di astrazione sarebbe giovata, perché "Ho intenzione di correre da te" – tanto per citare una hit del rocker – non suona dinamica come "I’m gonna run to you".
‘La canzone’, infine. Citata qua e là e mai completamente esplicitata, ‘Oh, Pretty Woman’ di Roy Orbison giunge a show terminato a metà tra una liberazione e un orgasmo, col Lac già tutto in piedi come per l’Osi, il professor Vecchioni e pochi altri, a sancire il successo di uno spettacolo ben suonato, ben cantato, ben recitato, ben diretto.
P.s. Per chi conoscesse le battute del film a memoria, manca "stronze lumachine!", ma ci si può passare sopra. Per tutto il resto c’è "quella gran culo di Cenerentola".