Settimane musicali

Piemontesi & Friends, all’ascolto del XIX secolo

Al netto degli ululati da stadio del pubblico, lunga vita a Francesca Dego, Daniel Müller-Schott e Francesco Piemontesi, straordinari musicisti

In concerto
(Roberto Barra)
18 settembre 2022
|

Venerdì sera nella chiesa del Papio, Francesca Dego, violino, Daniel Müller-Schott, violoncello, Francesco Piemontesi, pianoforte, hanno dipanato davanti al polittico del Lagaja musiche di Johannes Brahms. Due Sonate, due Lieder trascritti e un Trio. Un’immersione nel tardo romanticismo tedesco, senza vie di scampo verso il Novecento, con tre musicisti sulla cresta dell’onda, chiamati come solisti in sale da concerto di tutto il mondo, avvezzi alle standing ovation, alle concessioni sovrabbondanti di bis, che si calano nell’intimità di un programma cameristico in un’antica chiesa impreziosita dalla pala d’altare del Lagaja, d’ancor più preziosi affreschi alle pareti e corredata di un’ottima acustica. Due ore di musica rigorosamente divisa in due concerti, separati da una pausa di un’ora, che ha consentito due passi nel borgo di Ascona o una sosta meditativa nel chiostro rinascimentale del Papio.

Piemontesi & Friends (il nome del trio nel cartellone delle Settimane) hanno offerto un crescendo di esecuzioni di alta qualità, e hanno saputo rammentare agli ascoltatori tante peculiarità dell’opera di Brahms. Certamente il carattere astratto della sua musica strumentale, nella Sonata per violino e pianoforte nr. 1 op. 78 e nella Sonata per violoncello e pianoforte nr. 2 op. 99, scritte durante serene vacanze in luoghi ameni, in Carinzia sul Wörther See, in Svizzera sul lago di Thun, dove mi sembra ci siano indagini di stati d’animo, ma non descrizioni di paesaggi.

Il Brahms dalla vita modesta di scapolo solitario, il timido delle emozioni rapprese in tranquillità, è stato confinato dal programma in due trascrizioni, rese con tenerezza affettuosa e il sorriso sulle labbra, del Canto "Minnelied" nr. 5 op. 71 per violino e pianoforte, del Lied ‘Wie Melodien zieht es’ per violoncello e pianoforte. Sono opere ispirate da testi poetici significativi, che si sarebbero potute stampare nel programma di sala.

Ricorderò tuttavia questo concerto soprattutto per il Trio n. 1 op. 8, un’opera giovanile che probabilmente Brahms ha accomodato in età matura, nella quale l’ardore romantico è tenuto a freno dalla chiarezza di una forma classica. Dego, Müller-Schott e Piemontesi si sono scatenati in un concerto-combattimento, secondo l’etimo latino "certamen", che ha travolto l’intimità cameristica con impeti sinfonici. Mezzora di musica nella quale tre straordinari musicisti si sono affrontati ad armi pari e hanno soggiogato il pubblico. Da veterano delle sale da concerto mi sono trovato alla fine con le lacrime agli occhi e un pensiero: lunga vita a Francesca, Daniel e Francesco.

La musica da camera è un invito intrigante all’estasi del silenzio, alla vertigine in cui lascia l’ultima nota quando è spenta. Si può dire che l’apprezzamento del pubblico colto sia tanto maggiore quanto più lungo è il tempo dall’ultima nota all’applauso che si scioglie. L’ultima nota del Trio di Brahms avrebbe meritato un lungo silenzio. Invece l’applauso è partito come per un goal allo stadio, poi sono arrivate anche le ovazioni e i più aggiornati ululati da coyote. Ma c’è stato di peggio: sono partiti anche alcuni applausi al termine di tempi intermedi. Un vero peccato che tre musicisti tanto bravi abbiano avuto un pubblico così scadente.