Attore, compositore, sceneggiatore, frontman degli Avion Travel, legge Maurizio De Giovanni. Al Lux di Massagno stasera per ‘Tutti i colori del giallo’
Si comincia questa sera alle 18 con Rosa Teruzzi e il suo ‘Ombre sul Naviglio’. Poi, ‘Tutti i colori del giallo’ al Lux di Massagno saranno per Peppe Servillo, attore, compositore, sceneggiatore, artista che in ambiti teatrali può vantare il riconoscimento più importante – il Premio Ubu per il pluripremiato ‘Le voci di dentro’ di Eduardo – e in ambiti musicali quello più popolare legato alla forma canzone, in quanto voce e volto imprescindibile della Piccola Orchestra Avion Travel, vincitrice del Sanremo d’inizio secolo in una rara fusione tra nicchia e grande pubblico.
Servillo legge da molti anni per Emons gli audiolibri dei Bastardi di Pizzofalcone di Maurizio De Giovanni, scrittore di riferimento del ‘police procedural’ italiano, anche serie tv. «Conosco l’iter fatto dall’autore con questi personaggi, o meglio, con questa comunità di personaggi, mi piace chiamarla così», ci dice Servillo alla vigilia dell’incontro di Massagno. «Spero di avere acquisito un modo di caratterizzarli che possa essere lieve e faccia emergere la scrittura piuttosto che il narratore, cui al massimo spetta una lettura lievemente partecipata della vicenda».
Servillo che legge De Giovanni, operazione quanto mai credibile...
Maurizio De Giovanni è napoletano, io sono casertano e Napoli per me è sempre stata una capitale in tutti i sensi, nel bene e nel male, una città fondamentale le cui suggestioni hanno animato e alimentano la mia cultura e la mia sensibilità. Poterla approfondire attraverso uno scrittore così veracemente napoletano è una grande occasione. Del resto, tutta la vicenda è ambientata a Napoli e ogni singolo personaggio sembra ricalcare una tipologia che nella mia vita ho avuto modo di verificare più volte.
Una Napoli ‘dark’ che va ad affiancarsi a quella che di norma si vuole sempre solare…
Sì. E della Napoli di De Giovanni io amo in particolare il suo raccontarci la vicenda di una piccola comunità, che si crea occasionalmente ma che poi sopravvive in una città così complessa, coltivando le relazioni tra le persone, le diversità, accettandole, valorizzandole. Questo è un grande esempio, perché della parola ‘comunità’ oggi spesso si abusa, o si fa addirittura a meno, in un mondo che vede molte solitudini alimentate dal culto delle immagini e del consumo. In questa occasione invece, attraverso il lavoro si crea una comunità di persone che, con tutte le singole debolezze, risulta vincente nel raggiungere i propri obiettivi, quelli del compensare il delitto con una possibilità di giustizia.
Parli di lettura ‘lievemente partecipata’: chi registra l’audiolibro corre forse il rischio di troppa immedesimazione col singolo personaggio?
Quando è eccessiva sì, perché significherebbe mettere davanti a tutto la mia voce. Cerco sempre di stare un passo indietro rispetto ai personaggi. Cerco anche di riprodurre il pensiero intimo del lettore attraverso la voce. La lettura di un libro non è una messa in scena ma un pensiero interiore che combacia con la sensibilità del lettore, e attraverso questo pensiero si crea un’intimità che è piacevole, sorprendente, capace di confortarci e darci calore umano. Trovo che la scrittura di De Giovanni abbia questo pregio.
C’è, nello specifico, un personaggio per il quale devi stare attento a non immedesimarti troppo?
Quelli caratterizzati in maniera più ironica, forse. Aragona, per esempio, dove esiste il rischio di sconfinare troppo nella macchietta, rischio che va evitato. Aragona ha una sua umanità candida, delicata, è uno di quelli che è capitato nel mestiere e, paradossalmente, ha un talento innato nell’indagine e nell’inchiesta che sorprende sempre tutti i compagni, che invece questo mestiere l’hanno scelto. Ovviamente molta forza ha Lojacono, che recita il ruolo del protagonista. Torno però sulla comunità, la vera protagonista, che vedo come un personaggio a più facce che si muove, per l’appunto, in maniera discreta e a volte gigantesca in questo paesaggio urbano che io conosco ed è fantastico, fatto a strati, con profondità inattese, un’umanità sorprendente e a tratti terrorizzante com’è giusto che sia in un giallo contemporaneo come quello di De Giovanni.
A Maurizio De Giovanni sei legato anche da una fede calcistica...
Certamente. Mi pregio di portare in giro da un po’ di tempo a questa parte ‘Il resto della settimana’, un suo monolgo dedicato al calcio, un’altra faccia ancora di De Giovanni e della nostra città. In quell’occasione eseguo anche brani legati al calcio che vengono da un precedente lavoro con Javier Girotto e Natalio Mangalavite, i due musicisti argentini con i quali collaboro da tempo (‘Fùtbol - Canzoni e racconti da ‘Storie di calcio’ di Osvaldo Soriano, ndr). Oggi c’è Cristiano Califano alla chitarra, e narro in particolare la novella ‘La presa di Torino’, una ‘spedizione’ in occasione di uno Juventus-Napoli con Maradona, 1986.
Napoli è da sempre città calcistica, ancor prima di Maradona, le partite al vecchio stadio del Vomero sono letteratura…
Napoli ha vissuto avventure eccellenti, come quella del Vinicio allenatore ma ancor prima calciatore, e altri grandi campioni, respirando la vetta della classifica ma vivendo anche enormi tracolli. Che dire, una vita bella agitata e varia, della quale proprio De Giovanni rende testimonianza, sia parlando della Serie C, del fallimento, che degli allori conquistati con Diego.
Permettici la digressione. Nell’anno Duemila, con ‘Sentimento’, la canzone d’autore trionfa a Sanremo con gli Avion Travel: cos’è mai successo?
È stato un passaggio caratterizzato per noi da una grande sfida, e un imprevisto piacevolissimo perché due anni prima vi partecipammo facendo un percorso forse più coerente e ordinato, vincendo il Premio della Critica con ‘Dormi e sogna’. ‘Sentimento’ fu una grande sorpresa. Ancora oggi però, gli Avion Travel godono di un affetto partecipe e intelligente rivolto al proprio repertorio da un pubblico che li segue da sempre, sia quello che ci scoprì in quell’occasione che quello che ci conosceva già da prima.
Pare strano, ma gli Avion Travel furono un gruppo rock...
Siamo nati così, al principio degli anni ’80, per poi affinare il nostro gusto e la nostra sensibilità. Al tempo, la tecnologia nel fare musica, non offriva grandi occasioni. Il fare musica era fondamentalmente imperniato su di un’idea di assieme che gli Avion Travel hanno coltivato da subito e ha portato loro molta fortuna. Poi abbiamo concentrato la nostra ricerca su una precisa idea di canzone, d’interpretazione. Dal lavoro d’interprete deriva la possibilità che la vita mi ha offerto di fare anche l’attore, e cioè la capacità di confrontarmi con un testo per renderlo nel migliore dei modi, testimoniando l’intenzione di un autore, che è il compito di un attore nel teatro e nel cinema.
Nel 2018, un anno dopo la morte di Fausto Mesolella, gli Avion Travel tornano con ‘Privé’, così descritto: "Abbiamo dato una forma al dolore". Come si continua dopo una tale perdita?
Si continua cercando d’immaginare a tratti il lavoro fatto insieme, rendendo a Fausto in questo modo intimamente omaggio, perché pubblicamente è troppo facile, diventa ridondante e si rischia il vuoto. Essendo stata la sua morte innanzitutto un dolore personale e poi artistico, condiviso con i miei compagni, cerchiamo di viverlo con il massimo del pudore. Non ci siamo spesi in tentativi fallimentari di colmare la sua assenza, abbiamo continuato il lavoro senza avere una chitarra all’interno del gruppo, fatta eccezione per qualche intervento di Duilio (Galioto, ndr), che suona degnamente ma solo in alcune occasioni. Ci sembra il modo migliore per continuare quest’avventura rispettando la storia di un gruppo che è nato, ahimè, troppi anni fa.
L’ultimo dei tuoi molti progetti è ‘L’Histoire du soldat’ di Stravinskij…
Sì, negli ultimi giorni, con un settimino, la formazione che voleva Stravinskji, diretta da Fabio Maestri. È stata un’esperienza molto bella, la conduco già da diversi anni, ho debuttato tanto tempo fa con il maestro Francesco Lanzillotta. Ho adattato il testo, rendendolo nella maniera più semplice possibile, evitando la messa in scena, facendomi voce narrante e soldato in compagnia di un’esecuzione musicale di estremo pregio, con al primo violino Vincenzo Bolognese, Andrea Corsi al fagotto, una formazione eccellente. E con l’ausilio di Paola Sarcini, che con la sabbia illustrava in tempo reale la vicenda del soldato su di uno schermo luminoso alle nostre spalle.
Nessun caso Dostoevskij, dunque…
No, nessun caso Dostoevskij. Riguardo a questo, quando parliamo di autori che sono patrimonio dell’umanità mi pare ridicolo. Dovremmo fare altrettanto per Tolstoj e altri. Certo, la cronaca impone altre esigenze ma queste sono considerazioni che lascio ad altri, che non sono in grado di fare o che faccio eventualmente nel mio privato. Oltretutto, Stravinskij è stato un uomo che ha vissuto tanto in Italia, in Svizzera, negli Stati Uniti, come tanti musicisti russi dell’epoca, coevi o precedenti. Il suo lavoro è patrimonio di tutti.