Applausi per Alice che a Bellinzona ha ricordato il maestro della canzone italiana, dai ‘Treni di Tozeur’ a ‘Povera patria’
Confessiamolo subito: ci affascina sin dal 1980, quando si chiamava ancora Alice Visconti e con la sua voce – potente, aggressiva e talvolta quasi baritonale – ci sbatteva in faccia ‘Il vento caldo dell’estate’. Decenni dopo, e a quasi un anno dalla scomparsa di Franco Battiato (18 maggio scorso), eccola al Sociale di Bellinzona gremito all’inverosimile pronta a riproporci quel suo hit che segnò l’inizio della proficua, decisiva collaborazione col Maestro siciliano.
Il pubblico ha però giustamente riservato il suo primo sentito applauso all’appello per la pace – lanciato in questi giorni in tutti i teatri italiani dal mondo dello spettacolo –, appello preceduto dal sinistro sibilare delle sirene d’allarme che in questi giorni riecheggia sull’Ucraina. Battiato corre in nostro aiuto ricordandoci che "le nuvole non possono annientare il sole", però ci ricorda pure che quando c’è di mezzo un dittatore, "la primavera tarda ad arrivare" (‘Povera patria’, forse il brano più feroce di Battiato contro i governanti, definiti "gente che non sa cos’è il pudore, perfetti quanto inutili buffoni"). Si stempera un po’ la tensione quando Alice ci porta su quella ‘Solitary Beach’, dove d’estate il sole ci nutriva e dalla quale un minatore bruno… tornava (ironico richiamo a quella strappalacrime d’una ‘Miniera’, Luciano Virgili tardi anni 40).
È la svolta del récital della "Cerbiatta di Forlì", il suo soprannome dovuto ai suoi grandi occhi e lanciato con scarsa fortuna dalla stampa, dopo la Tigre di qua, l’Aquila di là e passando per la Pantera. Arrivano i brani che, sempre supervisionati da Battiato, ha portato in vetta nelle hit parade di mezzo mondo (sembra che Alice abbia venduto più dischi in Germania che in Italia!). A partire da ‘Chan-son egocentrique’ che porta il pubblico al battimani ritmato. Si sale poi su quei ‘Treni di Tozeur’ che condussero lei e Franco all’Eurosong: "Non abbiamo vinto – ricorda lei sorridendo ma un po’ commossa –, però ci siamo divertiti un sacco!". Si superano le barriere gravitazionali (‘La cura’), miracolosamente la luce si unisce allo spazio e non risulta più impossibile trovare l’alba dentro l’imbrunire: ecco il Battiato filosofo. Brillantemente accompagnata dal pianista Carlo Guaitoli e dopo una passeggiatina sulla ‘Prospettiva Nevski’, a una platea già conquistata e sull’orlo di una standing ovation, Alice regala due attesi bis: ‘Per Elisa’ (Sanremo 1981 in bacheca, manifesto sonoro contro l’eroina) e quella ‘Era del cinghiale bianco’ che qualche anno prima aveva rivelato Franco Battiato e il suo fedele complice Giusto Pio, capaci di dare un significativo scossone alla musica italiana.
Gran bella performance: gli anni passano, ma la voce di Alice è ancora in grado di offrirci un’invidiabile estensione vocale, che talvolta mette addirittura i brividi.