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‘Ghost - Il musical’ raccontato da Molly, Giulia Sol

Lunedì 14 e martedì 15 marzo al Lac, per la regia di Federico Bellone, la versione teatrale del film cult con Demi Moore e il fu Patrick Swayze

‘Woah, my love, my darling / I’ve hungered for your touch’
12 marzo 2022
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È nata a Bergamo ma non ha un filo d’inflessione bergamasca, che come quella bresciana è un marchio a fuoco ("Una malattia della gola", la chiamò una volta il bergamasco da parte di padre Eugenio Finardi). Complici la mamma siciliana, il padre piemontese, la nonna olandese. «E poi ho studiato dizione in Accademia, anche se sono partita avvantaggiata perché in casa mia il bergamasco non si è mai parlato. Comunque riferirò il complimento al mio insegnante di recitazione, sarà molto fiero». ‘Fiero’ con la ‘e’ aperta, s’intende.

Le hanno tagliato i capelli ad hoc, così Giulia Sol – attrice, cantante, performer, una vita per il musical – sarà il più possibile uguale a Molly e, per la proprietà transitiva del cinema, a Demi Moore. Lunedì 14 e martedì 15 marzo alle 20.30, nella Sala Teatro del Lac, in collaborazione con My Nina Spettacoli, va in scena ‘Ghost il Musical’, versione teatrale di ‘Ghost’ (‘Ghost - Fantasma’ in lingua italiana), film di Jerry Zucker del 1990, Oscar a Whoopi Goldberg quale Migliore attrice non protagonista (Oda Mae Brown, la sensitiva) e a Bruce Joel Rubin per la migliore sceneggiatura originale. Rubin ha poi ha curato l’adattamento del film per Broadway, con le musiche arrangiate da Dave Stewart degli Eurythmics e dal canadese Glenn Ballard. E una costante, ‘Unchained Melody’, brano del 1965 dei Righteous Brothers che richiama immediatamente ‘Ghost’ tanto quanto ‘My Heart Will Go On’ fa con ‘Titanic’.

La talentuosa Giulia Sol, vista durante il lockdown in ‘Tale e Quale’, è dunque Molly, giovane artista sconvolta dall’omicidio di Sam (il fu Patrick Swayze al cinema, qui Mirko Ranù), banchiere di New York ritrovatosi fantasma e costretto a servirsi di una medium (Goldberg nel film, Gloria Enchill a teatro) per proteggere l’amata dall’insospettabile mandante del proprio omicidio. A muovere i fili del musical è Federico Bellone, una garanzia quando Hollywood viene portato a teatro, già regista di ‘Annie’, ‘Dirty Dancing’, ‘Grease’, ‘Fame’ e molto altro.

Giulia Sol, per parlare di ‘Ghost’ partiamo da ‘Notre Dame de Paris’: cosa successe nel Duemila all’Arcimboldi?

Successe che i miei mi portarono a vedere lo spettacolo, avevo 5 anni. Da quel che mi hanno raccontato, ero una bimba che li faceva dannare e a teatro non mi ci volevano mai portare. Ma quella sera mi ci portarono con l’idea di andarsene nell’intervallo e invece io rimasi incantata da tutto quel che era appena successo sul palco. Di lì in poi sono cresciuta con il musical in testa: alle Elementari, nell’intervallo, recitavo tutti i ruoli di Notre Dame de Paris, oppure li assegnavo ai miei compagni di classe. Una volta obbligai l’insegnante a proiettarlo in classe.

Anche la scelta formativa, la Scuola del Musical di Milano, non tradisce la folgorazione…

Sì, ho sempre voluto fare questo e purtroppo o per fortuna non ho mai avuto un piano B. Anche con altre esperienze arrivate in seguito, il teatro musicale è stato il mio primo amore.

Penny Pingleton in ‘Hairspray’, Elizabeth in ‘Dirty Dancing’, Carmen Diaz in ‘Fame’, ora ‘Ghost’. Cos’hai trovato nel musical? Completezza? Varietà?

Magia. Mi è subito sembrato tutto magico, estremamente facile, tutto funzionava benissimo. Mi ha conquistato il veder fare dagli artisti qualcosa di totalmente distante da quella che è la realtà, e ascoltare queste voci potenti. Sere fa ero proprio agli Arcimboldi, alla ‘prima’ del 20esimo anniversario di Notre Dame de Paris, che devo aver rivisto per l’ottava o la nona volta. Per una notte son tornata bambina. Dopo vent’anni ho anche iniziato a lavorare con Giò Di Tonno. Il musical è stata una cosa troppo magica per essere vera che è poi diventata realtà.

Se con ‘Notre Dame de Paris’ avevi 5 anni, con ‘Ghost’ non eri ancora nata. Quando l’hai visto per la prima volta?

L’ho visto molto tardi. Tutti si ‘scandalizzano’ un po’ quando lo dico, ma io il film l’ho visto per intero soltanto con l’uscita dell’audizione per il musical. Ma quando sono iniziate le prove l’ho visto una volta al giorno, per lo studio della storia, del personaggio. Nella sua prima versione, ‘Ghost - Il musical’ fu un mezzo fallimento, Molly era bionda, la storia era stata trasportata al 2010, con tanto di smartphone. Non ricordava in alcun modo il film e non funzionò proprio per questo motivo. Il nostro regista, invece, è sempre molto legato all’idea che di queste storie, ‘Fame’, ‘Dirty Dancing’, ‘Grease’, il pubblico voglia l’esatta copia.

E dunque com’è il vostro ‘Ghost’?

La particolarità è che ci sono splendidi effetti speciali, che nella versione di Federico sono curati da Paolo Carta. La cosa bella è che è teatro e gli effetti sono artigianali, è illusionismo, la cui riuscita dipende da tutti noi. È una grande macchina alla quale lavoriamo insieme, e se qualcuno si sposta pochi centimetri più in là di quanto stabilito, l’effetto non riesce. È un bellissimo lavoro di squadra, la gente all’uscita chiede sempre come sia stato possibile: ci sono fantasmi che entrano nel corpo di Oda Mae, che si tuffano nella sua pancia, c’è Sam che attraversa le porte, momenti molto forti, suggestivi.

Anche ‘Ghost - Il musical’ fa parte dei tanti spettacoli fermati dal Covid…

Sì, anche noi ci siamo dovuti fermare. Era il 23 febbraio, agli Arcimboldi. Tante produzioni in Italia poi non sono ripartite, noi siamo stati dei privilegiati, io bacio il palcoscenico ogni volta che ci salgo. È stata tosta, nonostante durante lo stop io abbia avuto la fortuna di fare anche altro. Ma per molti miei colleghi è stato molto difficile, c’è chi ha cambiato lavoro, chi s’è iscritto all’università…

Per finire: com’è stato essere qualcun altro in ‘Tale e Quale’?

Venendo io dal teatro, non ero abituata a vedere le telecamere. Mettiamoci anche l’assenza di pubblico, una situazione quanto meno strana. Ma dico sempre che è stato il miglior battesimo televisivo che potessi avere, e un anno dopo ne resto fermamente convinta. Sono felicissima di essermi presentata al grande pubblico facendo una cosa così difficile. Si può pensare che a ‘Tale e Quale’ chi sa cantare sia avvantaggiato, ma essere un cantante è altra cosa dall’essere imitatore. Sono convinta che in un contesto di quel tipo il cantante non parta avvantaggiato, avendo egli già un proprio timbro e un proprio modo di cantare. ‘Castrarsi’, per così dire, non è assolutamente facile. Quella di avere una propria voce, personale, è stata anche una constatazione, ed è qualcosa che fa estremamente piacere.