Con Giò Di Tonno, aspettando il tour del 20ennale che arriva al Lac l’8 giugno per 5 repliche: ‘L’entusiasmo mio e del pubblico non è cambiato’
Tecnicamente non è un musical ma un’opera popolare, come il suo successo. All’inizio di quest’anno erano 15 milioni, ma dall’inizio del tour dei vent’anni – presentato a marzo alla presenza di Riccardo Cocciante, autore delle musiche, e del cast di queste due decadi – ora saranno in qualche decina di migliaia in più ad aver visto, o rivisto, Notre Dame de Paris, spettacolo che s’insedia al Lac di Lugano dal prossimo 8 giugno e fino al 12, per cinque repliche (www.ticketcorner.ch, www.luganolac.ch). Inganniamo il tempo aspettando il nuovo debutto ticinese con Giò Di Tonno, storico Quasimodo.
Detto con parole di Giò Di Tonno: "La chiamata a Notre Dame de Paris è come la chiamata in Nazionale".
Sì, è proprio un fattore di appartenenza a qualcosa di così importante e sentito, non solo per noi artisti che mettiamo in scena quest’opera ma dai milioni di spettatori che ci hanno visti in questi anni. Dire no sembrava quasi tradirli e siccome l’amore per Notre Dame di Paris è ancora forte da parte mia, non mi è ancora ‘venuto a noia’, come si suol dire, mi sono detto "vado e rappresento questo spettacolo", cercando di farlo al meglio.
Il riscontro delle prime date è stato entusiasmante, sono passati vent’anni ma paiono un tempo assai più breve…
Vent’anni sono tanti ma sembrerebbero non essere molti perché l’entusiasmo è invariato e questa cosa ci stupisce sempre. Abbiamo cominciato a Milano, ci sono state due settimane romane col palazzetto dello sport pieno. Ho riscontrato soprattutto un interesse fortissimo da parte dei giovanissimi, che c’è sempre stato ma è ancora più forte in questo periodo, come se questo tramandare lo spettacolo coinvolga ora una platea ancora più giovane. La trasversalità di quest’opera è nota, ma mi stupisce ancora.
I genitori portano i bambini a vedere quel che essi, da bambini, avevano visto…
Sì. Ho sempre detto che Notre Dame de Paris è stata la fonte di passioni e di amori, perché tante persone si sono conosciute qui, ce ne hanno data testimonianza fan fedelissimi che hanno seguito e continuano a farlo. Forse i giovani sono proprio frutto di questi moltissimi amori. Vent’anni fa uscì il film della Disney, che fece da traino al nostro spettacolo. Credo che questa storia piaccia ancora oggi perché, lo dico senza volermi avventurare in discorsi sociologici, torna in una società un po’ distante, regolata dai social, con i giovani al cospetto di una vita vissuta ‘da lontano’, con tanta fatica di relazionarsi. In Notre-Dame de Paris trovano forse qualcosa di vero, di bello, di sincero rispetto a quel che c’è in giro.
Il tuo provino per Notre Dame de Paris è aneddoto noto, ma talmente bello che vale la pena ricordarlo…
Andai a fare il provino davanti a Riccardo Cocciante dopo varie selezioni con i responsabili dei casting, e ci andai già con la postura del gobbo; a fine esibizione lui mi disse che gli avevo dato una grande emozione e mi chiese se fossi capace di cantare anche eretto. L’emozione fu così tanta che aspettai il suo verdetto nella stessa posizione. Aneddoto per aneddoto, ci sono tanti nomignoli con i quali la gente per strada mi ha chiamato in questi anni, cose come "Che bello questo spettacolo che fai, il Mostro di Rotterdam!", oppure "Ah, ma tu interpreti il campanaro, Casimiro!"…
Riccardo Cocciante vi segue sempre, anche in questa nuova edizione dello spettacolo?
Sì, viene e ‘lotta’ insieme e noi. Viene a monitorare, a controllare che tutto vada per il meglio, ci tiene tantissimo. Notre Dame de Paris, al di là del successo delle sue canzoni, è il suo figlio più importante, quello al quale è più legato. Riccardo è il capofamiglia insieme a David Zard prima e al figlio Clemente oggi, i produttori, ed è bello vedere come una persona come lui, che ha cinquant’anni di carriera e se ne potrebbe stare in panciolle, ci tenga ancora così tanto. Ma è uno dei segreti di questo spettacolo che funziona anche perché la soglia d’attenzione è sempre altissima da parte di tutti, attenzione, rispetto per il pubblico e, lo dico senza retorica, grande amore.
Com’è, alla fine, il tuo Notre Dame di Paris vent’anni dopo?
Il pubblico noterà poche differenze. Il personaggio è maturato e cresciuto con me. Tanti anni fa, con l’incoscienza, con l’entusiasmo dei vent’anni di meno, guardavo a rendere il mio personaggio bene, a cantare e muovermi al meglio; volevo che il mio Quasimodo fosse credibile dal punto di vista estetico. Con la maturità sono arrivato a dirmi che la funzione sociale del teatro era un veicolo importante. Rappresento un emarginato, un diverso estremo, ho quindi pensato alla condizione che vivono in tanti e ho lavorato più in profondità.
Il tema del ‘diverso’ va a collocarsi oggi in un’attenzione molto più alta di quando Notre Dame debuttò…
Vorrei rispondere partendo dai social, con i quali, personalmente, ho avuto un rapporto molto conflittuale. Credo che abbiano fatto molti danni, allontanando le persone, soprattutto i giovani. Chi ci ha rimesso maggiormente sono le persone considerate ‘diverse’ per un difetto fisico, per qualche chilo di troppo, orientamenti sessuali diversi dalla massa. Sono stati fatti danni devastanti che non sono stati rimarginati da chi di dovere, penso alla politica e a tutti coloro che potevano prendere decisioni importanti. Questo tema è sempre aperto. Se pensiamo che Notre Dame de Paris è ambientato nel Medioevo, è scritto nell’Ottocento e le tematiche sono ricorrenti, viene da rattristarsi un po’ dal constatare che stiamo ancora a parlare degli immigrati come fossero nemici o di quelli con la pelle diversa come fossero il demonio.
Insieme all’imitatore a ‘Tale e Quale’, al presentatore televisivo, e alle mille altre facce, Giò Di Tonno è sempre un cantante. Questo spettacolo ti ha in qualche modo ‘deviato’ dalla strada maestra?
L’identificazione con questo personaggio viaggia inevitabilmente con me, ed è un peso che porto addosso volentieri. Ma la musica sì, la fa da padrona nella mia vita. Non amo molto le dinamiche televisive dove tutto veloce e anche un po’ finto. Il teatro invece porta con sé molta più verità, mi piace interpretare tanti ruoli diversi da me, e in questo senso credo di avere risparmiato i soldi dello psicologo (ride, ndr). Il fare tante cose, il non avere un’identità, l’ho vissuto inizialmente come una condanna, ma forse il saper fare diverse cose è proprio la mia identità. Ora mi godo questo tour, ho scritto un mio musical e il sogno più grande è quello di realizzarlo.
Keystone
Giò Di Tonno e Lola Ponce, Sanremo 2008