La città di Napoli che arriva prima della musica, un mestiere cui essere fedeli, Capossela con cui duettare a Sanremo: il cantautore si racconta
‘Le Monde’ ha adorato ‘Poesia e civiltà’, ultimo suo album uscito nel 2019. Anche molta critica italiana ne tesse le lodi e con essa l’amico Diodato e così pure Tosca. Unico chansonnier in una gara – Sanremo – che mai come quest’anno ha centellinato gli chansonnier, sulla sua ‘Tuo padre, mia madre, Lucia’ pesano le responsabilità della nuova canzone d’autore e di quell’indie che dai tempi di Riccardo Sinigallia (ammesso, poi squalificato, ma l’essere indie non c’entrava) ha fatto pace con la competizione canora. Giovanni Truppi, cinque album all’attivo, premio Pimi (Premio italiano per la Musica indipendente) come miglior artista indipendente in un 2019 da incorniciare, parla di sé, del Festival e spiega le canzoni, che di solito non si spiegano. Ideale seguito di ‘Conoscersi In una situazione di difficoltà’, cantata un anno fa con Niccolò Fabi, il brano in gara a Sanremo – scritto a più mani, e una è quella di Pacifico – è “l’evoluzione del sentimento, lo stadio in cui la coppia si è formata e vive l’esperienza di costruire un amore, dell’essere in due con le cose belle e quelle difficili, confrontandosi anche con il mondo esterno”. In questo caso, un suocero e una suocera.
Italiani e non guarderanno a Truppi anche per la tanto attesa serata dei duetti (o ‘serata delle cover’, che dir si voglia), che lo vedrà impegnato in ‘Nella mia ora di libertà’, il Fabrizio De André di ‘Storia di un impiegato’, album che l’anno prossimo farà cinquant’anni. Sul palco col Truppi, niente di meno che Vinicio Capossela. E anche qui si chiedono spiegazioni. Il brano, per cominciare: “Ho cercato, spero con il maggior rispetto possibile, di offrire il mio punto di vista su questa canzone, di farla mia. Non credo m’interesserebbe riproporre una versione uguale all’originale”. A seguire, l’ospite: “Capossela è uno degli artisti che più mi ha guidato da quando ho intrapreso questa strada, con il suo rigore. Il fatto che lui abbia accettato di partecipare, mi fa sentire un po’ più forte davanti a una platea così ampia”.
Forse per il luogo comune che uno s’aspetta sempre sorrisi e gesticolare, Truppi pare un napoletano atipico. O un napoletano non troppo gesticolante. Premette: “Prima che della musica mi sento debitore dello sguardo che la città di Napoli ti regala sul mondo, un regalo che per chi vive in Occidente pochi altri posti al mondo ti possono fare. Quanto alla musica, sono legato alle canzoni tradizionali napoletane, a quel raccontare una storia nella maniera antica prima che classica, una modalità cui in un certo senso mi sento legato, per il modo di scrivere. Ma non so se possiedo gli strumenti critici per specificare questa sensazione”. E dunque Napoli città arriva “prima di Roberto Murolo, prima di Pino Daniele, che ho iniziato ad ascoltare da grande”, e prima del neapolitan power, splendido ibrido sinonimo di rivoluzione.
Al di là dell’imprinting, al di là dell’avere incontrato Lucio Dalla nel backstage del tour di ‘Cambio’ (“Aveva una specie di vestito da Mago Merlino, ero molto felice d’incontralo. Avrò avuto otto anni”), quello che Truppi voleva a vent’anni era fare questo mestiere. “All’epoca non avevo le idee chiare su come avrei voluto farlo, ma volevo esprimermi attraverso la musica. Farò questo lavoro finché avrò voglia di farlo, magari non per sempre, ma rimanendo fedele ai miei valori e a quello che ho costruito fino a ora, alle basi fondative messe, più o meno coscientemente”. In attesa di ‘Tutto l’universo’, antologia di una carriera con dentro ‘Tuo padre, mia madre, Lucia’, si chiude con Napoli. Perché a parte i Quintorigo, band di culto transitata per Sanremo per lasciarvi un segno, i primi ricordi televisivi di Truppi legati al Festival riguardano, non a caso, ‘Perdere l’amore’ di Massimo Ranieri, in gara quest’anno nella sua stessa categoria. L’auspicio, a questo proposito, è molto chiaro: “Spero di conoscerlo”.