Sabato al Foce di Lugano la performance sonora, un'esplorazione collettiva del paesaggio realizzata pensando all’accessibilità
Proseguono gli appuntamenti della Festa danzante 2021: il programma completo, con eventi in varie località del cantone, è accessibile su festadanzante.ch. Sabato allo Studio Foce a Lugano, dalle 15 alle 19.30, si terrà la prima svizzera di ‘Cordata’, lavoro creato da Chiara Bersani durante il primo lockdown partendo, come ha spiegato l’artista, da un desiderio: guardare il paesaggio. Ne abbiamo parlato con Marco D’Agostin che ha collaborato con Chiara e sabato sarà a Lugano.
Marco D’Agostin, che cosa è ‘Cordata’? Un’installazione, uno spettacolo, una performance?
Non è un’installazione e non è uno spettacolo: la parola performance va benissimo. ‘Cordata’ è stata creata da Chiara Bersani, un’artista affetta da osteogenesi imperfetta attiva nel campo della performance e della danza da ormai più di una decina di anni.
La performance è composta di tre momenti. Il primo è l’appuntamento con me che sono stato designato da Chiara “capocordata”. La cordata in questo caso è metafora per l’attraversamento in gruppo di un paesaggio e il capocordata ha l’incarico di consegnare ai partecipanti le regole per poter fruire della performance, consegnando una cartolina che contiene le istruzioni per accedere a un file audio. La seconda fase è il momento in cui gli ascoltatori decideranno di fare la cordata, cioè ascolteranno il file audio: il momento e il luogo della fruizione sono a discrezione dello spettatore. Questa seconda potrebbe anche avvenire molto tempo dopo la consegna delle istruzioni: è responsabilità dello spettatore
Il file è un testo scritto e letto da Chiara Bersani e musicato da F. De Isabella che conduce il pubblico ad attraversare il luogo in cui si trova osservando il mondo in un modo molto specifico.
Il terzo momento della performance è la scelta dello spettatore di spedire a qualcuno la cartolina che ho consegnato, proseguendo quindi la cordata.
Non è limitante non avere alcun controllo sulle condizioni in cui il pubblico ascolterà la performance?
Le ragioni di questa scelta sono principalmente due. La prima riguarda l’accessibilità: non tutti i corpi possono accedere né a tutti i luoghi presenti nel mondo né a tutti gli spazi teatrali. Questa performance è quindi pensata per essere fruita ovunque e quindi virtualmente accessibile a chiunque abbia il senso dell’udito: la possibilità di accedere per chi non può o, per motivi di sicurezza, non vuole andare in un luogo teatrale deputato.
La seconda ragione riguarda la responsabilizzazione dello spettatore: nel momento introduttivo non consegno solo delle regole e le istruzioni per accedere la file audio, ma la responsabilità che lo spettatore si assumerà usufruendo questa performance. Così l’opera accoglie la possibilità del fraintendimento e anche del cortocircuito con la realtà.
Questa responsabilità si basa su quali indicazioni? Dopotutto ‘paesaggio’ può indicare praticamente ogni tipo di territorio…
Viene fornito un elenco di esempi, ma l’indicazione non riguarda tanto la qualità del luogo o l’immaginario che questo può suscitare, piuttosto il perché ha scelto quel luogo. La scelta ruota intorno alla necessità di trovare un luogo in cui lo spettatore si sente a suo agio, in cui il suo corpo si sente al sicuro e al quale può accedere in sicurezza. E anche il desiderio di passare un tempo in quel luogo che può essere davvero qualsiasi luogo.
La performance è stata concepita durante il primo lockdown, un momento difficile per tutti.
La questione principale per Chiara è stata l’accessibilità dei corpi, in primo luogo quei cosiddetti corpi fragili sui quali la retorica mediatica si è scagliata senza nessuna preoccupazione e non ha tenuto conto dell’impossibilità, ancora maggiore della nostra, di uscire nel mondo, di abitare lo spazio pubblico.
Ma non è il testo ad affrontare questi temi, bensì le regole della performance. Il testo è semplicemente un accompagnamento dell’esperienza di quella persona immersa in quel paesaggio. È un testo che Chiara pronuncia come se lo stesse pronunciando per sé stessa e che commenta il paesaggio che lei ha di fronte, ma lo fa in maniera così aperta che quell’ascolto può essere pertinente per l’esperienza di ognuna e di ognuno.
Il testo è quindi una sorta di ‘discorso a sé stessa’, senza una vera e propria narrazione.
In realtà il testo è molto rivolto all’ascoltatore: prima quando ho detto che è come se lo stesse pronunciando a sé stessa ma intendevo riferirmi all’intonazione, alla temperatura della voce. In realtà il testo è rivolto a un interlocutore immaginario.
Non c’è una narrazione: è la testimonianza dell’esperienza di Chiara nel paesaggio in cui si trovava in quel momento. Ma che al contempo parla del paesaggio dello spettatore ovunque egli sia: lo si invita a osservare le cose che sono intorno a lei o lui, a riflettere, ad ascoltare, a collegare i pensieri tra di loro. In questo accompagnamento arrivano ovviamente pensieri ora più tristi, ora più spaventosi, ora più leggeri…