Spettacoli

‘Allen v. Farrow’, la verità di Hbo sugli abusi

Kirby Dick e Amy Ziering firmano un documentario nel quale si annunciano rivelazioni sui presunti abusi alla diglia Dylan Farrow.

Allen (Keystone)
13 febbraio 2021
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Uno non sa mai bene come affrontarlo, il caso dei presunti abusi sessuali di Woody Allen sulla figlia Dylan Farrow. La vicenda è intricata: la relazione tutt’altro che serena tra Allen e la compagna Mia Farrow, le indagini della clinica per abusi sessuali sui minori dello Yale New Haven Hospital e dei servizi sociali dello Stato di New York che hanno escluso abusi da parte di Allen, le famose foto di nudo di Soon-yi Previn, figlia adottiva di Mia Farrow (e futura moglie di Allen), le testimonianze dell’instabilità di Mia Farrow e dei suoi abusi sui figli adottivi, i sospetti di plagio della piccola Dylan che sarebbe stata costretta a ripetere bugie in cui ha finito di credere.

Vicenda tanto intricata quanto affrontata in maniera rapsodica nel corso degli anni: se all’inizio ha prevalso una certa indulgenza nei confronti del regista sul cui comportamento – un po’ perché uomo, un po’ perché artista – si poteva chiudere un occhio, adesso la mutata sensibilità impone un’attenzione che rischia di trasformarsi in persecuzione nei confronti di chi – perché maschio e perché artista e quindi parte di un’élite – è presunto colpevole. Il punto di svolta è stato lo scandalo Weinstein: se le 2014 la lettera di accuse di Dylan Farrow pubblicata dal New York Times aveva avuto scarsi effetti, nel dicembre del 2017 un testo analogo della donna pubblicato dal Los Angeles Times ha portato all’annuncio di numerosi attori di non voler più lavorare con Allen, alla cancellazione di un contratto con Amazon e al rifiuto dell’editore Hachette di pubblicare l’autobiografia di Allen.

In questo contesto arriva una nuova docu-serie di Hbo, un documentario in quattro parti intitolato ‘Allen v. Farrow’. Disponibile dal 21 febbraio, la serie è realizzata da Kirby Dick e Amy Ziering, due autori affermati, autori di pluripremiati lavori tra cui ‘The Bleeding Edge’ sulle pratiche scorrette dei produttori di dispositivi medici, ‘The Invisible War’ sugli abusi sessuali nelle forze armate statunitensi e il recente ‘On the Record’ sugli abusi sessuali del produttore discografico Russell Simmons. Insomma, dovremmo essere in buone mani; in realtà, ci sono elementi che destano non poca perplessità. Il trailer, innanzitutto: con in sottofondo drammatica musica per pianoforte, l’impressione è quella di entrare nella casa del serial killer del ‘Silenzio degli innocenti’. “Non importa quello che pensate di sapere: è solo la punta dell'iceberg” afferma, in conclusione del breve filmato, Dylan Farrow. Alla realizzazione del documentario non hanno partecipato né Woody Allen, né la moglie Soon-yi Previn, né Moses Farrow che ha denunciato gli abusi della madre adottiva Mia Farrow; avremo invece filmati girati da Mia Farrow in Connecticut quando i figli erano piccoli, audio registrati segretamente delle sue conversazioni con Woody Allen, il video di Dylan bambina che racconta “a caldo” le molestie che avrebbe subito, interviste a Mia, Dylan e Ronan Farrow, l'amica di famiglia Carly Simon, il procuratore pubblico Frank Maco. Nelle quattro puntate saranno anche sentiti alcuni esponenti del mondo culturale per rileggere, alla luce delle rivelazioni, l’opera cinematografica di Woody Allen.

Nell’intervista che Kirby Dick e Amy Ziering hanno concesso al New York Times troviamo interessanti dichiarazioni sugli obiettivi del loro lavoro che non vuole concentrarsi sull’autore dei reati, ma sul nostro rapporto con questi reati. Ma anche alcuni passaggi un po’ inquietanti: “Quando abbiamo iniziato ad ascoltare quello che lei [Mia Farrow] ha detto e a verificare quello che lui [Woody Allen] ha detto, il lavoro è diventato estremamente interessante”. La possibilità che ad abusare psicologicamente dei figli potesse essere Mia Farrow è stata esclusa in quanto “in genere nella nostra società sono solo una prova di misoginia”.

“Se faccio un passo indietro – scriveva il regista nella sua autobiografia ‘A proposito di niente’ –, devo dire che è stato molto divertente vedere tutta quella gente scalmanarsi per aiutare una squilibrata a realizzare la sua vendetta. Non sarebbe una cattiva idea farne una satira”. E invece ne hanno fatto un documentario.