Musica

Mina, quei favolosi anni ottanta

laRegina spegne le candeline. Gli esordi, l'addio, la trasformazione: breve storia di un’assenza quanto mai presente (con l'aiuto di Massimo Luca)

Tanti auguri (anche dalla Fonoteca svizzera)
23 marzo 2020
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Tra le prime e ad oggi più riuscite creazioni partorite dall’umorismo anti-contagio ce n’è una in cui si chiede che il governo italiano affidi a Mina l’incarico di produrre un tutorial su come si resta in casa. La Tigre di Cremona – il soprannome arriverebbe dalla foto scattata da Angelo Faliva che nel 1959 la ritrae con un tigrotto in braccio, il Circo Togni era in città – compie 80 anni il 25 marzo senza il rischio delle commemorazioni da ‘Ma che fine ha fatto?’. Basti l’album ‘Mina Fossati’ a cavallo di quest’anno funesto, ottimo diversivo per contaminare con la grande canzone italiana le nostre quattro sempre più claustrofobiche mura.

Idealmente, la carriera pubblica di Mina Anna Maria Mazzini – nata a Busto Arsizio, cresciuta a Cremona, anche nota nel giro dei musicisti come ‘Mazzini’ – inizia e termina in Versilia: nel 1958 a Marina di Pietrasanta, alla ‘Bussola’ di Sergio Bernardini, la 18enne che sale sul palco dopo il cubano Don Marino Barreto è un fiume in piena di vocalità e ritmo che le vengono dall’ascoltare le grandi voci e la musica che conta; la 38enne che il 23 agosto del 1978 al Lido di Camaiore scenderà dal palco del ‘Bussoladomani’ dello stesso Bernardini, al termine di undici concerti che dovevano essere quindici (colpa, forse, di un’infezione polmonare) è una donna in fuga dall’assedio mediatico.

Con una tournée negli Stati Uniti alle porte e che mai ci sarà, Mina avrebbe confessato alla giornalista Natalia Aspesi di essere “stanca di essere braccata dalla stampa e dai fotografi. Voglio essere me stessa”. Gli amici raccontano: “Era assalita dalla gente, i fotografi non avevano alcun rispetto nemmeno quand’era incinta”. Così, per fuggire all’isterismo e magari anche per quella cosa che ai grandi talenti riesce tutto facile e dopo un po’ si annoiano, la donna in carne e ossa diventa concept grafico in più di quaranta album trasformandosi in – citando a caso – aliena per ‘Maeba’ (2018), donna barbuta per ‘Salomè’ (1981), palestrata per ‘Rane supreme’ (1987), picassiana per ‘Ti conosco mascherina’ (1990), boteriana per ‘Caterpillar’ (l’anno dopo), fino alla forma di cartoon Disney per il Christmas album del 2013. Un'assenza quanto mai presente.

'Com’è bello avere più di vent’anni, che favola: ti rendi conto di ciò che ti passa sotto le mani' (24 agosto 1978)

“Trovate qualcuno che da 42 anni non si esibisce dal vivo, non fa promozione ed è primo in classifica”, diceva il figlio e produttore artistico Massimiliano Pani due anni fa, quando nel quarantennale dell’ultimo concerto raccontava la madre vista dal vivo: “Una sberla di emozioni, tutta subito e senza bis”. Una giovane Platinette – all’anagrafe Mauro Coruzzi, tessera numero 4 del Mina Fan Club – così ricorda quella notte nel libro ‘Mina per neofiti’ di Aldo Dalla Vecchia: “Piangevamo tutti, come se avessimo la consapevolezza che fosse un addio. Un particolare che non scorderò mai sono le sue gocce di sudore. Quando girava la testa, partivano come raffiche di proiettili”. Giusto il tempo, all’alba del giorno dopo, di accontentare gli inviati di Radio Taranto per l’ultima intervista concessa e poi solo parzialmente autorizzata – “Com’è bello avere più di vent’anni, che favola: ti rendi conto di ciò che ti passa sotto le mani” – e da lì in avanti solo dischi. Tanti. Milioni.

Qua e là, senz’avvisare, improvvisate telefoniche – “Ero qui a casa, mi stavo lavando i capelli. Volevo rendere omaggio a un grande”, salutando Fausto Leali ospite nel 1996 alla televisione svizzera – e cinquanta storici minuti di video per ‘Mina in studio’, anno 2001; fino alla foto intitolata ‘Madre e mio fidanzato che guardano video di gangsta rapper venezuelani’ postata dalla figlia Benedetta sulla sua pagina Instagram, con la cantante sul divano, di spalle, e il Mina Fan Club che digita “Regalaci un sogno: una diretta Instagram per il tuo 80esimo compleanno!”. Di questi tempi, sperare e attendere non costa nulla.

‘Fare sesso è un’attività giocosa e prevista dalle regole della natura’

Cinque applausi a scena aperta per l’esordio al Festival di Sanremo del 1960 dove Mina, sulla scia dei singoli ‘Nessuno’ e ‘Tua’, giunge dando scandalo, vuoi per le foto in bikini, vuoi per la risposta data a un cronista destinata a fare scalpore: “Fare sesso è un’attività giocosa e prevista dalle regole della natura”. Arriverà settima, per tornare l’anno successivo (e poi mai più) coi riflettori puntati addosso, tanto che il settimanale L’Europeo – racconta Gigi Vesigna nel libro ‘Vox Populi’ – invierà Oriana Fallaci ad intervistarla. Mina dirà la sua su Fidel Castro – “Mi fa semplicemente impazzire: so che ha accoppato un sacco di gente e che è un simpatico”– su Maometto – “Che nome carino. Se un giorno avrò un figlio lo chiamerò Maometto” – con la libertà di chi, a Mario Soldati che in un’intervista tv le chiedeva quali fossero le sue letture, ribadiva di leggere solo Paperino.

Simbolo dell’emancipazione femminile, il legame sentimentale con l’attore Corrado Pani, già sposato, fece tremare le fondamenta dell’Italia puritana e scomodare il Vaticano. Gli amanti del gossip conosceranno senz’altro il percorso che porta sino al cardiochirurgo cremonese attuale marito, con il quale la cantante ha vissuto tra Brescia (dal 1997 al 2007) e, definitivamente, Lugano, due città dove ognuno si fa più o meno gli affari suoi.

“È per la musica quello che De Niro è per la recitazione” ha detto di lei Liza Minnelli; per Mia Martini, nei concerti del ’78 Mina non era inferiore ad Aretha Franklin. “Quando cantò ‘La canzone di Marinella’ – raccontava Fabrizio De André di quel singolo uscito nel 1968 – determinò la mia vita. Scrivevo canzoni da anni e non avevo risultati pratici. Avevo quasi deciso di finire gli studi in legge per diventare un pessimo avvocato. Con i proventi Siae della canzone decisi di continuare a scrivere canzoni. Un bene, soprattutto per i miei virtuali assistiti”. Dice Faber a Vincenzo Mollica: “La voce di Mina è un miracolo. È come se abbia una memoria prenatale della musica. Quello di sapere prima di conoscere è il fenomeno tipico della genialità”.


Massimo Luca

Massimo Luca: ‘Buona la prima’ non è una leggenda

Gli album in cui suona sono ‘Mina®’ (1974), ‘Singolare’ (1976), ‘Uiallalla’ (1989). «Ho lavorato con Mina ai tempi in cui gli arrangiamenti li curava Pino Presti. Ho suonato in ‘L’importante è finire’, ‘Caravel’, ‘Sognando’, bellissima canzone di Don Backy. E anche anni dopo, chiamato dal figlio Massimiliano». Per laRegione, Massimo Luca accende il flashback che da ‘Mina Fossati’ torna indietro a ‘Mina Celentano’ (1998) passando per ‘Mina quasi Jannacci’ (1977) per arrivare fino a ‘Minacantalucio’ (1975), il primo dei suoi molti tributi ai grandi autori. E Luca, che di Battisti è stato la chitarra acustica da ‘I giardini di marzo’ a ‘Il mio canto libero’ e dintorni, suona nel celebre duetto televisivo del 1975, un crescendo indimenticabile di nove minuti netti che da ‘Insieme’ arriva sino a ‘Emozioni’.

Roma, Teatro delle Vittorie, 23 aprile 1972: «Noi musicisti con Lucio Battisti partimmo la notte del 22 in vagone letto per arrivare nella Capitale alle 8.30 del mattino. In treno, io con la chitarra e Gianni Dall’Aglio con le bacchette a picchiare sui sedili di velluto provammo l’incastro delle canzoni dateci da Lucio, che viaggiava da solo in uno scompartimento singolo. Mettemmo insieme quel medley in base alle tonalità, in modo che fossero scorrevoli. A Roma, nel pomeriggio, ci fu solo un rapido check tecnico. Mina passò davanti ai camerini, mise dentro la testa e chiese “Andate bene le prove?”. Io risposi: “Tutto fantastico, stai tranquilla”. Anni dopo mi scusai per questa bugia bianca. In realtà una prova non ci fu mai». C'è un particolare che il chitarrista ama citare: «Su ‘Io e te da soli’, Mina improvvisò dei controcanti in tonalità altissima, simulando la parte dei violini nel disco. Un’invenzione istantanea, tanto per valorizzare l’idea che fossimo di fronte a mostri sacri e non ad artisti qualunque».

'Era una che conosceva il rigore, come tutti i grandi, e se c’era qualcosa di storto lo sapevi subito da lei'

I ricordi di Massimo Luca coprono un altro capitolo musicale d’Italia. «La registrazione de ‘L’importante è finire’ fu un’evento memorabile per me. Entrai in studio, vidi una specie di lavatrice con i tasti colorati e chiesi a Pino Presti cosa fosse. Mi disse: “È una batteria elettronica. Adesso dovrete suonare insieme, voi due”. Era il 1974 e per me fu l’ingresso in una nuova dimensione. Era il primo seme di quello che accade oggi, il registrare uno alla volta, una pista per volta». Successe nella cosiddetta ‘Basilica’, chiesa sconsacrata e studio di Mina in via Santa Sofia a Milano. «Ebbe bellissime parole per il mio lavoro e per quello di tutti. È sempre stata molto affettuosa quando le cose erano fatte bene. Perché quando erano fatte male non te lo mandava a dire. Conosceva il rigore, come tutti i grandi, e se c’era qualcosa di storto lo sapevi subito da lei».

E se qualcuno ancora credesse che si tratti di leggenda metropolitana: «Negli anni Settanta, lei arrivava sempre all’ultimo momento, preceduta da questa fama del ‘buona la prima’: prendeva il microfono, cantava e la prima esecuzione era già di un’eccellenza fuori dal comune. Spesso i fonici s’inventavano problemi tecnici, “Dai Mina, facciamone un’altra perché non ero pronto coi livelli!”, sapendo che a lei dava fastidio che bastasse quel poco che aveva cantato. Il fatto è che eravamo già di fronte a un monumento nazionale, o mito, leggenda, comunque la si voglia chiamare».

Buon compleanno dalla Fonoteca nazionale svizzera

Chiudiamo col regalo virtuale della Fonoteca nazionale svizzera, che su www.fonoteca.ch pubblica tutte le informazioni dell’intera discografia di Mina, conservata negli archivi di Lugano. Il ‘biglietto d’auguri’ è il seguente: “Salvaguardiamo e valorizziamo il patrimonio sonoro svizzero. Accanto alle voci di Giuseppe Motta e di Henri Guisan, alle incisioni discografiche di Ernest Ansermet e di Arthur Honegger, alle voci di Francesco Chiesa, Alberto Giacometti o Ferdi Kübler, agli album di George Gruntz e Franco Ambrosetti non potevano mancare le registrazioni della grande cantante che da anni ha scelto la Svizzera come sua residenza. Tanti auguri Mina”.

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