Spettacoli

Tutta un’altra musica

Questa sera al Lac ‘Silent’, progetto per riscoprire, con i sordi, altre dimensioni del suono Ne parliamo con l'ideatore, il compositore Gabriele Marangoni.

(Dario Garegnani)
29 gennaio 2019
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Un concerto che va oltre l’udibile, lavorando sulla percezione fisica e cerebrale del suono: così si presenta ‘Silent’, concerto – o meglio esperienza, visto che tutto, qui, è un invito a superare le categorie tradizionali – che si terrà questa sera alle 20.30 al Lac di Lugano in prima svizzera. Protagonista di ‘Silent’, un ensemble vocale di sordi che, sotto la direzione di Dario Garegnani, interagirà con la partitura sonora elettronica e le voci di Francesca Della Monica e David W. Benini. E l’ideatore di tutto questo, il compositore, musicista e docente al Conservatorio di Cagliari Gabriele Marangoni.

Marangoni, che cosa è ‘Silent’?

Innanzitutto, è un’esperienza immersiva di suono. Questo abbinamento tra musicisti e un ensemble di sordi nasce dalla natura stessa del progetto che ho sviluppato partendo da un’esigenza: spostarmi dalla concezione tradizionale del suono per andare a riscoprire una produzione che fosse anche più primordiale.

E questa dimensione l’ha trovata nei sordi?

I sordi sono quelle persone che percepiscono i suoni ma non attraverso l’udito, come facciamo noi, ma la vibrazione, lo spostamento d’aria… il suono prende una connotazione fisica, sia nel senso di corporeo, sia nel senso della scienza. Tutto è pensato in funzione dell’ensemble dei sordi. Nella partitura di ‘Silent’, tutti i suoni sono suoni che i sordi possono produrre e gestire, come la respirazione, la percussione dei denti… tutti elementi che sono stati orchestrati in una vera partitura di musica contemporanea che poi è stata aperta a dei solisti che sono estensioni dei sordi.

Per il pubblico che cosa significa?

Entrare in una percezione del suono molto particolare, tornare a parlare di suono come vibrazione anche delle cavità interne corporee. Per il pubblico sarà un’esperienza immersiva fatta di aria, di vibrazioni… arriviamo a usare onde sonore fino ai 4 hertz, di 16 hertz sotto la soglia uditiva dell’uomo.

Suoni ai quali anche noi siamo sordi.

Esatto. Non percepiamo quei suoni attraverso l’udito, ma attraverso un cambiamento di pressione. Sentiamo le nostre cavità vibrare per simpatia con queste onde sonore. Ogni persona del pubblico avrà a disposizione una sfera d’aria che potrà abbracciare o tenere con sé durante tutto il concerto, in modo da avere questa fruizione del suono tramite la vibrazione.

Come fanno i sordi?

Come fanno i sordi. Anche sul palco dove i performer sordi, attraverso dei dispositivi vibranti, possono percepire in alta definizione tutto quello che succede, sia i suoni che producono sia quelli che li circondano. Si tratta di superfici vibranti progettate da Nicola Riva fatte interamente in legno con al loro interno un trasduttore che trasforma in vibrazione i suoni, rendendo non solo il ritmo, ma tutte le sfumature timbriche del suono. Questo permette uno scambio performativo perfettamente alla pari tra udenti e non udenti. Diciamo che in ‘Silent’ siamo noi udenti a entrare nel mondo dei sordi. Per me è una cosa molto importante: non si tratta di far intuire a un sordo com’è il nostro universo uditivo, ma entrare noi nel suo.

Ma ha senso parlare ancora di musica, oppure abbiamo a che fare con un’altra forma d’arte?

Sì, il termine “musica” va un po’ stretto. Perché la nostra storia musicale a un certo punto ci ha portato, sia come fruitori sia come compositori, a relazionarci con altre caratteristiche del suono. E abbiamo perso l’esperienza fisica e primordiale del suono, quello che il nostro corpo sente. So che il termine “immersivo” viene spesso abusato, ma in questo caso il pubblico viene davvero immerso in una grande sfere sonora.

Come avviene il coinvolgimento dei performer sordi nello spettacolo?

Come compositore inizio a interagire con loro mesi prima del concerto, con dei workshop in cui lavoriamo su queste strutture sonore, vediamo come gestirle. Fino all’ultima fase, quando c’è un direttore d’orchestra – Dario Garegnani – che dirige sia i sordi sia i solisti. E qui diventa molto interessante perché il linguaggio di un direttore d’orchestra è fisico, un linguaggio di segni. Una cosa che mi stupisce sempre è la grande facilità che hanno i sordi a interagire e dialogare attraverso il contatto visivo, attraverso la gestualità – perché ci sono abituati fin da piccoli. E questo crea una connessione molto forte.

Un’esperienza sonora nuova ma, volendola considerare una composizione musicale, a cosa la potremmo accostare?

Parte con il linguaggio della musia contemporanea più recente. Da lì poi si sviluppa e prende tutte le altre caratteristiche che la distinguono dall’estetica della musica classica contemporanea.

La musica contemporanea ha in genere un suo pubblico ben preciso. ‘Silent’ a chi si rivolge?

È trasversale. Perché dentro di sé ha un lato, una carica umana che le permette di superare questa divisione di genere. Il progetto l’abbiamo già presentato diverse volte – quella al Lac sarà la prima svizzera –, e la cosa che mi ha meravigliato è la risposta in un pubblico veramente eterogeneo. Negli intenti di ‘Silent’, l’ascolto è quasi una cosa collaterale: c’è questa esperienza fisica, di immersione sonora, che è percepita e compresa – in maniera naturale e istintiva – da tutti.