Motta con Nada premiati per la migliore esibizione. Sempre lo stesso, anzi meglio, l'ex Spands con Arisa di 'Mi sento bene'
Il danzometro, sistema di misurazione che rileva l'entusiasmo nell'acquario dei giornalisti, non ha raggiunto i picchi di Tozzi e Raf. Ma ieri sera il sentimentometro, al contrario, si è acceso sull'entrata di Anthony Patrick Hadley detto Tony, ex voce degli Spandau Ballet. Il capello è più grigio, la voce è ancora quella di una volta, voce che non si piega al tempo e alle tendenze per la quale i reali d'Inghilterra gli dovrebbero almeno un titolo di baronetto. Ma Arisa potrebbe essere regina del Festival e Hadley re (per tutta la nostra vita.
'Dov'è l'Italia' di Motta con Nada ospite ha vinto la notte dei duetti, quarta serata del Festival di Sanremo che terminerà domani. Il livornese nato a Pisa è l'uomo del giorno da molti giorni, e "Il giorno dei giorni", parafrasando l'ospite della serata, è stato il Premio Tenco, cugino impegnato di Sanremo.
Ligabue è l'unico ospite del venerdì e si prende il dovuto tempo, compreso quello per dell'autoironia non indispensabile (bastava e avanzava il nuovo singolo 'Luci d'America). L'aver voluto omaggiare in vita Francesco Guccini è intento nobile, meno la resa di 'Dio è morto', che se è pane per il Liga, Baglioni non ha i denti. È la notte dei duetti, quella in cui va in scena la rivoluzione voluta da Baglioni assecondato dall'azienda, aperta da 'Acqua dalla luna' (l'aspirante mago, uno che "sa stralunare la luna").
Dalla deriva finto-adolescenziale di 'Senza farlo apposta', Cristina D'Avena con il cappello di Bob Dylan ne esce alla grande. Noemi, che al Festival non ha mai sbagliato un vestito, non sbaglia nemmeno i finali e dà una spallata di classe a un brano che sta in alto dall'annuncio dei 24 big. I Negrita dividono calvizie con Enrico Ruggeri («Tanti capelli sul palco» esclama Bisio, unendosi ai due come in una partita di carambola). Roy Paci i capelli ce li ha tutti e suona divinamente la tromba, mentre Rouge canta non esattamente nella sua tonalità più comoda.
Il violinista Alessandro Quarta, che apre per Il Volo 'Musica che resta', ci fa rimandare la questione dei baci dati all'anima. Forza e tecnica ci chiudono la bocca. Ghemon non si fa amare, ma solo per il vestiario che, forse, vorrebbe ispirarsi a Demis Russos, ma che pare però quello del Gabibbo (beige, in questo caso). Diodato, il confronto vocale nasce spontaneo, non lo aiuta (e non aiuta nemmeno se stesso). Se Francesco Renga si lascia sollevare dalla danza con les étoiles Abbagnato e Vogel (la stella è anche Bungaro, co-autore del brano), Nek diventa sinfonico con poesia di Neri Marcoré annesso; mentre Fabrizio Moro – l'immagine del suo logopedista con le mani nei capelli ci tormenta – urla addosso a Ultimo 'I tuoi particolari'.
Cinque brividi corrono lungo la schiena da metà serata in avanti: il primo lo regala Enrico Nigiotti con Paolo Jannacci al pianoforte e Massimo Ottoni ai disegni con la sabbia; il secondo è 'L'amore è una dittatura' di Zen Circus appoggiati da Brunori Sas; il terzo, la canzone imprescindibile affinché di questo Festival si parli in futuro. Manuel Agnelli raggiunge Daniele Silvestri su 'Argento vivo' e solleva ulteriormente l'asticella; Ermal Meta rende il favore a Cristicchi (duettante lo scorso anno su 'Non mi avete fatto niente') e lo fa con successo. Quinto e ultimo brivido, 'Rolls Royce', con Achille Lauro e Morgan a fare a gara tra chi è il più fuori dei due (vince ancora Morgan). il risultato è fantascienza (che chiama il ballo di gruppo).
Il Festival si conclude questa sera.