La regista e protagonista del film in Piazza Grande Alice Lowe racconta come è nato un film troppo strambo per essere vero
Ci sono film divertenti da vedere. E ci sono film che, prima ancora di essere divertenti da vedere, sono stati divertenti da fare: ‘Timestalker’ di Alice Lowe (vedi recensione) rientra in questa seconda categoria, come ci conferma la stessa regista. «È il bello dei film indipendenti: non sarai pagato granché, ma vuoi essere lì perché credi nel film e quindi tutti avevano capito e amavano il progetto. Il che non è poco, visto che è un film così strambo». E “strambo” rende bene l’idea di ‘Timestalker’, con la protagonista Agnes (interpretata dalla stessa Lowe) che si reincarna attraversando i secoli, sempre innamorandosi della stessa persona e sempre morendo tragicamente. «Tutti dicevano “ok, è una bella idea, è divertente, ma non ce la faremo mai”. E invece lo abbiamo fatto, e siamo a Locarno in Piazza Grande: questo film è una specie di unicorno».
Questo film lei l’ha scritto, diretto e interpretato: quanto c’è di personale?
Volevo fare un film divertente perché amo il cinema. Adoro stare sul set. Amo recitare. Amo dirigere. Mi piace molto, ed è così raro averne l’occasione e quindi ho voluto fare un film come se non potessi farne un altro, ho voluto metterci tutto.
Quanto c’è di personale? I miei film sono sempre personali: è la storia di una singola persona, non si parla di tutte le donne o di tutta l’umanità, ma solo di questa donna, di questa strana donna, di questo strano personaggio che in un certo senso è me. Non del tutto, diciamo che è una versione alternativa di me, una me di una dimensione parallela.
Una versione reincarnata di Alice Lowe.
Sì, esatto. Questo progetto è un po’ la mia vita: muori in molti modi e, se sei fortunato, torni di nuovo e di nuovo e di nuovo, ed è una metafora del tipo di creatività e di tenacia che ci vuole oggi per fare un film nel Regno Unito. Ci sono così poche possibilità, così pochi soldi che puoi andare avanti solo se, come Agnes, continui a credere in questo folle amore che ti porterà, di nuovo, alla morte.
Abbiamo una donna il cui amore si conclude, in ogni reincarnazione, con la morte: il film ci dice che i colpi di fulmine, se esistono, sono pericolosi?
Per me è piuttosto come raccontiamo certe storie: abbiamo Biancaneve che vede il principe una volta sola e basta, quello è l’amore della sua vita si sposano e fine della storia. Ma se cresciamo con delle storie che si concludono lì, c’è qualcosa che non va: voglio dire, è ridicolo non raccontare il resto.
Il film non è tanto sul fatto che l’amore a prima vista non esiste, o non esiste per tutte e tutti, ma riguarda piuttosto il modo in cui continuiamo a raccontarci certe storie: ok, Biancaneve segue il principe nel castello e poi lui magari è una persona orribile o più banalmente non è la persona giusta, non si trova bene con lui.
Alla fine queste storie ci intrappolano, sentiamo di avere quella parte assegnata ed è difficile cambiare, anche se lo si vuole. Ecco, una delle beffe del mio film è proprio questa: tutti i personaggi vogliono cambiare, ma alla fine reincarnazione dopo reincarnazione continuano a trovarsi nella stessa situazione, invischiati nelle stesse dinamiche. E questo si vede anche nel finale: senza rivelare troppo, volevo lasciare queste due possibilità, il lieto fine ma anche il fatto che nulla di quello che si è visto è reale. Ed è una scelta difficile, per una autrice, perché sai qual è la storia classica e sei tentata di cambiarla, con una protagonista forte che prende in mano il proprio destino. Ma non funziona così, nella realtà.
Agnes non è quindi una donna forte?
Sono sempre un po’ diffidente verso i personaggi femminili forti perché penso che poi ci si faccia l’idea che le donne debbano essere perfette, che sappiano battersi, che conoscano le arti marziali, come usare una pistola e siano anche straordinariamente intelligenti.
E poi, da attrice, dico che è così noioso interpretate un personaggio perfetto: tutti gli esseri umani sono imperfetti, hanno problemi ed è proprio questo l’importante. Agnes è come ossessionata da se stessa, ha manie di protagonismo, è piuttosto egoista e fa molte cose fastidiose. Ed è anche abbastanza stupida, o quantomeno ingenua. Ma ha questo amore romantico e coraggioso che la porta a perseverare. Agnes continua a morire per amore, ma soprattutto perché crede in qualcosa. E penso che questo, in un’epoca in cui non si crede più a niente, sia in qualche modo ammirevole, anche se alla fine è nel torto.
Che tipo di ricerca storica è stata fatta per il film? Mi ha sorpreso scoprire che i giocattoli sessuali non sono una invenzione moderna.
Oh sì, sono molto più vecchi di quanto si pensi e ne puoi trovare nei musei e scoprire che wow, li facevano anche di giada!
Ho adorato fare ricerche soprattutto per l’Età georgiana perché era una società così strana e molto più disgustosa di quello che si può pensare. Hai l’idea che fossero così raffinati, con quelle parrucche, ma in realtà sotto avevano i pidocchi. E puzzavano: erano così carini da vedere ma puzzavano in maniera nauseante! C’erano poi alcune usanze davvero strane e molto più animalesche di quello che si pensa.