La competizione internazionale ha visto oggi ‘Animal’ della regista greca Sofia Exarchou e ‘Yannick’ del francese Quentin Dupieux
‘Animal’ opera seconda della greca Sofia Exarchou, e ‘Yannick’ del prolifico regista francese Quentin Dupieux sono i film di oggi nella sezione del Concorso internazionale. Diciamo subito che il primo paga un po’ il peso delle quasi due ore, mentre il secondo si ferma giusto, giusto a 65 minuti.
Entrambi hanno il merito di porre in evidenza dei temi fondamentali del nostro vivere quotidiano, il primo ambientato sulla costa greca dove scopriamo un gruppo di animatori che hanno il compito di mediare l'esperienza degli ospiti in un hotel all-inclusive in modo tale che la creazione di ricordi sia percepita come un investimento di marketing. Il secondo è ambientato a Parigi in un teatro mitico che ogni parigino che esce la sera conosce, almeno per nome, i Bouffes Parisiens, per dar vita a un film politico, delirante e astuto. Un film che è una feroce riflessione sulla nozione di spettacolo e pubblico. La recita che viene posta al centro dei due film è affatto diversa: nel film greco l’ispirazione ai movimenti è di carattere circense e coreografico, nel film francese è il classico teatro di parola e nel film la questione è filosofica. L'arte è fatta per piacere? Esiste l'arte popolare?
Tornando ad ‘Animal’, il film greco, dobbiamo subito sottolineare il lavoro della macchina da presa di Monika Lenczewska (che ha anche girato il film d'esordio della regista, ‘Park’), lei predilige cieli grigi, spiagge deserte e una tavolozza di colori sbiaditi, come per sottolineare che questo è lontano da un paradiso baciato dal sole. E con gli stessi colori dipinge la figura della protagonista, Kalia (una straordinaria Dimitra Vlagopoulou), la cui decennale carriera di animatrice sembra aver preso un tributo simbolico, privandola della capacità di sognare. “Io non sogno. Ho un vuoto" confessa alla giovane amica che ha paura di un sogno incubo, quello della sua famiglia che non accetterebbero di vederla al lavoro, lei l’adolescente Eva (Flomaria Papadaki) viene dalla Polonia, e la matura Kalia, in lei, si rivede giovane.
Una gioventù che l’ha definitivamente lasciata, e anche il suo corpo la tradisce, in una esibizione cade e si procura una ferita che va in cancrena, ma lei non vuole lasciare quella che è diventata la sua famiglia, “The Show Must Go On” avrebbe gridato Freddy Mercury, ma nella sua testa girano le note di "Yes Sir, I Can Boogie" delle Baccara, e lo canta ferita e disillusa in un finale di grande potenza visiva ed emozionale. E il pubblico? I turisti? Loro non si accorgono di niente, hanno pagato e lo spettacolo continua, torneranno anche l’anno prossimo, si sono tanto divertiti.
Sofia Exarchou firma un film che resta in sospensione, evitando di diventare politico, quasi a dirci che questo è il mondo, il destino di tante donne. E nella notte inaugurale del Festival, colorata dalla Campari, a Villa San Quirico a Minusio, c’era un’animatrice che con grande classe circense ha giocato con strisce colorate di rosso e ha compiuto acrobazie con un cerchio. E abbiamo ripensato al film, è il mondo questo, e gocce di pioggia si sono mescolate alle mie lacrime impotenti.
‘Yannick’, l’ultima fantasia di Quentin Dupieux, lanciata a sorpresa in piena estate, è uscita ieri a Parigi, si presenta subito come una pura quintessenza del suo cinema. Dupieux non pensa al grande film, come un pittore dipinge idee colte al volo, e le fissa non per l’eternità ma per essere colte al momento. E questo film è una favola feroce contro l’ipocrisia che ci domina, contro il nostro accodarci per applaudire, senza un vero perché, perché è il concerto di… perché è il non mancare all’evento, ma questa incapacità critica del pubblico ha reso vane le sale prima di svuotarle sia in teatro che al cinema.
E quindi un fotogramma da ‘Yannick’ di Quentin Dupieux
Il regista ci presenta colui che dice “il re è nudo”, lo Yannick del titolo stanco di una mediocre commedia si alza in mezzo alla platea mezza vuota e urla il suo disappunto, lui guardia notturna che si prende a fatica una serata libera è arrabbiato e non esita a prendere la pistola in mano e a tenere sequestrati attori e pubblico. Arriva a scrivere in maniera sgrammaticata una pièce banale ma ben più viva di quello che si stava recitando. Quello che succede è uno psicodramma dove ognuno perde il suo ruolo diventando marionetta di un mondo di folli. Almeno fino all’arrivo della sicurezza, il mito del nostro tempo.
Per le proiezioni, consultare: www.locarnofestival.ch.