Fuori dal film

La via crucis del nazzareno

Mannaggia allo sciopero. C'è chi ha visto il direttore artistico salire verso la Madonna del Sasso, non tanto per chiedere bel tempo, semmai una stella

Bye bye Locarno
(Keystone)
4 agosto 2023
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Eppure è giusto. Nonostante la parola Hollywood susciti ville tempestate d’oro, piscine private e attori a bordo di automobili con più tubi di scappamento che posti a sedere, il cinema resta un mestiere per la maggior parte dei suoi operatori. Un lavoro che come tale risponde a integraliste logiche di mercato, spinge il pedale della produttività, monetizza, esaurisce, reagisce alle crisi del nostro tempo nel più classico dei modi: costo zero.

La tecnologia soppianta l’essere umano, lo libera dal lavoro, dimenticandosi di fornirgli una contropartita che possa rendere accettabile l’operazione. E così l’intelligenza artificiale, ma anche il progressivo passaggio dal televisivo alle piattaforme, ha reso oltremodo precario il mondo del cinema.

L’eco delle proteste è approdata anche a Locarno, le defezioni da parte degli ospiti si accumulano, tanto che gli occhiali da sole del direttore artistico Giona A. Nazzaro si fanno sempre più neri, perché se a parole non manca mai di dichiararsi solidale con chi sta da mesi scioperando, appare ormai evidente che questa edizione passerà alla storia per le tristi latitanze più che per le sgargianti presenze. C’è chi giura di averlo visto, vestito alla nazzarena, salire verso la Madonna del Sasso (con tanto di stazioni penitenziali) non tanto per chiedere bel tempo, semmai una stella, una Cate Blanchett, che qualcuno gli allontani questo calice di scioperanti.

Queste assenze, lo ammetto, non mi appassionano, perché se da una parte sono anni che assistiamo con indignazione variabile alla sostituzione degli esseri umani da parte delle app e del lavoro gratuito, dall’altra la sovrabbondanza di premi ha svuotato la capacità del Festival di imporsi come identità cinematografica. Ne deriva che l’equazione più sponsor, più premi, più star, più giornalisti, più pubblico oggi risulta superata, accendendo il riflettore sulla sola casella che, probabilmente, può ancora fare la differenza, quella della qualità dei film. Perché una grande parte del pubblico chiede storie potenti prima delle personalità di rilievo; così come, forse, una grande parte degli sceneggiatori, ma più in generale dei lavoratori, ambisce a una migliore redistribuzione delle ricchezze, a un sistema sociale solido, al diritto a un salario, a una pensione dignitosa. Sono temi noiosi e datati, ma forse anche intramontabili, come un classico del cinema o della letteratura, come un piatto di pasta al pomodoro, che non vincerà un eccellente award, tuttavia sfama più di una tartina al caviale.

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