Riscopriamo con la professoressa Tatiana Crivelli la figura della scrittrice svizzera, al centro di un incontro alla Casa della Letteratura
È un anno particolare, per parlare di Alice Ceresa, ci spiega Tatiana Crivelli, professoressa di letteratura italiana all'Università di Zurigo e una delle ospiti dell’evento che sabato si terrà alla La Casa della Letteratura per la Svizzera italiana di Lugano per ricordare l’autrice svizzera. Insieme a lei, alle 17 in streaming su Facebook e YouTube (info su casadellaletteratura.ch), anche Laura Fortini e la scrittrice Silvia Ricci Lempen.
L’appuntamento dedicato ad Alice Ceresa rientra nelle celebrazioni per i 125 anni della Biblioteca nazionale svizzera che si sono svolte l’anno scorso; rinviato per la pandemia, questo incontro si ritrova adesso in un altro anniversario, quello per i vent’anni dalla morte di Ceresa. «E abbiamo anche alcune di pubblicazioni che hanno riportato l’attenzione sull’ autrice: per Nottetempo sono usciti una nuova edizione ampliata del ‘Piccolo dizionario dell'inuguaglianza femminile’ e l’‘Abbecedario della differenza’, curato da Laura Fortini, che sul modello del ‘Piccolo dizionario’ rende omaggio ad Alice Ceresa, mentre la rivista ‘Quarto’ dell’Archivio svizzero di letteratura ha dedicato il suo ultimo numero a lei, con immagini molto belle».
Tatiana Crivelli, chi era Alice Ceresa? Magari iniziando dalla vita della scrittrice ticinese.
Lei dice che è ticinese, ma è bene ricordare che Alice Ceresa è nata a Basilea e ha quindi fatto le scuole elementari in tedesco. La famiglia è poi tornata in Ticino dove lei ha concluso, in italiano, le scuole dell'obbligo e studiato alla Commercio a Bellinzona obbligata dal padre, cosa che per lei è stata una sofferenza. Dopodiché ha tentato di fare l’università a Losanna – un tentativo, dice lei, abortito con soddisfazione generale –, quindi in francese. Dopo di che ha cominciato a lavorare come giornalista a Zurigo: si è quindi mossa in tutta la Svizzera plurilingue e questa è una cosa molto interessante. Si è poi trasferita in varie città in Italia e in Francia finché nel 1950 si è stabilita definitivamente a Roma.
Lei per me è la figura di nomade intellettuale, non tanto per i suoi spostamenti ma proprio per questo suo stare a cavallo tra le culture e lingue, anche un po' ai margini ma non nel senso privativo del termine. Credo che la sua scrittura sia ancora attuale anche per questo, per il suo stare in questi luoghi di passaggio.
Giornalista culturale, traduttrice e consulente letteraria per Longanesi, leggo dalla biografia. Lavori “dietro le quinte”, in un certo senso.
Sì, possiamo dire così: non stava sotto le luci della ribalta. A parte i pochi lavori che ha pubblicato e che l’hanno subito resa una personalità interessante. Lei ha scritto tantissimo ma pubblicato molto poco, era molto selettiva e adesso il suo fondo è a Berna, un archivio pieno di testi inediti, di scritture e riscritture, anche il ‘Piccolo dizionario’ è inedito, tratto da materiali su cui ha lavorato dagli anni Settanta fino alla morte ma mai pubblicati.
Tornando alle cose pubblicate, ovviamente c’è il primo romanzo, ‘La figlia prodiga’ del 1967: un romanzo assolutamente sperimentale, se non lo ha mai letto ci deve provare. Nell’unica edizione adesso disponibile hanno tolto gli ‘a capo’, ma nella collana sperimentale originale era una specie di prosa versificata, un romanzo sperimentale come andava all'epoca. Pubblicato da Einaudi, vinse il premio Viareggio opera prima ed è stato un momento di rottura, viene apprezzata tantissimo dai grandi nomi della letteratura italiana, per esempio Manganelli scrive delle cose straordinarie su questo romanzo. Dà un contributo notevole a questa spinta dello sperimentalismo e della neoavanguardia, partecipa anche alle riunioni del Gruppo 63.
Gli altri due testi arrivano molto dopo. ‘Bambine’, il secondo romanzo, parte di una trilogia che non ha mai completato, e poi un lungo racconto che si intitola ‘La morte del padre’ probabilmente nato come racconto radiofonico per la Radio della Svizzera italiana.
Negli archivi cosa troviamo, invece?
Cose su cui ha lavorato, dal teatro alla traduzione al terzo romanzo, altri racconti, biografie fittizie. Tantissimo materiale tra cui appunto il ‘Piccolo dizionario’ che è un testo molto particolare nel quale riflette sulla società, sulla condizione della donna, sulla famiglia, organizzato questo sapere in forma di dizionario. La cosa che unisce tutti i suoi scritti, editi e inediti, è appunto questo: lei stessa afferma di aver scritto su una cosa cosa, quella che davvero le interessa, la condizione della donna. Ma lo affronta in modo ampio e non sempre in accordo con i movimenti femministi dell’epoca perché ne condivide le rivendicazioni ma al contempo conduce una riflessione molto profonda sulla società, sulle norme rigide che la regolano, sulla famiglia come luogo tutt'altro che idilliaco. È che se lei mettesse delle bombe sotto i concetti tradizionali, facendole poi esplodere dall'interno, cosa che fa di lei una scrittrice secondo me molto attuale.
In cosa consiste questa attualità? Vediamo nelle attuali rivendicazioni femministe temi e approcci che non c’erano, negli anni Settanta.
Parzialmente: i grandi temi come l’autodeterminazione sono ancora lì, ma è vero che è cambiato il tipo di rivendicazioni. Io sabato vorrei partire dalla lettura la voce ‘maschile’ dal dizionario, una voce molto divertente ma che parte da una concezione binaria dei generi, con la distinzione netta tra maschile e femminile. Oggi, con i movimenti Lgbtq+, la sensibilità è molto diversa e potremmo quindi pensare che il femminismo di Alice Ceresa sia in questo un po’ datato. Ma in realtà il modo in cui lei affronta questi temi è estremamente interessante ancora oggi, perché lei parte sì da questo concetto binario dei due sessi, ma quello che le interessa è la norma. Che cosa regola i nostri rapporti all'interno della società, che cosa ci muove, com è che veniamo accettati o non accettati all'interno della società? Al centro c’è la norma che le chiama anche grammatica: chi è che costruisce la grammatica? In una lettera, lei scrive che le interessa fare il giro delle radici dell’albero dell’inuguaglianza, non vedere come sono fatti un ramo o una fogliolina, perché sì va bene ma poi ti fanno un contentino e alla fine tutto rimane come prima. Bisogna invece ragionare sulle radici, su quello che sta sotto ed è questo che la rende ancora attuale.
Una attenzione effettivamente attuale e probabilmente non molto comune all’epoca .
Penso si inserisse abbastanza bene con i discorsi degli intellettuali europei più che locale o italiana. Questa è una cosa che secondo me va ancora recuperata di Alice Ceresa: considerata autrice tra la Svizzera e l'Italia per la sua dimensione biografica, ma la dimensione europea deve ancora rivalutata e penso ad esempio ai suoi rapporti con la Francia. Ci sarà molto lavoro da fare nei prossimi anni.