Tra prime assolute e recuperi, uno sguardo al programma della stagione e un dietro le quinte con Gianfranco Helbling
In sala c’è Flavio Sala, in nome e per conto della stagione interrotta il 6 marzo scorso nel mezzo delle repliche di ‘Se la va la gh’ha i röd’. E c’è Margherita Saltamacchia che con ‘Il fondo del sacco’ ne aveva riaperto il sipario lo scorso 6 giugno. Il Teatro Sociale presenta la stagione 20/21 con due simboli di quanto accaduto negli ultimi mesi, davanti a una platea di stampa e artisti. «Altri teatri direbbero ‘artisti associati’, noi preferiamo chiamarli ‘artisti coi quali è bello lavorare’», esordisce il direttore Gianfranco Helbling, che traduce le parole di Roberto Malacrida – «Non parlerei di coraggio, ma di forte intenzione di ricominciare» – in «atto di volontà, e non di forza», rimandando «a pagina 100» del verde programma generale dove stanno le informazioni di sicurezza di un teatro che – previa mascherna obbligatoria, tracciamento, bar e guardaroba chiusi – occuperà tutti i posti. I numeri della stagione: 51 titoli complessivi; dei 37 della proposta teatrale, 18 sono ticinesi; delle 14 proposte musicali, 9 sono ticinesi. E sono 6 le produzioni in proprio, tra le quali spiccano le prime di ‘Frankenstein, autoritratto d’autrice’ (22 ottobre) di e con Margheritta Saltamacchia – sul palco a spiegarne la genesi – ‘L’epidemia’ (3 dicembre) per la regia di Alan Alpenfelt – in sala a fare altrettanto – e ‘Olocene’ (20, 22, 23, 24, 25 aprile) dall’‘Uomo dell’Olocene’ di Max Frisch, col regista Flavio Stroppini a dirne tutto. In sala, in rappresentanza della danza, anche Francesca Sproccati per parlare di ‘EXP: je voudrais commencer par sauter’ (8 maggio 2021).
Paolo Zanchin annuncia i titoli a partire dalla sezione 'chi è di scena', che vede i recuperi del ‘Macbettu’ (28 e 29 ottobre), lo Shakespeare per soli uomini recitato in sardo (sottotitolato) e de ‘La bottega del caffè’, Goldoni diretto da Igor Horvat (12 e 13 novembre), in collaborazione con LuganoInScena. A seguire, ‘Romeo e Giulietta’ (10 e 11 dicembre) del duo Pagliai-Gassman, ‘Le verità di Bakersfield’ (4 e 5 febbraio) con Marina Massironi e Roberto Citran, il ritorno di Mariangela D’Abbraccio in ‘Un tram che si chiama desiderio’ (11 e 12 marzo) e ‘La menzogna’ (11 e 12 maggio), con Serena Autieri e Paolo Calabresi. La sezione com.x vede un’altra prima, ‘La vedova Socrate’ (25 novembre), testo riscritto da Franca Valeri e lasciato in eredità a Lella Costa. A Bellinzona tornano anche Ale e Franz con ‘Ghe riSam’ (9 dicembre), Natalino Balasso con il ‘Dizionario Balasso’ (21 gennaio), il Maurizio Lastrico sperimentatore di linguaggi in ‘Nel mezzo del casin di nostra vita’ (6 febbraio 2021, recupero) e la coppia Corrado Tedeschi-Debora Caprioglio in ‘Amore mio aiutami’ (9 marzo).
Due i percorsi tematici della stagione: ‘Ipotesi Anno Zero’, riflessione sul concetto di ripartenza portatoci dalla pandemia lungo la quale scorrono i già citati ‘L’epidemia’, ‘Olocene’ e ‘Il fondo del sacco’, ma pure ‘Semplici parole’, esperimento linguistico di Flavio Stroppini (14 gennaio), il ‘Palimpsest Bellinzona’, installazione sonora e coreografica di Nicole Seiler (disponibile 24 ore su 24), ‘Book is abook is a book’ (29, 30 e 31 gennaio in Biblioteca), performance della compagnia Trickster-p che mette al centro il libro. E poi ‘White Rabbit Red Rabbit’ (18 novembre) di Nassim Soleimanpou, con Margherita Saltamacchia ad aprire la busta sigillata contenente un testo mai letto, da portarsi in scena senza prove o indicazioni di regia. Il secondo percorso tematico è ‘Dürrenmatt 30/100’, a 100 anni dalla nascita (1921) e 30 dalla scomparsa (1990). Sezione nella quale è inserito ‘Die Panne’ (il Theater Orchester Biel Solothurn in tedesco, il 22 dicembre), all’interno di una serie d’incontri in Biblioteca.
L’appuntamento più vicino è Sebalter nella doppia presentazione di ‘Gente simpatica’ (9 e 10 ottobre); ma album nuovi sono anche quelli di Nadia Gabi & le Due nel Cappello (24 ottobre) e Marco Zappa, ‘CuiTémpCheTira!’ (4 dicembre). La canzone italiana ha i nomi di Ambrogio Sparagna & Orchestra Popolare Italiana (16 gennaio, recupero) e di Alice che canta Battiato (19 marzo); in collaborazione col Jazz Cat Club Ascona arrivano l’Antonio Faraò Trio (23 novembre) e Karima (20 gennaio). Altro jazz affidato al Danilo Boggini Septet che ospita la tromba del grande Flavio Boltro (20 novembre). Altri nomi: il trio Maggini-Bianchi-Galfetti nell’omaggio a Dimitri (10 gennaio 2021), Trenincorsa (26 marzo) e Raissa Avilés (29 aprile). ‘Viaggio a Betlemme’ è il concerto di Natale affidato ai Vent Negru (19 dicembre).
«Sono stato spinto anche da qualcuno dei protagonisti a portare visivamente i protagonisti della nostra stagione», spiega Helbling a laRegione nel post-conferenza. «Vogliamo anche crescere come luogo d’incontro per artisti e per creatori, oltre che luogo d’incontro per il pubblico e questa è una di quelle occasioni nelle quali farli vedere, e con orgoglio». Apriamo a pagina 100, come da lui suggerito, e gli chiediamo della scelta di riempire tutti i posti: «Innanzitutto non farei questo mestiere se non avessi fiducia nel pubblico. E il pubblico ha già dimostrato di saper ricambiare questa fiducia. Il 6 giugno e soprattutto, smentendo ogni nostra anche piccola apprensione, col doppio appuntamento dei Vad Vuc, divertendosi in totale sicurezza e nel totale rispetto delle norme di protezione. Questo mi fa dire che possiamo affrontare la stagione in completa fiducia».
In piena pandemia, e “nel rispetto delle norme igieniche accresciute e di distanza sociale” (cit. Christian Vitta), avevamo incontrato Helbling nei giorni in cui molte compagnie ticinesi reclamavano attenzione, per palinsesti troppo ‘stranieri’: «Non abbiamo allestito questo cartellone per mettere a tacere nessuna voce e nessuna critica – specifica il direttore – perché credo che quella critica non ci riguardasse. Da anni lavoriamo in continuità con diversi soggetti della scena artistica locale, quest’anno per certi versi raccogliamo anche i frutti di quel lavoro. Se abbiamo in scena sei nostre produzioni è anche perché negli anni passati ne abbiamo allestita qualcuna che possiamo riallestire, è perché abbiamo acquisito delle esperienze, è perché abbiamo tessuto delle relazioni che adesso possiamo far fruttare». E comunque: «Era giusto in questa stagione dare spazio a un numero importante di artisti di casa nostra, sia per permettere agli artisti di andare in scena, sia per permettere a tutta una serie di professionisti che vi stanno intorno di ritornare a lavorare. Credo che come teatro pubblico dobbiamo stare attenti a questi aspetti. E se vogliamo essere un teatro svizzero di lingua italiana, come ci vantiamo di essere, dobbiamo anche portare in scena anche i temi, le paure, le speranze del nostro pubblico, di chi vive su questo territorio. E chi meglio degli artisti che respirano ogni giorno con questo pubblico può farlo. Poi, guai se un teatro si richiudesse su se stesso, guai se dicesse “Il nostro territorio ci basta”. Compito di un teatro è sempre avere un'apertura che non potrà mai essere sostituita da una preminenza della scena locale».