laR+ L’intervista

Quando la vita si mette di mezzo

Castellinaria apre con ‘L’ultima settimana di settembre’, bel film di Gianni De Blasi con un ‘Nonno’ Abatantuono cinico fino alle lacrime

Da sinistra, Biagio Venditti (Mattia) e Diego Abatantuono (Pietro Rinaldi).
16 novembre 2024
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L’ultimo romanzo dell’ottantenne Pietro Rinaldi (Diego Abatantuono) s’intitola ‘Andate tutti affanculo’, ma la sua produzione ha incluso anche titoli come ‘Amore ti odio’ e ‘L’uomo inutile’. La segreteria telefonica di casa dice “Sono Pietro, fate presto”, forse perché è arrivato il giorno del suo compleanno e lo scrittore, da tempo solo come un cane, si versa uno scotch e ingoia una fila di pastigliette, con un triste country di sottofondo. Ma bussano alla porta, perché il destino ha deciso che quello non sarà il suo ultimo giorno. Pietro deve ancora prendersi cura del nipote 15enne Mattia (Biagio Venditti), che non è proprio il più promettente dei batteristi ma la vita può riservarti di peggio, come perdere un genitore in un incidente d’auto. “La morte è venuta e si è presa le persone sbagliate”, gli dice il nonno, che in quello stesso incidente ha perso la figlia. Pietro carica Mattia sulla sua Citroen DS Pallas per portarlo dallo zio. “Io sono troppo vecchio”, dice a quest’ultimo, accelerando un affidamento inevitabile, perché nonno e nipote non si prendono per niente e, si sa, il primo aveva altri piani.

In ‘L’ultima settimana di settembre’ di Gianni De Blasi, dall’omonimo romanzo di Lorenzo Licanzi, l’oretta buona ‘on the road’ dal Salento verso Nord regala tenerezze, sorprese e le migliori lacrime spendibili per la prima serata di Castellinaria, alle 20.30 al Mercato Coperto alla presenza del regista e del giovane attore. «Se anche non ci ero mai stato, chi non conosce Castellinaria!», ci dice De Blasi. «Il direttore Zappoli è stato il primo a chiamarmi per complimentarsi, il film è uscito il 12 settembre, lui mi ha telefonato il 13». Con un Abatantuono in grande spolvero, nei panni di un vecchio cinico che con la vita ha un conto aperto, con il bravo Biagio Venditti e un cammeo di Roberta Mattei, ‘L’ultima settimana di settembre’ concorre nella sezione Young,

Gianni De Blasi, com’è quella frase? “Che bel film, ho pianto tutto il tempo”…

Io volevo emozionare, non era mia intenzione dare insegnamenti, né fare un film concettuale. Una volta letto il libro, e pensandolo per il cinema, abbiamo provato a incidere un poco di più nei movimenti di avvicinamento fra i personaggi, per poi renderci conto che la figura di Diego rischiava di farlo diventare troppo commedia. Abbiamo quindi optato per piccoli step morbidi, per tenere in equilibrio ironia e drammaticità.

Abatantuono è Abatantuono, ma un plauso agli sceneggiatori. Per usare un vecchio termine calcistico, su quei dialoghi c’era scritto “basta spingere”…

Ci tengo a dire che Diego Abatantuono è stato per noi un privilegio. È un pezzo di storia italiana, è una persona che si è trasformata insieme alle trasformazioni del nostro Paese, che ha capacità e intelligenza fuori dal comune. Tutto questo fa di lui un grandissimo attore. Cercare di contenere la figura di Pietro è stato atto deliberato nostro, perché non fosse d’ingombro al dolore del giovane Mattia, personaggio che sarebbe stato a rischio ‘figurina’. Ma il lavoro che ha fatto Diego va ben oltre la scrittura che gli abbiamo consegnato.

Esiste nonno più cinico di Pietro Rinaldi?

Anche in questo caso avremmo voluto calcare la mano, rischiando, come per Mattia, di creare una figurina. Diego mi ha insegnato che se la gente non ci crede, se con un personaggio si esagera senza essersi prima dotati di una struttura sottostante, lo stesso diventa finto e la storia non funziona più. Nel libro il nonno incide ancor più che nel film, ma abbiamo ‘tutelato’ il ragazzino.

E il suo, di nonno?

Ho avuto un nonno malato Alzheimer che non sapeva chi fossi, e un altro che non ho mai conosciuto del quale porto lo stesso nome. Venendo da una di quelle grandi famiglie del Sud, era un nonno sempre sulla bocca di tutti, le cui massime erano rilanciate da mio padre. Mio nonno Gianni è una figura che davvero mi sembra di avere sempre conosciuto, e in un film che parla di nonni, a modo mio ho voluto ricordarlo.

Tra le cose belle del film c’è pure una Citroen DS Pallas, che pare il prolungamento naturale di Rinaldi, un modello d’epoca che ne incarna l’immutabilità, i suoi punti fermi, inconfutabili, costi quel che costi…

Pietro è da subito immutabile, monolitico, è chiaro che non cambierà mai opinione, per niente e per nessuno. Ciò che abbiamo voluto sottolineare con questo film è che non ci si può mettere nemmeno contro la vita stessa, non abbiamo nemmeno la libertà di porre fine alla nostra stessa vita perché la vita è molto più forte di noi, delle nostre convinzioni, delle nostri possibili azioni. Se la vita decide che si deve mettere di mezzo, noi possiamo solo adattarci a lei, non è lei che si adatta a noi. Per tornare alla Citroen, quel modello è nel libro, ma là era una Pallas decapottabile, e di Pallas decapottabili ne esistono tre o quattro in tutta Italia e il budget di questo film non poteva permettersi un noleggio a lungo termine. In verità, nemmeno quel modello è facile da noleggiare, perché chi la possiede generalmente non ha bisogno di soldi.

‘L’ultima settimana di settembre’ era il suo lungometraggio d’esordio: com’è andata?

Io credo che non si possano fare film senza armonia, intesa come metodo di lavoro. Non credo ai registi tiranni e geniali, credo nelle scelte fatte, nei tempi per pensare e nella collaborazione. Ho avuto la fortuna di girare nella mia città, per una grossa produzione e un grosso distributore, in coproduzione con la mia piccola società che piano piano sta crescendo. Ho avuto a disposizione una troupe interamente salentina, che si è formata e vive a Roma ma tornata a girare a Lecce. La notte, a quarant’anni, dormivano tutti dalle rispettive mamme. È stato un film nazionale nel quale dietro la macchina da presa si parlava in dialetto salentino, basta questo a restituire quell’armonia e quella serenità di cui parlavo. Di solito la lingua ufficiale del set è il romano (ride, ndr).

Oggi e domani

Da Mara Casella a Elliot Page

Il sabato di Castellinaria inizia oggi alle 17 al Mercato Coperto con la prima svizzera di ‘Hope of Resilience, The Munsel’s Story’, documentario sull’attività della ticinese Mara Casella e la sua scuola per disabili nel territorio del Ladakh (India). Insieme a ‘Il primo bacio’ (vedi a fianco), Giubiasco ospita anche un’altra prima svizzera, quella di ‘Allegoria Cittadina’ di Alice Rohrwacher e JR, cortometraggio presentato fuori concorso a Venezia 81, opera che reinterpreta il celebre mito platonico.

Da segnalare, domani alle 20.30, ‘Close To You’ di Dominic Savage con Elliot Page, storia di Sam che ha lasciato Coburg per Toronto e ha completato la transizione da femmina a maschio. Il ritorno a casa per la festa di compleanno del padre svela i diversi atteggiamenti della famiglia nei confronti della transizione.