Si può fare cinema anche senza essere attori o registi. Viaggio tra gli esemplari della Tirelli Costumi nella mostra ‘Vestire il cinema’
«Entri, e da una parte c’è il 1200, dall’altra il 1300; in fondo l’Ottocento, il Novecento. In un angolo c’era un vestito fucsia a pois, mi sembrava di averlo visto in ‘House of Gucci’. Chi mi accompagnava si rivolge a un addetto e dice: "Ah, ma è tornato? E allora mettetelo al suo posto!"». Sono alcuni ricordi di Anna Neuenschwander, ideatrice e curatrice della mostra ‘Vestire il cinema’, allestita all’interno di Castellinaria; ancor più, all’interno di Castelgrande. Esposti nella Sala Arsenale sono alcuni abiti di scena che giungono dalla Collezione Tirelli Trappetti di Roma, da dove arriva anche il racconto di Neuenschwander, nostro tramite con la Sartoria Tirelli, la più celebre delle sartorie del cinema internazionale.
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Costumi per ‘Aladdin’
Quando non in mostra, gli esemplari unici esposti a Bellinzona stanno a Formello, in provincia di Roma, in un edificio di 6mila metri quadrati nei quali sono stoccati 15mila abiti d’epoca e 200mila costumi – con, a compendio, i relativi schizzi, bozzetti e disegni preparatori – prodotti dalla visione di Umberto Tirelli (1928-1990), dapprima collezionista dei suddetti abiti antichi, scovati nelle soffitte degli artistocratici o sulle bancarelle di mezzo mondo, più tardi fondatore della Tirelli Costumi, sartoria nata nel novembre del 1964 con due macchine da cucire, cinque sarte, una modista, una segretaria e un autista-magazziniere.
Dalla prima commissione in ambito di spettacolo – una ‘Tosca’ diretta da Mauro Bolognini al Teatro dell’Opera di Roma – la sartoria Tirelli ha realizzato costumi per i film di Luchino Visconti (quasi tutti, ‘Il Gattopardo’ incluso), per il ‘Casanova’ di Fellini (Oscar al costumista Danilo Donati), ‘Momenti di Gloria’ di Hugh Hudson (Oscar a Milena Canonero), ‘Amadeus’ di Milos Forman (Oscar al disegnatore Teodor Pistek), per ‘Marie Antoinette’ di Sophia Coppola (Oscar, di nuovo, a Michela Canonero). E, ancora, ‘Il paziente inglese’ (Oscar ad Ann Roth), ‘La leggenda del pianista sull’oceano’, ‘La passione di Cristo’. Tra le collaborazioni, ‘Titanic’, ‘Moulin Rouge’, e ‘La fabbrica di cioccolato’. Abbiamo lasciato per ultimo ‘L’età dell’innocenza’, del da poco 80enne Martin Scorsese, Oscar nel 1994 a Gabriella Pescucci, uno dei pezzi forti di Castelgrande…
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Il vestito di Wynona Rider in ‘L’età dell’innocenza’
Sontuoso, seducente, quello esposto è l’abito indossato da Wynona Rider a inizio film, nel momento dell’incontro tra Daniel Day-Lewis e Michelle Pfeiffer. Dice Neuenschwander: «I ricami sono originali degli anni Venti. In ‘L’età dell’innocenza’, l’abito nella sua interezza si vede per un tempo assai breve; per i restanti cinque minuti è inquadrato solo fino alla vita». Un aneddoto, che viene della costumista giunta a Bellinzona a vestire i manichini: «Tra bustino e stecche, la povera Wynona, alla fine del tournage aveva i segni sul corpo». Di grazia in grazia, entrambe femminili, prima di Wynona Rider si transita per Monica Bellucci e dal vestito da lei indossato sul set de ‘I Fratelli Grimm e l’incantevole strega’, film del 1995 di Terry Gilliam; giusto a fianco, la corazza del fu Heath Ledger. «Ricami e inserti sono antichi, così come i tessuti utilizzati e le pietre delle decorazioni, e il metallo della corazza. A determinati livelli, è richiesto questo tipo di professionalità». L’aneddoto? I quattro addetti al vestito e allo strascico, a reggere il tutto quando la strega doveva far pipì.
Dal cinema alle serie tv, con due esemplari da ‘Vikings’. «Tirelli ha realizzato i costumi per ‘Vikings’ e per ‘Valhalla’, sei stagioni, novantotto puntate, una montagna di vestiti che sono stati in giro anni e che ora cominciano a rientrare». A Bellinzona c’è una corazza barbarica in cuoio lavorato, fibbie vichinghe in metallo, e l’abito di Torvi. Per i più piccoli, due costumi da ‘Aladdin’, live action Disney del 2019. Di fianco a tutti i vestiti, pannello informativo e fotografia annessa: inquadrata con l’app gratuita ArtiVive, l’immagine conduce lo smartphone a scene dal film.
In apertura di mostra, una manciata di professionisti del cinema, tutti ticinesi, videoraccontano il proprio rapporto con i costumi: «Tre minuti ognuno e non di più – spiega la nostra guida – perché, per quanto la mostra sia anche per i più grandi, ci rivolgiamo a un pubblico di ragazzi, dunque nessun approccio ex cathedra». Più in là nella sala, la parte didattica targata Rsi, che ha aperto i reparti guardaroba. Pressoché di fronte al Gatto Arturo, il progetto della Sams, Scuola d’arti e mestieri della sartoria: «Le professioni del cinema possono anche partire dal Ticino. Abbiamo chiesto agli alunni della Sams di disegnarci i costumi della quinta stagione di ‘Stranger Things’». Dallo scorso maggio in poi, dopo apposita ricerca sulla moda degli anni 80, una serie di bozzetti; esposti, lavori finiti che su Netflix non stonerebbero.
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Il Gatto Arturo
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La tuta blu di ‘Love me tender’
Infine. Un manichino vuoto al centro, e intorno scatole di bottoni, scarpe da gangster, cappelli da investigatore e caschi da astronauta. C’è anche la tuta blu di ‘Love me tender’, bel film di Klaudia Reynicke. Qui, nella zona sartoria, le costumiste Barbara Splendiani Unternärher e Michelle Wüscher condurranno i propri atelier, cercando di creare il personaggio attraverso gli abiti. «Ma racconteranno anche, con esercitazioni pratiche, come si invecchia un vestito per il set, come lo si sporca, come si producono i segni di lotta, quelli di proiettile». E poi, tutti al corso di stop motion con la cineasta Alessia Tamagni.
Congediamo Anna Neuenschwander che ci ha spiegato come ci si può innamorare del cinema anche se non si è mai sognato di fare l’attrice o l’attore. Disseminata lungo tutto il percorso, tanta multimedialità, da qui fino all’8 gennaio 2023. In mezzo, il 14 dicembre, seguita da un atelier con la costumista Michelle Wüscher, la conversazione tenuta da Giancarlo Zappoli sul suo libro ‘Scrooge ma come ti vesti?!’ (iscrizioni agli atelier: www.castellinaria.ch).
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A Castelgrande