Fuori concorso il film del regista sino-tibetano Pema Tseden, disponibile solo oggi in streaming
È un cinema dipinto, quello di Pema Tseden, con ogni inquadratura finemente costruita, quasi un susseguirsi di quadri impressionisti della vita rurale in un Tibet apparentemente senza tempo. Un vero peccato, non poter vedere il suo ‘Balloon’ su grande schermo, e quindi un plauso a Castellinaria per aver tenuto il film fuori concorso e disponibile online un solo giorno, oggi giovedì 19 novembre, con la speranza di portarlo in sala quando le condizioni sanitarie lo permetteranno.
Ma ‘Balloon’ è bel cinema non solo per la sontuosa fotografia – approfittando del vantaggio dello streaming, consigliamo di riguardare almeno il funerale del nonno e la sequenza finale –, ma anche per la narrazione. Sulla quale però occorre fare una premessa: Pema Tseden è regista sino-tibetano, allievo della prestigiosa Accademia del cinema di Pechino, e racconta il suo Tibet ma “in cinese”. Come produzione cinematografica e occasionalmente anche proprio linguisticamente: in un’intervista aveva sottolineato la stranezza di aver dovuto “far tradurre nella mia lingua” il suo romanzo ‘Tharlo’. Il risultato è un cinema tibetano che convive con le rigide regole (leggi: censure) dell’autorità cinese; intendiamoci: non si parla di film di regime, e neppure dell’accondiscendenza di certe produzioni occidentali (vedi ‘Mulan’), ma neanche di cinema di denuncia. Così uno dei temi del film, la politica del figlio unico, trova posto nel film attraverso un’assistenza sanitaria gratuita e capillare, con tanto di “consegna a domicilio” di preservativi, contraltare della multa che attende la famiglia in caso la protagonista Drolkar decidesse di non abortire. Rispetto a un documentario di critica come ‘One Child Nation’ di Nanfu Wang e Lynn Zhang (passato l’anno scorso al Film festival diritti umani di Lugano) siamo agli antipodi, ma soprattutto perché a Pema Tseden interessa raccontare il difficile rapporto, nella società tibetana, tra tradizione e innovazione: il numero di figli diventa come i cavalli sostituiti dalle motociclette o gli aerei che rumorosamente volano in cielo.
‘Balloon’ è costruito tutto su questi contrasti tra antico e moderno: la famiglia contadina tradizionale riunita a casa che, su un vecchio televisore, apprende che nella lontana Inghilterra è nata la prima bambina in provetta; la sorella di Drolkar che, divenuta monaca fondamentalmente per vergogna dopo una storia d’amore, cerca di leggere il romanzo scritto dal suo vecchio amante per scoprire un altro punto di vista sull’accaduto; il primogenito della coppia che, invece di proseguire con l’allevamento di pecore, studia in città. E i già ricordati preservativi: Drolkar e suo marito Darje li usano per evitare gravidanze divenute ormai indesiderate, ma non appartengono al loro mondo e sono motivo di scandalo e riprovazione negli altri adulti e fonte dell’equivoco che dà il titolo al film, con i figli più piccoli che li scambiano per palloncini dalla strana forma.
Pema Tseden ci racconta questo instabile equilibrio e accompagna il pubblico e i suoi protagonisti fino al punto di rottura: come accennato Drolkar rimane incinta e se la modernità cinese prevede un aborto, la tradizione buddhista vede nel nascituro un’occasione di reincarnazione per il nonno da poco scomparso.