Un ampio progetto, tra Chiasso e Breganzona, dedicato allo scultore fiorentino scomparso lo scorso marzo, con un omaggio di Mario Botta
Quello che si può visitare allo Spazio Officina di Chiasso e alla Villa Pontiggia a Breganzona è un progetto artistico fatto di storie.
La prima è quella di Giuliano Vangi, scultore fiorentino nato nel 1931 il cui lavoro – parole del co-curatore dell’esposizione Marco Fagioli – va interpretato in chiave anti-barocca, in una linea che parte dal periodo greco e passa da Giotto a Giovanni Pisano, Michelangelo fino alla modernità di Rodin e Giacometti. Quella di Vangi è una scultura legata, più che a una forma che fa astrazione dalla materia, al concreto lavorare con le mani, in controtendenza con alcune tendenze della scultura contemporanea. Un lavorare e pensare con le mani che vediamo in tutto quello che precede le sculture: perché, come ha precisato l’altra co-curatrice e direttrice del m.a.x. museo Nicoletta Ossanna Cavadini, il progetto ha a cuore i disegni di Giuliano Vangi. Allo Spazio Officine ne sono esposti quasi duecento, tra disegni di studio, a matita e china con biacca e acquerellature, oltre che acqueforti, di piccolo e grande formato, realizzati durante tutto l’arco della sua lunga carriera, inclusi alcuni lavori realizzati da giovane studente d’arte; disegni quasi “di bottega”, per riprendere il termine di una dimensione rinascimentale dell’arte alla quale Vangi era certamente vicino.
La seconda storia di questo progetto è infatti quella delle singole opere, delle quali possiamo seguire lo sviluppo, partendo appunto da disegni e bozzetti fino ad arrivare alle sculture vere e proprie, con due opere esposte allo Spazio Officina e tre a Villa Pontiggia. Vangi, ha ricordato Nicoletta Ossanna Cavadini, realizzava tutte le sculture in un unico esemplare e consegnava, al committente, anche gli studi preparatori che evidentemente considerava parte integrante della scultura.
La terza storia è quella della lunga amicizia tra Vangi e l’architetto Mario Botta; un’amicizia, di nuovo, basata sulla concretezza sul fare ma non per questo meno intima, come ha raccontato Botta con una certa commozione in conferenza stampa. Perché questa storia, al contrario delle altre, ha una nota di tristezza: lo scorso marzo, mentre questo progetto espositivo era ancora in fase di realizzazione, il novantatreenne Vangi moriva nella sua Pesaro. In mostra troviamo un bronzetto che è probabilmente la sua ultima opera, realizzata nei primi mesi del 2024 e che è difficile non interpretare alla luce della sua morte: ‘Uomo che urla’.
Prima di morire, Vangi è riuscito – ed è l’ultima storia raccontata da questo progetto – a scegliere la collocazione delle sculture che troviamo nel parco di Villa Pontiggia e che sarà possibile visitare, su prenotazione, in alcune visite guidate che si terranno ogni sabato dalle 10 a mezzogiorno (prenotazione obbligatoria a info@maxmuseo.ch o allo 058 122 42 60). Nei pressi della villa troviamo ‘Persona’ del 2003, mentre nel parco troviamo sia l’imponente ‘Parallelepipedo rosso’, realizzato nel 2010 in Granito rosso new imperial e dal quale emergono due figure umane che paiono toccarsi. Di fronte, il padiglione che Botta aveva realizzato, alcuni anni fa, per la mostra ‘Spazio Sacro’ a Casa Rusca a Locarno: la struttura, recuperata da Marco Zardi di Villa Pontiggia, è adesso “liberata” dal cortile del palazzo per cui era inizialmente concepita e accoglie la scultura in acciaio ‘Jolanda’ del 2022.