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Guerra, astratto, Morandi

Vivere la mostra milanese dedicata a Giorgio Morandi nella nostra attualità può influire sul modo in cui abitiamo il nostro tempo

‘Morandi 1890-1964’: a Milano, Palazzo Reale, fino al 4 febbraio
12 dicembre 2023
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La guerra è astratta? Vivere la mostra dedicata a Giorgio Morandi nella nostra attualità, sollecitati dalle congiunture storiche in cui ci troviamo, può influire sul modo in cui abitiamo il nostro tempo e indurre una fruizione dell’arte esistenzialmente complessa e ricca.

‘La guerra è astratta’ è il titolo di una serie di opere che Carol Rama ha prodotto negli anni 1970, assemblando camere d’aria di biciclette in una tecnica mista. Non si tratta, qui, di sottoporre a verifica la asserzione di Carol Rama o di tentare inutilmente di dipanare un concetto che ci viene da una presa di posizione provocatoria interna al settore dell’arte. Nondimeno l’abbinamento tra i concetti di guerra e astrazione, seppur eccentrico, non manca di peso specifico né di pregnanza e ci colpisce, assumendo una funzione di chiave di lettura.

Oggi siamo avvolti in una insostenibile gibigiana di violenza; assistiamo a un eccidio che risponde a un eccidio; subiamo analisi e teorie sulle possibili logiche di azione che distruggono e sterminano. Vediamo come questo settore dell’agire umano si muova su piani autonomi rispetto al sistema di senso, di costruzione della realtà, di organizzazione e gestione del conflitto che noi consideriamo plausibile; anche rispetto a una logica di difesa e di rivendicazione per esempio politica o territoriale che restano menzionate come puro pretesto. È un’azione che risponde a un sistema di regole interne come in un gioco di scacchi esteso, cruentemente dismetaforizzato e attanagliato a una referenzialità endogena e autogena.

Potremmo essere indotti ad attribuire alla efferatezza di questo modo di agire una disumanità o una assenza di logica o di senso ma in realtà siamo di fronte a una profonda, perversa e truce umanità. La griglia logica o il sistema di senso non sono assenti; sono specifici, distaccati, disconnessi dalla realtà che noi condividiamo.

Per questo motivo viene in mente il processo di astrazione all’interno delle pratiche artistiche, quando cioè l’azione espressiva vuole agire autonomamente rispetto a possibili riferimenti nella realtà esperita quotidianamente. Anche nell’astrazione artistica incontriamo grammatiche e sintassi che non rispondono alla griglia formale cui siamo abituati. Ivi, il lavoro dell’artista si concentra sul sistema di relazioni interne alla realtà che sta creando e noi dobbiamo imparare a leggerlo come tale per poi ricondurlo alle altre esperienze figurative e alla realtà che viviamo.

Sia chiaro, siamo lungi dall’idea di attribuire all’astrazione valori comparabili alla efferatezza che subiamo, per esempio, nella nostra fase storica. L’utilità di conoscere l’astrazione è che ci fa capire modalità possibili di costruire nuove grammatiche e sintassi endogene allo specifico ambito della rappresentazione e ci allena a posizionarci per provare a leggere le grammatiche efferate che subiamo nella nostra vita politica. Ciò avviene in modo non diretto e tanto meno immediato, ma efficace, così come lo è l’esperienza della navigazione a vela per fronteggiare situazioni della vita su terra ferma e senza vento.

Il metodo tecnico

Recentemente abbiamo su queste pagine accennato all’impegno di Mario Nigro per rendere in pittura, attraverso l’astrazione, il dramma della condizione umana ed è significativo anche come l’artista toscano abbia voluto distanziare il proprio lavoro dalla poetica architettonica e urbanistica di Piet Mondrian.

Quindi da una parte la guerra ci costringe alla efferatezza che risponde a un sistema di regole non riconducibile a logiche di senso socialmente comune e costruttivo; dall’altra l’astrazione ci offre molte opportunità non violente e non distruttive di produzione di mondi presentabili o rappresentabili.

Il lavoro di Giorgio Morandi ci propone una ulteriore opzione: usare il metodo tecnico dell’astrazione per costruire un sistema di rappresentazione che resta connesso a un referente esperibile nella realtà: fiori, cocci, alberi, persone, case, strade…

Una componente importante del magistero dell’artista bolognese si fonda sulla scelta di dipingere, come egli stesso asseriva, «dal vero». Nei suoi quadri noi vediamo disposizioni di oggetti nello spazio, paesaggi, ritratti. Il lavoro dell’artista si sviluppa in relazione con un referente che esiste nella realtà esperita, anche se il suo statuto è spesso circoscritto a quello di una fonte volumetrica e visiva: gli oggetti non hanno una funzione utilitaria perché sono trasformati per essere meglio analizzati in pittura; i fiori sono finti.

Il suo piglio è però lo stesso del pittore astratto: attraverso la costruzione pittorica, l’architettura della rappresentazione, le scelte cromatiche, il lavoro sulla luce, sui piani dove i soggetti rappresentati vengono distribuiti, egli cerca di cogliere le grammatiche e sintassi che ne regolano la vita in pittura.

Giorgio Morandi non è certo l’unico artista a usare la figurazione per scandagliare questioni profonde della rappresentazione, della percezione e, quindi, della natura della realtà. La sua azione spicca nondimeno per coerenza, profondità, libertà di azione e di variazione di atteggiamento e forse anche per questo può essere additata come un magistero anche etico ed esistenziale, oltre che come una mera processualità tecnica.

Conoscerlo, frequentarlo, alimenta una sensibilità referente e per certi aspetti deferente rispetto al dato di realtà; ci aiuta a coltivare consapevolezza di come l’esigenza di affrontare questioni specifiche e interne all’universo pittorico (per esempio il ruolo dei piani visivi nel dispositivo della percezione) non necessariamente induce a tralasciare la relazione con la fonte «dal vero».

Non vogliamo comunicare una superiorità di questo metodo di lavoro, di analisi e di costruzione della realtà rappresentata ma tenere vivo il tributo alla sua forza, al suo ruolo storico, all’importanza del contributo per la vita della pittura e per la nostra.

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